Sarà la concomitanza delle Europee, ma l’iter di conversione in legge del Ddl Calderoli sull’autonomia differenziata è deflagrato come una bomba sulla scena politica italiana. La riforma infatti è tema al quale si aggrappano tutti, chi per contestarla chi per osteggiarla, pur di racimolare qualche voto in più sia degli avversari sia degli alleati. Ma siccome la riforma è ancora confusa, l'azione politica non può che esserne lo specchio.

I più nervosi di tutti sembrano essere quelli della Lega che sa di rischiare un conto salato per il suo provvedimento bandiera, soprattutto al Sud.

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È in Calabria, in particolare, che il Carroccio sembra avere i nervi a fior di pelle. Prima è stata la deputata Simona Loizzo ad attaccare ad alzo zero la forzista Rosaria Succurro, presidente regionale Anci e presidente della Provincia di Cosenza, colpevole di aver dato la sua adesione alla manifestazione dei sindaci contro il provvedimento. Le parole non sono state certo al miele fra consigli di commentare il tennis ed epiteti del tipo “Masaniello in gonnella”. Però la Loizzo un punto politico lo ha sollevato quando ha chiesto alla Succurro se si riconosce nelle politiche del centrodestra, in caso contrario le ha suggerito di dimettersi dalle cariche alle quali è stata eletta proprio grazie ai voti degli alleati, Lega compresa.

Ma il Carroccio non si è limitato a questo. Nel fine settimana ha deciso di contestare anche il vescovo di Cosenza, monsignor Gianni Checchinato. Il presule è stato uno dei primi a sbilanciarsi pubblicamente, via social, contro l’autonomia differenziata. Ma soprattutto sabato scorso ha partecipato al convegno organizzato dal sindaco di Cosenza, Franz Caruso, contro l’autonomia e che nel parterre ha visto la partecipazione anche del segretario regionale del Pd, il senatore Nicola Irto, e il sindaco di Bari nonché presidente nazionale dell’Anci, Antonio De Caro.

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Quanto basta per far saltare sulla sedia il coordinatore cittadino del Carroccio, Leo Battaglia, noto alle cronache per la sua incontinenza di graffiti che lo volevano alla Regione. È rimasto invece a Cosenza e da qui ha detto al presule che è stato vittima di una trappola politica, che il Pd ha voluto mettere la sua Mitra alla candidatura di De Caro alle Europee. Uno scontro che ha messo in campo una diatriba, quella fra la politica e la Chiesa, che non si registrava da anni. Il tutto ha provocato l’immediata reazione della Cgil che ha difeso il vescovo: «A monsignor Checchinato - ha detto il sindacato - cosi come a tutta la Conferenza Episcopale Calabra, bisognerebbe dire grazie per le continue prese di posizione a difesa della Calabria e contro ben determinati “fenomeni” che hanno e che stanno tarpando le ali dello sviluppo in questa nostra regione».

Lo stesso Checchinato si è difeso indirettamente quando, al convegno “incriminato”, ha detto che «la presenza della Chiesa dove si promuove  la persona è un obbligo. Essere dove questo valore è visibilmente riconosciuto, tanto meglio. Questa proposta di autonomia differenziata, ha elementi di base e di sfondo, che ci sembrano contrari all’idea di una comunità che cammina insieme». Una posizione non originale visto che sia la Cei che la Cec si sono espressi chiaramente contro il Ddl Calderoli.

Ma anche Forza Italia è in una situazione di imbarazzo rispetto alla questione. Roberto Occhiuto continua a dire che senza il finanziamento dei Lep non ci sarà nessuna autonomia, ma il problema è che questa osservazione doveva essere posta a monte, durante i lavori delle commissioni parlamentari. Per come è scritto il Ddl, il Governo avrà due anni per definire e finanziare i Lep, ma nel frattempo le regioni che lo vorranno potranno chiedere l’autonomia in determinate materie. Insomma si rischia che l’autonomia parta lo stesso anche senza i Lep. Da qui l’atteggiamento della Succurro che ha preso una posizione di vicinanza ai sindaci consapevole dell’aria che tira.

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In tutto questo ci si sarebbe aspettati un Pd a ventre basso sul tema e invece non sempre è così. Ad esempio mentre De Luca portava la protesta nei palazzi romani del potere, il Pd calabrese era tutto a Gioia Tauro ad ascoltare la premier Meloni e assistere alla firma dell’accordo di Coesione fra Governo e Regione Calabria. Correttezza istituzionale, così hanno giustificato la loro presenza mentre De Luca faceva il diavolo a quattro a Roma sfidando le forze di Polizia, chiamando “pinguini” chi gestiva l’ordine pubblico e, in un crescendo rossiniano, definendo in maniera davvero poco carina la presidente del consiglio. Insomma De Luca era incontenibile mischiando le ragioni e i torti. E forse è stato lo specchio migliore del suo partito che da anni ormai naviga avendo come bussola il provvisorio. Nel 2001 per cercare di frenare l’avanzata della Lega di Bossi ha messo mano alla riforma del titolo V della Costituzione che ha dato l’abbrivio al Ddl oggi in discussione. Poi ha provato a inseguire il M5s, a governare con la Lega. In una parola ha dato avvio ad un governismo che le ha fatto perdere ogni identità.

La situazione sotto i cieli della politica italiana insomma è molto più che confusa. Tutti parlano dell’autonomia ma con lo sguardo altrove. Chi alle Europee, chi ad un eventuale terzo mandato, chi a rendite di posizione. Nel frattempo a tutti conviene fare ammuina.