Durante un collegamento dello speciale Porta a Porta di ieri sulla votazione per scegliere il successore di Sergio Mattarella che più “catanzarese” non avrebbe potuto essere fra una delle inviate di punta di Bruno Vespa, Giancarla Rondinelli, e la deputata di Fratelli d’Italia Wanda Ferro - entrambe con robustissime radici nel capoluogo calabro, sebbene i rispettivi impegni le portino a vivere quasi in pianta stabile a Roma - la Ferro ha fatto ampio cenno a quanto indicato dalla sua leader Giorgia Meloni rispetto all’identikit del futuro Presidente della Repubblica sul quale i partiti faticano a trovare (eufemismo!) la quadra.

«Non Mattarella per noi, che peraltro ha già detto di essere indisponibile alla rielezione», ha affermato la parlamentare. La quale poi ha aggiunto: «È necessario individuare una figura di alto profilo, un patriota». Ma il guaio è che centrodestra e centrosinistra non riescono a mettersi d’accordo, addirittura con la ventilata (seppur incerta) possibilità che il premier Mario Draghi una volta preso atto della polverizzazione della maggioranza da cui è sostenuto decida di rassegnare le dimissioni.

E a quel punto ecco che con la conseguente caduta del Governo si aprirebbero nuovi scenari in grado di generare riflessi pure nelle estreme periferie del Paese come la Calabria e Catanzaro. Già, quest’ultima, una “città di provincia”, nonostante sia almeno sulla carta capoluogo di regione pur considerato il ruolo di una Reggio promossa a città metropolitana, in cui capita anche la disavventura, diciamo così, di una tornata elettorale tra mille difficoltà.

Un appuntamento rispetto a cui la stessa Ferro, che un centrodestra locale in piena crisi ha finora invano tentato di tirare per la giacca affinché assuma decisioni di rilievo (compresa quella di una candidatura personale a sindaco) ha invece tirato il freno a mano. Sa infatti che in caso di un nuovo esecutivo romano, riguardo a cui allo stato nessuno sa se in carica fino alla scadenza naturale della travagliatissima legislatura in atto (fissato fra la fine del 2022 e, al massimo, l’inizio dell’anno successivo) o non più di sette-otto mesi aprendo poi la strada a elezioni anticipate, si rimetterebbe davvero tutto in discussione. Perfino sui lontani tre colli.

Motivo per cui fin quando nella capitale le nubi su Quirinale e Palazzo Chigi non si diraderanno, magari con lo spostamento del presidente Draghi da un edificio del potere a un altro, o una soluzione diversa ma condivisa, Ferro sarà assorbita da pensieri ben diversi dall’amministrazione comunale catanzarese. Identico discorso vale per differenti parti del suo schieramento che, di fronte all’eventualità di un comunque ancora lontano ritorno alle urne per le Politiche potrebbe farsi ingolosire dai sondaggi secondo cui viaggerebbe quasi con la doppia cifra di vantaggio sulla coalizione rivale.

Ed è la ragione dell’attendismo in un fronte che nel capoluogo potrebbe optare per non scendere in campo, se non in modo residuale e di facciata, lavorando invece per favorire un solido progetto di matrice civica da contrapporre all’ormai nota strategia del Nuovo Centrosinistra. Che, con la scelta di Nicola Fiorita quale aspirante sindaco, si è spaccata in vari tronconi, lasciando la via del civismo ai competitor interni i quali - pur appartenendo al Pd o a soggetti politici affini - non avranno simboli di partito a supportarli. Fatto inedito.