La provocazione del Foglio. Che attribuisce all'ex senatore calabrese la primogenitura delle norme sul danno erariale degli amministratori. «Mi hanno accusato di voler fare una sanatoria, per me è stato un calvario». Ma le nuove regole sono più estensive e stabiliscono la responsabilità solo in caso di dolo
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Il padre del decreto Semplificazioni non è il premier Giuseppe Conte, bensì l'ex parlamentare e presidente della Provincia di Reggio Calabria Pietro Fuda.
Almeno, è quello che sostiene il Foglio, con un articolo pubblicato oggi a firma di Carmelo Caruso. L'incipit è emblematico: «Riabilitatelo. Se lo merita».
L'ex sindaco di Siderno, infatti, al tempo in cui era parlamentare, aveva presentato in Senato un disegno di legge poi passato alle cronache come “l'emendamento Fuda”.
Una proposta «che gli ha garantito un posto nella storia delle buone intenzioni smontate dai sacerdoti dell’ideologia e del “no” a prescindere», scrive il Foglio.
L'emendamento – di tre articoli – aveva come obiettivo quello «di fissare tempi certi per i reati che oggi vengono classificati come “di firma”, atti in cui inciampa qualsiasi sindaco e non per dolo, ma il più delle volte per imprudenza, impreparazione di un funzionario, smemoratezza di un assessore».
L'emendamento Fuda
La proposta, rammenta il quotidiano diretto da Claudio Cerasa, fu ben accolta da sinistra a destra. Perfino l'ex ministro leghista Castelli, ricorda lo stesso Fuda, «dichiara in aula che è necessario intervenire e impedire che uomini perbene finiscano nel tunnel».
Poi, a un certo punto, Fuda finisce nel tritacarne. Dei tre articoli dell'emendamento, ne viene estrapolato uno. «E qui inizia il mio calvario», spiega ancora l'ex senatore.
«Sulla stampa – sottolinea Caruso – si insinua che sia la più imponente sanatoria, un indulto per farabutti. Inizia una compagna violentissima contro “l’emendamento Fuda”».
Il nuovo decreto
Dopo più di 20 anni (23, per l'esattezza), le norme del decreto Semplificazioni sono tuttavia «più estensive» e superano anche le intenzioni di Fuda. Fino a luglio 2021, infatti, si limita la responsabilità del danno erariale solo al dolo.
«Siamo oltre Fuda – commenta il Foglio – tanto che il vero padre della riforma Conte è oggi nella condizione di calarsi nella parte del prudente. “Per volere del governo si è stabilito che per appalti fino a cinque milioni di euro non serviranno gare, ma che saranno sufficienti solo trattative ristrette. Io consiglio, se posso, gare elettroniche. Nei piccoli centri rimane il rischio di brogli”».
Una vittoria tardiva? L'ex primo cittadino di Siderno (che al Foglio annuncia di volersi ricandidare alla guida del Comune della Locride, il cui scioglimento per 'ndrangheta, avvenuto proprio durante la sua sindacatura, è stato confermato lo scorso giugno dal Consiglio di Stato) è realista: «Del mio passaggio in politica ho imparato solo che il buono non te lo riconoscono e il cattivo non se lo dimenticano».