Il magistrato antimafia viene osannato sui social da centinaia di migliaia di persone che lo incitano a fare piazza pulita. Il governatore invece viene subissato di critiche feroci e insulti perché rappresenta una classe dirigente considerata prima responsabile della situazione in cui versa questa regione. Eppure se l’illegalità è ancora così diffusa e la politica delude la colpa è innanzitutto degli stessi che sul web si dividono tra fan e haters
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Cosa hanno in comune il magistrato Nicola Gratteri e il presidente della Regione Mario Oliverio?
L’inchiesta Lande desolate, che sta cercando di fare luce su un intreccio di favori e clientelismi legati alla realizzazione di alcune opere milionarie, ha messo i due su fronti opposti.
Gratteri, Procuratore di Catanzaro, simbolo della lotta senza quartiere alla ‘ndrangheta, saggista che insieme al professore universitario Antonio Nicaso ha scritto 17 libri sulla mafia in poco più di dieci anni, giudice sotto scorta da trenta, potenziale soluzione finale contro la criminalità organizzata che tutti dicono di volere come ministro della Giustizia ma che poi non portano mai a Palazzo Chigi.
Dall’altra parte Oliverio, politico di lunghissimo corso, prima Pci, Pds, Ds e poi Pd, già consigliere regionale a 27 anni, e poi sindaco, parlamentare, presidente della Provincia di Cosenza e infine presidente della Regione Calabria, oggi indagato proprio da Gratteri con l’ipotesi di corruzione e abuso d’ufficio.
Entrambi calabresi fin nel midollo - reggino il primo, cosentino il secondo - hanno la capacità di sollevare una valanga di reazioni opposte quando, loro malgrado o meno, appaiono sui social media.
Gratteri amato, idolatrato, invocato in centinaia di migliaia di commenti come un messia al quale affidare la redenzione di una terra altrimenti condannata a non mondarsi mai dal suo peccato originale, la ‘ndrangheta appunto.
Oliverio, invece, in altrettanti commenti viene insultato, denigrato, messo all’indice come personificazione della politica peggiore, quella che tutto vuole e che tutto stringe, espressione verticistica di una classe dirigente antica e antiquata che ondeggiando per decenni da destra a sinistra ha condotto la Calabria sul ciglio del baratro.
Quando Gratteri e Oliverio fanno capolino sulle bacheche social, gli utenti calabresi si scatenano mollando ogni freno inibitore. Quasi impossibile trovare reazioni diverse da quelle che ci si aspetterebbe. Pochissimi osano difendere il governatore e nessuno si azzarda a mettere in discussione il magistrato.
E allora viene da chiedersi come abbia fatto Oliverio a diventare consigliere regionale, sindaco, parlamentare, presidente. Viene da chiedersi chi l’abbia mai votato se tutti ne censurano con inaudita veemenza l’azione politica e amministrativa.
Allo stesso modo, viene da chiedersi come faccia ancora ad esistere la ‘ndrangheta in Calabria, se folle oceaniche di account Facebook postano faccine che vomitano per condannare senza alcuna riserva dalla più piccola illegalità all’asfissiante sopraffazione della criminalità organizzata. Viene da chiedersi come sia possibile un tale paradosso, una tale incoerenza tra essere e apparire.
Dov’è tutta questa gente quando davvero c’è da decidere da che parte stare per cambiare la realtà sociale, politica ed economica di una regione che non vede più il futuro da tanto, troppo tempo?
La risposta è anche l’unica possibile: la stragrande maggioranza di coloro che disprezzano la politica calabrese grondando moralismo sono gli stessi che da tempo immemorabile l’hanno sostenuta con il proprio consenso e se oggi sprizzano rabbia da tutti i pori è forse perché non c’è più trippa per gatti, almeno non per tutti.
Così, gli stessi che esaltano la legalità come ultrà a una partita di calcio, sono in gran parte anche quelli che ancora buttano la spazzatura dove capita, costruiscono le case abusive, frodano le assicurazioni, oliano gli ingranaggi del sistema quando hanno la possibilità di farlo.
La speranza è che dietro gli haters e i fan senza un briciolo di senso critico e un minimo di corretta sintassi, si celi una maggioranza silenziosa che finalmente faccia meno chiacchiere e più fatti.
Enrico De Girolamo