Il contrasto alla designazione di Roberto Occhiuto quale governatore in pectore del centrodestra appare sempre più un falso obiettivo. Gli interessi in gioco sono ben altri e c'è chi inizia a temere il Laboratorio Calabria voluto da Luigi de Magistris
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Falsi bersagli, false rivendicazioni, false battaglie. Perché in politica - al pari e più che nella vita - spesso nulla è come sembra. Eppure è questo che tiene banco nello scenario locale negli ultimi giorni, sulla scia nazionale oltretutto, dove a dominare sarebbe il piccato atteggiamento di Fratelli d’Italia che nient’affatto accontentato, diciamo così, sulla vicenda delle nomine Rai si è messo a tirare la corda con gli alleati Lega e Forza Italia. Al partito del Cav, in particolare, ecco fatti due sgambetti mica da ridere. Il primo messo a segno mentre il secondo soltanto “mimato”. Il riferimento è all’acquisto (in senso figurato, s’intende!) dello storico parlamentare azzurro Lucio Malan e alle bordate sparate all’indirizzo del governatore in pectore della Calabria, Roberto Occhiuto. Due “avvertimenti”, in realtà, perché con tutto il rispetto degli attuali parlamentari Occhiuto e Malan, la loro sorte non è che sposti più di tanto gli equilibri in casa meloniana.
Altro che Calabria, la Meloni avverte gli alleati mirando a ben altri obiettivi
La verità, infatti, è che la Giorgia Nazionale mira a ben altro: il Cda della Tv di Stato al momento ma non esclusivamente, agitando così i fantasmi su qualche argomento - o poltrona per meglio dire - francamente marginale. Al di là dell’interesse per il posto di Occhiuto, che per carità nelle file di Fdi potrebbe anche essere appannaggio di Wanda Ferro a cui però non mancherebbero le prerogative per far parte di una futura compagine governativa romana di centrodestra, a far gola è semmai, e non certo ai meloniani, la postazione di Nino Spirlì. Uno che ha finora vissuto, e seguita a farlo, di designazioni e non di elezioni.
Le velleità catanzaresi sul vertice della cittadella
Un premio salviniano, quello elargito nei confronti dell’attuale facente funzioni che molti faticano a digerire. Soprattutto a Catanzaro. Città in cui, ad esempio, c’è come noto un sindaco Sergio Abramo sempre scalpitante, al netto delle smentite di prammatica, che un sogno di vicepresidenza - quantomeno questo e basta - continua ad accarezzarlo fino al punto, riferiscono i soliti ben informati, di arrivare a blandire il Capitano in persona con ripetute lusinghe. Tentativi di legame a doppio filo che pare siano andati a segno, anche se non per forza coincidenti con l’avvicendamento di Spirlì.
I poteri forti temono il cambiamento
Ma non c’è unicamente lo scacchiere politico a stare alla finestra, conducendo mosse e contromosse dietro al sipario in attesa magari di fare scaccomatto e comunicare l’accaduto a cose fatte. Attenzione quindi, a riguardo, a chi ha in mano leve del potere assai maggiori. Gruppi finanziari e non solo, i quali stanno monitorando quello che qualcuno inizia a definire come il Laboratorio Calabria. Un posto in cui, anche grazie all’iniziativa del sindaco di Napoli Luigi de Magistris, si sta diffondendo un linguaggio nuovo. Un ragionamento staccato dalle vecchie logiche di partito - ormai proprie anche di forze non in grado di vantare una storia pluridecennale, ma già logore e usurate nella loro proposta - incapaci di attrarre il grande elettorato, stanco di giochi e giochetti di palazzo. Ecco spiegato il motivo per cui l’asse fra Dema e i movimenti meridionalisti (altra realtà importante che nulla ha da spartire con assai equivoci o, nella migliore delle ipotesi, sgangherati tentativi analoghi del passato) inizia a essere visto con preoccupazione e fastidio da chi ha tutto l’interesse a mantenere lo status quo.
Spazio per la buona politica
E si badi, è bene metterlo in rilievo ripetendolo, non si sta parlando di politica in senso stretto bensì di quei grumi di potere che prescindono da una catalogazione in senso stretto, abbracciando vari mondi: non tutti peraltro edificanti e visibili alla luce del sole. Anzi. I numeri, però, rivelano che c’è spazio per affermare una tendenza assai diversa, fortemente identitaria e neanche a dirlo legalitaria, con un respiro ben più ampio di quello calabrese. Un progetto ambizioso, ma possibile, che sarebbe perfino sbagliato contenere entro i rigidi steccati della sinistra, del centro o della destra, in ossequio a ormai anacronistiche visioni novecentesche.