È venuto a mancare Giovanni Mercuri, a lungo sindaco di Gizzeria, dirigente comunista e della sinistra calabrese. Presidente del consorzio nazionale olivicolo sia regionale che nazionale.

 

Perdo un amico. Un maestro. Un compagno. Un pezzo di storia della mia vita giovanile. Un riferimento della mia militanza politica. La storia di una regione passa anche attraverso le dinamiche politiche e sociali dei territori. Dentro questa storia possono essere degnamente collocati sia Mercuri che un altro straordinario sindaco comunista di quella stagione, Antonio Cacciatore. Giovanni Mercuri aveva compiuto i suoi studi e mossi i suoi primi passi in politica a Pisa.

 

La stagione che visse negli anni della sua giovinezza fu quella turbolenta del 68 e degli anni 70. Pur frequentando anche ambienti extraparlamentari come Lotta Continua, come era ovvio in quegli in un ateneo come quello di Pisa, il futuro sindaco di Gizzeria, alla fine si iscrisse al Pci. Molti della sua generazione durante quella stagione fecero scelte sbagliate, lui, invece, come molti altri, maturò la scelta di aderire al Pci di Berlinguer.

 

Fu proprio nella Pisa degli anni 70 che venne in contatto con alcuni dei dirigenti nazionali della Fgci che successivamente presero in mano le redini del Pci come Massimo D’Alema e Fabio Mussi. Con quest’ultimo si rincontrarono proprio in Calabria qualche anno dopo, quando Mussi fu inviato nella nostra regione da Berlinguer per fare il segretario reginale del PCI. Dopo gli anni di Pisa, Giovanni decise di ritornare in Calabria, al suo paese. Dedicandosi all’attività politica e all’organizzazione che si occupava di olivicoltura di cui si è stato dirigente regionale e nazionale per tutta la vita.

 

A Gizzeria riuscì a diventare il punto di riferimento di molti giovani della sua comunità, con i quali riuscì a compiere un miracolo: espugnare una roccaforte democristiana e conquistare quel Comune da sempre amministrato dalla balena bianca. Quell’impresa politica, indubbiamente, rappresentò un punto di riferimento anche per me che muovevo i primi passi in politica nel mio paese e per la mia generazione. Nel giro di qualche anno, infatti, di rimbalzo, l’impresa dei giovani comunisti di Gizzeria divenne un punto di riferimento per tante realtà del circondario lametino. Gizzeria, Falerna, Nocera Terinese, Pianopoli, Maida, divennero delle roccaforti rosse guidate da giovani quadri comunisti.

 

Una forza che poi trasferimmo negli organismi del partito. Giovanni Mercuri, alla fine degli anni ’80, infatti, seppe diventare un riferimento per tanti amministratori e militanti comunisti nel contesto della battaglia per la collocazione nell’area del riformismo del Pci. Proprio grazie a dirigenti e amministratori come Giovanni, la mia generazione di comunisti e amministratori, che si stava formando in quegli anni nel lametino, seppe rappresentare al meglio e in maniera equilibrata la drammatica mutazione del Pci in Pds.

 

Furono anni confusi, drammatici ed esaltanti, anni che, grazie anche alla visione di dirigenti politici come Giovanni Mercuri, riuscimmo ad affermare un punto di vista politico originale, nel contesto della sinistra calabrese e nazionale. Gli anni 80, infatti, per i comunisti italiani furono anni difficilissimi, in ogni parte del paese il radicamento del Pci veniva eroso da catastrofiche sconfitte. Eppure, in Calabria, e in particolare nell’area del lametino, un’originale esperienza amministrativa fatti di monocolori comunisti era riuscita ad insediarsi in tanti municipi.

 

Riuscimmo a vincere, nonostante l’avanzata e l’egemonia del craxisismo rampante che, alle nostre latitudini, 9 volte su 10, era costituito da un potere e un clientelismo molto aggressivo. Indubbiamente, di quella originale stagione, Giovanni Mercuri, è stato il protagonista e il riferimento più autorevole. Uomo rigoroso. Giovanni aveva una visione maniacale dell’etica politica. Un galantuomo. Uomo di una serietà assoluta. Timido, a tratti schivo. La sobrietà aveva sempre guidato la sua azione politica, amministrativa e sindacale. Giovanni Mercuri ha guidato per decenni un’organizzazione agricola: il consorzio nazionale olivicolo. In quella funzione seppe conquistarsi la stima e il rispetto di tutti gli associati.

 

Per tutti, Giovanni è stato una persona onesta. Era una politico perbene. Giovani Mercuri è stato un uomo di un’intelligenza politica raffinata. Colto. Un animale politico a tutto tondo. Eppure, Giovanni, è stato un uomo di popolo. Uno degli ultimi rappresentanti di quella sinistra popolare di cui tanto ci sarebbe bisogno oggi. Un amministratore e un sindacalista capace di ascoltare, soprattutto i semplici. Giovanni possedeva il dono dell’umiltà che solo i grandi uomini posseggono.

 

Giovanni, nell’immaginario popolare rimarrà per sempre il Sindaco. L’ingegnere. E ciò, perché seppe essere punto di riferimento identitario della sua comunità. Una caratteristica che ne ha fatto quasi un’icona geopolitica. Il Sindaco Mercuri ascoltava la sua gente. Si faceva carico dei bisogni della sua comunità. A metà degli anni 90, quella straordinaria esperienza politica e amministrativa di Gizzeria, così come tante altre nei territori, fu definitivamente archiviata lasciando dietro di se divisioni, lacerazioni e risentimenti.

 

L’epoca dei grandi partiti era tramontata e, con essa, l’autorevolezza dei suoi dirigenti che nei territori non furono più capaci di trovare le giuste mediazioni. Tuttavia, pur nel radicale cambiamento della politica, Giovanni Mercuri continuò ad essere un punto di riferimento della sua comunità e anche della confusa sinistra calabrese. Quando abbandonai la politica attiva ci perdemmo di vista.

 

Lo ritrovai un paio di anni fa, ad una iniziativa dove ero stato chiamato per presentare un libro di Luciano Violante, nostro comune amico e per il quale Giovanni nutriva una grande stima, perfettamente ricambiata dall’ex Presidente della Camera. Rivederlo in quell’occasione mi procurò una grande gioia. Avevo saputo qualche mese fa che non stava bene, prima di Natale, un comune amico mi invio un selfie con lui dalla struttura sanitaria dove si trovava ricoverato. Mi ero riproposto di fargli visita a breve. La morte è arrivata prima. Oggi per me è un giorno triste. Muore uno dei maestri che mi ha accompagnato nei miei primi passi verso la militanza attiva.

 

Un riferimento negli anni in cui ho fatto il funzionario del Pci prima e del Pds poi. Rimane in me, indelebile, il ricordo di tante giornate all’insegna della politica, di tante nottate passate a confrontarci, magari sognando una sinistra riformista utile alla nostra terra. Con Giovanni scompare una parte importante della storia della mia vita. Oggi sono andato a rendergli omaggio nella sua casa.

 

Adagiato nel suo riposo eterno, aveva l’espressione schiva e timida che lo aveva caratterizzato in vita, minuto, immerso nel suo sonno eterno, spiccava una cravatta rossa ben annodata intorno al collo. Già, il rosso, il colore che ci ha accompagnato nel corso della nostra intensa militanza, il rosso di una sinistra vissuta, immaginata, sognata.
In tanti hanno voluto dedicargli un pensiero, da Luciano Violante, dall’on. Fabio Mussi, alla sen. Doris Lo Moro e tanti altri amici e compagni.

 

Personalmente ho sentito il bisogno di congedarmi da Lui guardandolo per l’ultima volta. In quei pochi minuti ho rivisto tanti momenti di vita politica vissuta insieme, i congressi, le discussioni, gli scontri, le riflessioni, le tante mangiate in giro per ristoranti. La cocciutaggine di Giovanni. Poi ho visto le lacrime di vecchi compagni di Gizzeria, rivedendo nelle rughe dei lori visi, nel grigio dei loro capelli, i visi giovani del loro idealismo come del mio, i nostri pugni chiusi nelle tante manifestazioni alle quali abbiamo partecipato.

 

Addio Giovanni. Oggi inizia per te un nuovo viaggio di cui noi che proseguiamo il nostro viaggio terreno ne ignoriamo la destinazione. Forse un giorno ci ritroveremo, chissà, ci riabbracceremo e ci racconteremo dell’avventura e dei sogni che abbiamo immaginato in terra. E tuttavia mi sento di dire grazie Giovanni, perché sono innanzitutto le belle persone come Te che ci hanno lasciato il dono più grande da conservare insieme alla memoria: l’esempio, l’onestà e l’umiltà. Antonio Gramsci scrisse: “Siamo forti e ci vogliamo bene. E siamo semplici, e tutto è naturale in noi... Vogliamo essere forti spiritualmente, e semplici e sani e volerci bene così, perché ci vogliamo bene e questa è la più bella e più grande e più forte ragione del mondo.” Ciao Giovanni. Addio compagno Mercuri che la terra ti sia lieve.

Pasquale Motta