Dilapidato un patrimonio pari al 30% dei consensi. Questo è il primo impietoso dato che emerge raffrontando i risultati ottenuti dal centrosinistra nel 2014 e quelli, ormai definitivi, avuti dopo i cinque di governo targati Mario Oliverio. Alla precedente tornata elettorale il Pd e gli alleati avevano sfondato il muro del 60%, adesso di fermano ad un misero 30,16%, dentro il quale va computato anche il 7,85% ottenuto da “Io Resto in Calabria”, lista del presidente Pippo Callipo.

I vertici del partito, come già più volte spiegato dal commissario regionale Stefano Graziano, si consolano con il dato che vede il Pd primo partito in Regione con il 15,19%, ma la realtà è quella che descrive una sconfitta impietosa.

 

Il confronto con le elezioni in Emilia

Il confronto con l’Emilia Romagna, ad esempio, è sconfortante. Non soltanto perché in Emilia il centrosinistra vince e riconferma il governatore uscente Stefano Bonaccini, ma perché se si guarda al voto ottenuto dal Pd si capisce come si tratti di un’altra dimensione. Anche in Emilia il Pd è il primo partito, ma con il 34,70% dei consensi riuscendo a sconfiggere di misura una Lega molto forte, che non straripa come avrebbe voluto Matteo Salvini, ma che arriva comunque al 31%.

Ed allora, mettendo da parte la foglia di fico del “primo partito” (le liste del centrodestra sono ad un’incollatura e sommando i dati di Fi, Cdl e Santelli presidente, tutte costole azzurre, le percentuali sarebbero ben diverse), dovrebbe cominciare da subito una discussione sulle ragioni di un disastro annunciato.

 

Le responsabilità di Oliverio e del Pd calabrese

Non è bastato spendere il nome di un imprenditore stimato e capace come Pippo Callipo per superare le lacerazioni che hanno spaccato Pd e coalizione. Lacerazioni che cominciano da lontano e che hanno nel presidente uscente Mario Oliverio uno dei principali responsabili. Il suo scontro con il partito sul commissariamento della sanità ha caratterizzato tutta le legislatura, mentre la sua gestione da uomo solo al comando ha fatto evaporare prima il gruppo Pd in Consiglio regionale, tra abbandoni e sospensioni, per poi fare evaporare la stessa maggioranza. Nell’ultimo anno e mezzo Oliverio ha governato senza numeri e appoggiandosi sistematicamente alla stampella generosamente offertagli dalla minoranza di centrodestra.

Il partito, però, ha evidenti responsabilità. La questione non è mai stata affrontata né dal precedente segretario Ernesto Magorno, né successivamente dal commissario Stefano Graziano. Si è aspettato l’ultimo minuto utile per imporre la non candidatura di Oliverio senza neanche fornirne adeguate spiegazioni e senza avere un piano b. Il balletto sui nomi e la rottura con i Cinque Stelle sono state ulteriore momento di frattura che gli elettori hanno punito in maniera feroce tenendo i grillini nuovamente fuori da palazzo Campanella.

 

Il flop dei Democratici e Progressisti

Non solo. Anche dopo aver scelto Callipo per provare a salvare il salvabile, si è comunque provato a non mettersi contro Oliverio che si è creato la sua lista “Democratici e Progressisti” dove far confluire i suoi.

Un’altra divisione nelle divisione con il chiaro intento di dimostrare che il presidente sarebbe stato più forte del partito. Non è andata così. I Dp si fermano al 6,21%, staccati di oltre un punto percentuale dalla lista di Callipo. Ancora la distribuzione dei seggi non è ufficiale, ma i Dp dovrebbero portare a casa soltanto due scranni in Consiglio. Al netto della performance straordinaria di Giuseppe Aieta, che nella circoscrizione nord raccoglie 6.923 preferenze, e della buona affermazione di Flora Sculco nella circoscrizione centro con 5405 preferenze, c’è poco da stare allegri. Luigi Guglielmelli, alfiere dell’ex presidente e di Nicola Adamo, a Cosenza si ferma a 3.517, così come stentano anche Michele Mirabello e Gino Murgi. Nel collegio Sud, invece, si conferma il potere elettorale di Nino De Gaetano che converge su Nicola Billari, facendogli sfiorare le 6mila preferenze. Anche in questo caso, però, si va verso il ridimensionamento: alla precedente tornata l’abbinata De Gaetano-Romeo aveva ampiamente sfondato il muro delle 10mila preferenze.

Insomma se l’obiettivo di Oliverio, Adamo e compagnia era di dimostrare forza e mettere in difficoltà il Pd si può dire che la missione è stata miseramente fallita.

 

Tra le macerie del Pd le performance di Irto e Aieta

Il Pd, però, non può certo gioire per aver messo alle corde, e forse definitivamente fuori Oliverio, quello che rimane da amministrare è poco più che un cumulo di macerie. Nella migliore delle ipotesi potrebbero essere cinque i consiglieri ottenuti. Certo del seggio il presidente uscente del Consiglio regionale Nicola Irto che raccoglie 12.474 preferenze, doppiano nella circoscrizione Sud Mimmetto Battaglia fermo intorno ai 6mila voti. Domenico Bevacqua, a sorpresa, è il primo degli eletti nel collegio Nord con 6.766 voti mettendo in forse il seggio di Carlo Guccione che arriva secondo con 5.691, ma potrebbe entrare. Questo un altro dato che sorprende considerato che proprio Guccione è stato uno dei principali oppositori della gestione Oliverio e che pure non è riuscito a catalizzare il consenso come ci si poteva aspettare. A dimostrazione che lo scontro interno al Pd, a un certo punto, ha provocato nell’opinione pubblica una forma di rigetto. Nel collegio centro con 5mila voti primo è Luigi Tassone in una lista che tiene nonostante il profondo rinnovamento messo in atto.

 

Il distacco dal centrodestra preoccupa

La bocciatura dell’elettorato per la gestione precedente, dunque, è praticamente totale. Il distacco dagli avversari di centrodestra, specialmente se uniti in coalizione, è abissale e preoccupante anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, compreso quello per il rinnovo dell’Amministrazione comunale di Reggio Calabria.