Le guerre intestine e le correnti che lacerano il Movimento in Calabria dimostrano che non c’è una grande differenza con i partiti tradizionali, soprattutto quando le cose vanno male
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«Mi sono avvicinato al Movimento 5s per entrare in un altro Pd?». Andrea lo chiede con la delusione che domina il tono di voce, consapevole che la risposta alla sua domanda è probabilmente affermativa. Tutto il mondo è paese, e ogni partito, anche quando si fregia di chiamarsi “Movimento”, è dominato dalle stesse logiche: arrivismo, sopravvivenza, ambizioni personali. Nessuno fa niente per niente, soprattutto quando in ballo ci sono stipendi mensili che un comune mortale mette insieme in un anno di lavoro. Magari resistono alcune sacche di etica suprema nel volontariato, nella religione, nella scuola, negli ospedali, tra quelle persone che in silenzio fanno il bene del prossimo senza chiedere nulla in cambio se non la possibilità di addormentarsi la sera con un sorriso stampato in faccia. Ma nella politica che conta è diverso, anche perché se vuoi contare davvero devi salire in alto, assestando calci nelle gengive a chi tenta di ostacolarti.
«La politica è sangue e merda», diceva il craxiano Rino Formica, uno che la sapeva lunga e con il potere ci parlava a quattrocchi ogni giorno. Anni dopo spiegò meglio il concetto: «La politica è per gli uomini il terreno di scontro più duro e più spietato. Si dice che su questo campo ha ragione chi vince, e sa allargare e consolidare il consenso, e che le ingiustizie fanno parte del grande capitolo dei rischi prevedibili e calcolabili».
Sangue e merda, appunto, questa è la politica. E il M5s, nonostante ostenti continuamente di essere diverso, è politica. Lo sta dimostrando anche in queste ore, in Calabria, dove ancora non si sa chi sia il candidato alle elezioni regionali che si terranno a gennaio, praticamente tra due mesi. Dopo cinque anni di Oliverio ti aspetti che il “nuovo” abbia la capacità di dire: «Eccoci, ci siamo». Invece, sono ancora lì che litigano tra loro, come un Pd qualsiasi. La deputata Dalila Nesci decide, in completa solitudine, di essere la soluzione a tutti i problemi, e si autocandida alla guida della Regione, nonostante al momento sia in Parlamento a svolgere il suo mandato da “portavoce” e le regole dei 5s (per quello che valgono) le impedirebbero di candidarsi. Giulia Grillo, l’ex ministro alla Salute, primo sponsor dell’ex commissario alla sanità Massimo Scura, l’appoggia. Poi, a Perfidia, Francesco Sapia stronca l’ex capo della Protezione civile Carlo Tansi come se fosse l’ultimo dei criminali («Sei un nominato, stai lontano dal Movimento!») e fa il suo endorsement per Nesci. Di Maio, il capo politico, invece dice No e affida al neo coordinatore regionale, Paolo Parentela, il compito di tarpare le ali alla deputata tropeana. Che nel frattempo, incurante dello scompiglio che crea la sua ambizione, chiede a Beppe Grillo l’uso del simbolo e partecipa a un’iniziativa elettorale promossa da Francesco Forciniti a Corigliano-Rossano per ribadire che non molla. Ma lo stesso Forciniti, vista la mala parata, si dissocia.
Elettori e transfughi del centrosinistra in cerca di una nuova casa si chiedono, a questo punto, dove sia la differenza con il Partito democratico, che ha sempre fatto dell’autolesionismo la sua cifra. Stesse correnti e stesse lotte intestine, come nel Pd, quello stesso partito che i pentastellati calabresi rimarcano a ogni occasione di non voler toccare neppure con una pertica, salvo poi starci insieme a Palazzo Chigi. Si dirà, sì, ma i Cinquestelle non rubano. Sarà, ma gli unici esempi di 5s al governo finora sono stati tutt’altro che limpidi ed esaltanti, vedi Roma e i due esecutivi Conte, uno con la destra e l’altro con la sinistra.
Una presunta superiorità morale che puntualmente vacilla alla prova dei fatti. Ora anche le ambizioni personali e le correnti sono state sdoganate. I Cinquestelle hanno imparato a parlare, e ognuno sembra dire una cosa diversa, aumentando il caos che già confonde, a sinistra o quasi-sinistra, milioni di elettori disorientati che guardano con sconcerto l’avanzare inarrestabile di Salvini, che al momento non sembra avere rivali, né nel suo campo né fuori.
degirolamo@lactv.it