La Corte Costituzionale boccia la Regione sul Decreto Calabria. La Consulta ha dichiarato infondato il ricorso presentato dalla Cittadella contro il provvedimento varato nel giugno scorso che prevede misure speciali per il sistema sanitario regionale. «L’intervento, nel suo complesso – si legge nella sentenza della Suprema corte – è riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato non soltanto perché attinente all’esercizio del potere sostitutivo statale, ma soprattutto perché rientrante nella sua competenza esclusiva in tema di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. E, nella misura in cui risponde alla funzione di orientare la spesa sanitaria verso una maggiore efficienza, l’intervento stesso rientra nell’ambito dei principi fondamentali della materia concorrente coordinamento della finanza pubblica”».

 

Secondo la Consulta «le concorrenti competenze regionali (anche in materia di tutela della salute e governo del territorio), con le quali l’impugnata normativa statale interferisce, non risultano violate» ma solo temporaneamente ed eccezionalmente «contratte», in ragione della «pregressa inerzia regionale o, comunque, del non adeguato esercizio delle competenze stesse». I giudici delle leggi ricordano inoltre il principio secondo cui quando una Regione viola «gravemente e sistematicamente» gli obblighi della finanza pubblica, come nel caso della Calabria, «allora essa patisce una contrazione della propria sfera di autonomia, a favore di misure adottate per sanzionare tali inadempimenti da parte dello Stato».

Il Decreto Calabria «non costituisce, dunque, un intervento discriminatorio, ma ha la finalità di realizzare un necessario riallineamento della gestione della sanità locale rispetto agli standard finanziari e funzionali operanti per la generalità degli enti regionali».