È come nel decalogo di Fight club, film di culto di David Fincher, però al contrario. La prima regola dell’autonomia differenziata è parlare tantissimo dell’autonomia differenziata, anche se non c’è. Il contenitore, cioè il dibattito, è infuocato. Il problema è che manca il contenuto. Ci si divide tra entusiasti (quasi tutti nell’area politica della Lega), ottimisti forzati (identikit: politico di centrodestra meridionale per il quale «la riforma può essere una grande opportunità») e contrari.

Su una cosa, però, concordano quasi tutti: senza fondi la riforma targata Calderoli non sta in piedi. Il fatto è che i soldi non ci sono e non sono pervenuti neanche i Lep, famigerati Livelli essenziali delle prestazioni. C’è soltanto una discussione infuocata, approdata e chiusa in Senato senza una premessa che ai più pare necessaria: la definizione dei servizi essenziali dai quali partire e delle risorse necessarie per metterli in campo. Insomma, manca la premessa. Intanto Palazzo Madama ha approvato la riforma tra l’opposizione che cantava l’inno di Mameli e il Leone di San Marco esposto dai banchi leghisti. Uno show molto italiano per un voto che non chiarisce praticamente nulla. Anzi, rilancia i dubbi emersi nei mesi scorsi. L’unica cosa certa è il modus operandi: per ora votiamo Sì, poi si vedrà

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La Calabria minaccia la riforma leghista: «Senza risorse è a rischio anche la tenuta del governo»

Torniamo ai fondi e alle opportunità: dalla Calabria è arrivata nei giorni scorsi una valutazione chiara sul futuro della riforma. Si è incaricato di ribadirla l’assessore regionale forzista Gianluca Gallo che, nel corso della più recente puntata di Perfidia, ha spiegato: «Senza risorse la riforma non si attuerà: c’è una posizione chiarissima di Forza Italia, per cui è a rischio anche la tenuta del governo. Questo è molto chiaro». Il dibattito – Gallo era incalzato dalle domande di Antonella Grippo e dalle considerazioni della deputata del M5S Anna Laura Orrico – ruotava, appunto, attorno ai Livelli essenziali di prestazioni. Per capirci: Fi è possibilista (infatti ieri ha votato a favore), a patto che i servizi siano garantiti allo stesso modo in tutto il Paese. Per farlo, però, servono soldi e Orrico sottolinea che le risorse «non ci sono» e che «il governo Meloni ha fatto due leggi di bilancio e non ha messo un euro». “No money no party” è la traduzione del concetto da parte del governatore Occhiuto: intanto, però, il governo ha spostato sul Ponte sullo Stretto denari che arrivano dall’Europa e oltre 3 miliardi del Fondo di perequazione riattivato dal governo Draghi. Insomma, di “money” a queste latitudini se n’è visto poco mentre il Ddl d’impronta leghista cammina in Senato e gli emendamenti (più di 300) delle opposizioni sono stati cassati per accelerare il percorso verso quella che la parlamentare grillina definisce una «secessione del Nord dal Sud».

I Lep (ancora) non esistono a 22 anni dall’ok al federalismo

Il tempo dirà quando i forzisti siano disposti a restare fermi sulle proprie posizioni. Per ora l’argine è: senza il finanziamento dei Lep non si va avanti. Il problema, per adesso, è che a bloccarsi è stato proprio il percorso pensato per fissare i Livelli essenziali di prestazioni. La partita per definirli proseguirà oltre i tempi regolamentari: più di 22 anni sono trascorsi senza che si trovasse la quadra sulle fondamenta del federalismo (inaugurato nel 2001 dal centrosinistra). Il termine assegnato al comitato Lep è scaduto a fine 2023 senza che siano stati individuati i livelli essenziali per tutte le materie, e non solo per quelle «differenziabili». Il testo del Milleproroghe rinvia «fino al 31 dicembre 2024 il termine finale previsto per la predisposizione da parte della Cabina di regina di uno o più Dpcm per l’individuazione dei Lep e dei relativi costi e fabbisogni standard e di un anno la possibilità di nominare un Commissario nel caso in cui la predetta Cabina di regia non concluda le proprie attività nei termini stabiliti». Il differimento rende evanescente ogni dibattito e complica l’individuazione di una road map credibile.

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Rischia, peraltro, di rendere difficili le scelte del Meridione. Lo ha spiegato a LaC News24 il leader di Italia del Meridione Orlandino Greco: «La proroga graverà sulle spalle delle regioni più povere le quali, qualora dovesse passare il ddl Calderoli che ha già iniziato il suo iter parlamentare, non saprebbero quali materie scegliere, non sapendo quanti soldi sarebbero necessari per garantire le materie richieste». È vero che finalmente qualcuno pensa a calcolare i Lep. I tempi, però, sono quelli che sono. E così il Parlamento finisce per discutere di questioni più astratte di quanto sarebbe lecito attendersi.

In Senato una discussione ideologica

In Senato è arrivato il primo via libera. Ora, nella migliore delle ipotesi, passeranno mesi prima che si capisca come finanziare la riforma, quali siano i costi standard per ogni singolo Lep o per gruppi di Lep, quali le risorse da destinare a ogni Regione. In queste condizioni, il dibattito è ideologico, quasi surreale, perché mancano le premesse. Ed è naturale che l’opposizione tema colpi di mano, visto che mancano anche riferimenti ai finanziamenti in gioco (inevitabile, visto che i Lep non sono ancora stati definiti) per rendere equa la ripartenza ad autonomia differenziata approvata. Senza il passaggio differito fino al 31 dicembre 2024 non si possono chiedere certezze sui fondi necessari per garantire la corretta attuazione del federalismo fiscale né sui costi per le future “differenziazioni” tra regioni. Ogni regione potrà, in sostanza, scegliere su quali materie differenziarsi rispetto alle altre ma non saprà quanto investire. La partita dell’autonomia differenziata si gioca – e si giocherà per un altro anno – senza regole certe. Un’impostazione che rende il quadro molto confuso.

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Calenda: «I Lep ci saranno, ma tra migliaia di anni»

Di «inutile show» parla il segretario di Azione Carlo Calenda. Per l’ex ministro hanno tutti torto: la Lega che dirà di aver realizzato l’autonomia che voleva il Nord e la sinistra quando sosterrà che l’autonomia spacca il paese in due. «L’autonomia di Calderoli – spiega Calenda – ci sarà quando saranno finanziati i Lep, cioè fra migliaia di anni: è solo teatro». Il discorso avrebbe senso se prima si parlasse di finanziare i Lep. L’impostazione attuale, per il leader di Azione, «somiglia a un ridicolo Fight club». Con le regole capovolte: non importa fare davvero l’autonomia, basta parlarne tantissimo.