La presentazione delle liste per il Parlamento in Calabria ha confermato la previsione, fatta da alcuni commentatori, sull’ulteriore “emarginazione” di Catanzaro dai circuiti nazionali di potere. Ha infatti clamorosamente sbagliato chi ventilava, o meglio dava quasi per assodata, la discesa in campo dell’attuale presidente del consiglio regionale Filippo Mancuso (catanzarese doc) nelle file della Lega e del componente dell’assemblea di Palazzo Campanella Ernesto Alecci (che, pur essendo di Soverato, è comunque molto legato al capoluogo) per conto del Partito Democratico.

Due big del territorio che notisti, evidentemente male informati, davano non soltanto in lizza, bensì anche collocati in posizioni tali da avere se non l’assoluta certezza, quantomeno notevolissime chance, di essere eletti. E invece niente da fare. Perché l’unico maggiorente del territorio lanciatissima per centrare l’obiettivo è la deputata uscente di Fratelli d’Italia Wanda Ferro. Blindata da capolista all’uninominale per la Camera dalla leader di riferimento Giorgia Meloni.

Che ha quindi puntato su una donna politica di grande esperienza, magari pensando a lei pure per un ruolo di Governo in caso di vittoria del centrodestra, sondaggi alla mano (gli ultimi danno questa coalizione addirittura attestata al 48% e oltretutto vicina ad accaparrarsi il 75% dei Collegi), non certo azzardata da pronosticare.

Al di là di Ferro, altri volti noti in città, per così dire, che figurano ai nastri di partenza sono i Democrat Giusi Iemma, vicesindaco del capoluogo, e l’avvocato e collaboratore del consigliere regionale Raffaele Mammoliti, Francesco Pitaro. Che tuttavia non avranno di sicuro la strada spianata nelle urne per approdare in Parlamento. Anzi, tutt’altro, in virtù di un meccanismo elettorale che quasi segna il destino dei candidati prim’ancora del voto. Comunque sia, in lizza ci saranno anche le senatrici in carica Bianca Laura Granato (nel 2018 entrata a Palazzo Madama con i Cinque Stelle, che ha però lasciato il Movimento essendo in disaccordo con la scelta dei grillini di favorire l’ascesa del premier Mario Draghi, adesso con Italia Sovrana e Popolare) e Silvia Vono (anche lei pentastellata, ora in Forza Italia). Tra chi invece non ha svolto mandati pubblici di particolare rilievo, eccetto il consigliere comunale Gianni Parisi (ma tale solo da giugno scorso), ecco gli avvocati Daniela Rotella con il polo di Calenda e Renzi e l’avvocato Carlo Petitto con Potere al Popolo.

Ovvio, quindi, come balzi subito agli occhi l’assenza della quasi totalità di esponenti di primissimo piano di una classe dirigente cittadina che non solo ha caratterizzato la vita politico-istituzionale degli ultimi 20 anni in cima ai Tre Colli quanto mostratasi ancora molto attiva in ragione di candidature recenti, alle passate Regionali ad esempio, o del coordinamento e della formazione di liste per le Comunali di appena due mesi fa. Gente che dunque si fa molta fatica a considerare, anche per motivi anagrafici, ormai lontana… dall’agone e rassegnata esclusivamente a osservare cosa accade. Fatto sta che nelle stanze dei bottoni della capitale la devono pensare molto diversamente a riguardo, avendo chiuso le porte in faccia a una schiera di aspiranti malgrado i loro nomi altisonanti nel contesto catanzarese e calabrese.

Figure che avrebbero almeno voluto “piazzare” qualche delfino, dimostrando di contare qualcosa e non essere in pratica tagliate fuori da tutti i tavoli che contano oltre la galleria del Sansinato (da cui si entra e si esce nel capoluogo). Neppure questo, giova metterlo in evidenza, è però stato concesso loro. Ecco allora che, al di là della logica di fisiologica contrapposizione fra  opposti schieramenti, dopo la tornata prevista il prossimo 25 settembre, l’imperativo categorico bipartisan in città dovrebbe forse essere quello di studiare insieme il modo per riguadagnare terreno.