«Noi crediamo che l’Italia possa avere una crescita sostenibile e durevole solo se saprà finalmente colmare i divari territoriali tra Nord e Sud del Paese». Vecchia ma sempre attuale questione, questa della dicotomia tra le due estremità del Paese, che puntualmente diventa argomento di dibattito in ogni campagna elettorale. Il Partito democratico la rilancia in un momento topico della campagna elettorale, provando a recuperare terreno rispetto alla partita elettorale del 25 settembre che per molti ha i requisiti della missione impossibile per il centrosinistra, che guarda con speranza alla cospicua quota degli indecisi.

Enrico Letta per questo ha pensato di compattare il fronte sud del Pd, coinvolgendo nella mischia i presidenti di Campania e Puglia, rispettivamente Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, presentando con la Carta di Taranto, un nuovo Manifesto per il Sud che si traduce anche in una sorta di argine alle diverse voci con cui i dem parlano di autonomia differenziata, a partire da Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna.

Per Letta l’appuntamento di ieri segna una svolta nella campagna elettorale del Partito democratico, sia per il programma sia per il tono della campagna stessa. Il segretario nazionale ha parlato di «impegno forte» affermando che la ripresa del Paese passa inevitabilmente da una crescita forte, inclusiva, sostenibile e vera del Mezzogiorno: «Il futuro dell’Italia passa attraverso la crescita di un Mezzogiorno che scommette sulla sua forza e sui suoi giovani».

Con queste premesse e “ribadendo la volontà di assumere nella politica ordinaria nazionale gli obiettivi complementari della crescita e della coesione economica, sociale e territoriale” Letta ha proposto 7 linee di azione per il Mezzogiorno, su cui intervenire con i fondi del Pnrr e con le politiche ordinarie, che devono incidere sui temi della scuola e dei servizi alla cittadinanza, passando per la sanità e la sicurezza e la legalità, capaci di rilanciare le zone economiche speciali senza dimenticare la transizione ecologica e la gestione delle acque. Ma il punto forte rimane il lavoro. Letta lo ha detto chiaramente: “Innanzitutto – ha detto il segretario davanti alla platea della convention elettorale – Carta di Taranto vuol dire un grande piano nella Pubblica amministrazione, il cui turn over è bloccato da dodici anni grazie all’allora Ministro dell’Economia Tremonti che bloccò nel 2004 anche il turn over del personale sanitario. Vogliamo rilanciare, stabilizzare e dare continuità al fatto che al Sud si possa assumere con detassazione e decontribuzione. Questo – ha affermato Letta - vuol dire dare al Mezzogiorno una possibilità di lavoro in più che oggi è assolutamente necessaria, perché il lavoro al Sud non può essere un lavoro instabile e totalmente marginale». E quindi giù con le promesse: mai più finti stage, mai più stage gratuiti o primi lavori non pagati. Con l’impegno di far passare da 30 a 24, l’età media in cui i nostri giovani escono di casa per crearsi una vita indipendente.   

Da qui la proposta contenuta nella Carta: “Promuovere l’attuazione di un grande piano di assunzioni per coprire il fabbisogno della P.A. al 2030, col rispetto delle clausole Pnrr su giovani e donne. Per colmare le riduzioni di organico registrate dal 2008, le carenze e l’anzianità del personale – pesanti soprattutto nel Sud e nelle Isole – proponiamo che entro il 2024 si assumano, con procedure trasparenti, 300 mila dipendenti nelle amministrazioni centrali e negli enti territoriali, e che successivamente fino al 2029 si proceda con l’immissione di almeno 120 mila nuovi dipendenti all’anno, per un totale di 900 mila nuove assunzioni”.

E il secondo comandamento di questo nuovo Manifesto riguarda il Piano nazionale di ripresa e resilienza: «Combatteremo con tutta la nostra forza – ha detto Letta - rispetto al tentativo che la Lega e Salvini fanno di togliere quella soglia del 40% di premialità per i fondi destinati al Mezzogiorno. E’ l'impegno principale che abbiamo. Noi - ha aggiunto Letta - difenderemo i fondi per il Mezzogiorno perché siamo convinti che il Pnrr sia la più grande occasione sia per le infrastrutture virtuali e fisiche sia per il lavoro, sia per la transizione digitale e quella della sostenibilità».

Irto: «Nessuno deve restare indietro»

Per il segretario regionale del Pd, Nicola Irto, «ancora una volta il Pd dimostra di essere l’unico partito ad occuparsi concretamente del Sud». Le regioni meridionali – ragiona il candidato reggino al Senato - non possono subire ulteriori penalizzazioni, ma anzi devono diventare una priorità per il prossimo governo nazionale. «Bisogna respingere – dice Irto – l’attacco della destra al reddito di cittadinanza, seppure da correggere e da migliorare, che rappresenta l’unico appiglio per chi non ha un’occupazione e non riesce ad arrivare a fine mese. Al contempo è necessario investire, soprattutto nelle regioni meridionali, per fornire occasioni concrete di sviluppo e per creare posti reali di lavoro, unica ricetta per eliminare le sacche di precariato e l’assistenzialismo».

«Nessuno deve restare indietro», rilancia Irto, secondo il quale è questo il messaggio principale contenuto nella Carta di Taranto che «deve essere un punto di partenza» per l’avvio di una politica diversa per il Meridione.

«Una politica – incalza il segretario regionale - che la destra non ha nessuna intenzione di mettere in campo, come dimostra il silenzio della coalizione di Salvini e Meloni sulle emergenze del Mezzogiorno e come è confermato dal silenzio della destra locale, con il governatore Occhiuto rimasto inerte anche davanti al blocco dei fondi Fsc. Il voto per il Pd, dunque, è l’unica possibilità per evitare che il Paese venga esposto a ulteriori divisioni e che il Meridione venga condannato per sempre a una condizione di sottosviluppo. Con il Sud in affanno non si farebbe altro che amplificare la crisi economica che il prossimo governo dovrà affrontare con determinazione e con un’attenzione altissima per le fasce sociali più deboli».