Elezioni a Vibo Valentia: esempio di vizi, luci e ombre della politica calabrese

Per assaporare ancora qualche sensazione di scontro politico abbiamo dovuto seguire le Comunali. Purtroppo proprio nei dibattiti per le amministrative, dove ancora si avverte il fascino positivo della politica sul campo, si registra altresì il peggio in chiave etica e morale. Nella città ipponiana, unico capoluogo di provincia al voto, si è consumata la battaglia più cruenta

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di Pasquale Motta
24 maggio 2019
20:14
Maria Limardo, Bruno Censore e Stefano Luciano
Maria Limardo, Bruno Censore e Stefano Luciano

La campagna elettorale volge ormai al suo epilogo. Tra poche ore scatta il silenzio elettorale. La competizione per le europee si è avvertita poco, giocata più che nelle piazze sulle piattaforme virtuali. Per assaporare ancora qualche sensazione di scontro politico abbiamo dovuto seguire le elezioni comunali. Purtroppo proprio negli scontri per le amministrative, dove ancora si avverte il fascino positivo della politica sul campo, si registrano, altresì, i peggiori vizi della politica calabrese in chiave etica e morale.


A Vibo Valentia, unico capoluogo di provincia al voto, si è consumata la battaglia più cruenta. I maggiori competitor in scena sono l’avvocato Maria Limardo, alla testa di una tradizionale coalizione di centrodestra e l’avvocato Stefano Luciano, alla testa di una eterogenea aggregazione che va dai fascisti e sovranisti dell’ex senatore Bevilacqua ai piddini di sinistra targati Brunello Censore ex parlamentare Pd. Le altre formazioni - come quella del M5s - come al solito giocano la partita in solitario. È prevedibile dunque che, salvo eccezionali variabili, i vibonesi concentreranno le loro valutazioni per scegliere il prossimo sindaco dell’antica Monteleone tra l’avvocato Limardo e l’avvocato Luciano. Il popolo sovrano, molto probabilmente, deciderà a quale dei due affidare le sorti del proprio destino.


 

La candidata del centrodestra Maria Limardo non è stata certamente una trascinatrice, sostanzialmente si è collocata dentro un profilo molto istituzionale, forse gli è mancata quella capacità di dare la carica in competizioni come questa. Tuttavia, se da un lato non è riuscita mai a marcare il passo del leader, dall’altro lato ha cercato di offrire la possibilità di una valutazione delle sue idee e delle sue ricette per la città sulla base di una linea ragionata. È stata una scelta giusta quella intrapresa dalla candidata del centrodestra nell’attuale contesto politico vibonese? La risposta la vedremo ormai nelle urne.

 

Stefano Luciano, a differenza della sua avversaria, poteva rappresentare la novità nello scenario politico cittadino, e ciò avrebbe potuto rappresentare un vantaggio notevole. A nostro modestissimo avviso, però, questo vantaggio è stato completamente disintegrato dallo stesso Luciano, allorquando ha fatto emergere alcuni profili estremamente discutibili del suo identikit politico. L’insofferenza per le critiche della stampa e le relative rappresaglie che si sono concentrate verso una società del nostro gruppo editoriale, per esempio, sono apparse come una reazione a queste critiche. Un tale atteggiamento ha suscitato e continua a suscitare enormi perplessità e dubbi sul profilo politico dell’avvocato Luciano e sulla sua adeguatezza a mantenere un profilo equilibrato nel caso dovesse essere eletto sindaco e conquistare il potere.

 

Chiaramente, le mie, sono le opinioni di un osservatore politico alla fine di una campagna elettorale, le valutazioni cioè, di un modesto editorialista che cerca di capire quale direzione prende la dinamica politica a Vibo e in tutta la Regione. Valutazioni che, sia chiaro, sono fatte da chi, come lo scrivente, è lontanissimo politicamente e culturalmente da entrambi i candidati. La mia è una semplice voce critica, niente di più niente di meno. Considerazioni frutto di quello che ho osservato durante questa competizione amministrativa. Una competizione che, comunque, ha avuto conseguenze politiche che hanno superato i confini della mera competizione comunale.

 

Il Pd, per esempio, è scomparso dalla scena politica, la scelta di Bruno Censore di camminare a braccetto con i sovranisti di Storace e Bevilacqua potrà essere ignorata da Nicola Zingaretti? È immaginabile chiedere un passo indietro a Mario Oliverio per rinnovare il Pd calabrese e contemporaneamente continuare a tollerare che capibastone come l’ex parlamentare vibonese del Pd, facciano il bello e il cattivo tempo nei territori, arrivando addirittura a stravolgere la stessa natura del Partito? È immaginabile indignarsi su quanto emerge nella sanità vibonese e non chiedersi che forse in questo disastro dirigenti politici come Bruno Censore e Michele Mirabello abbiano qualche responsabilità?

 

Sceglieranno i vibonesi. Sarà il “sovrano” a decidere da chi vorrà essere governato. A noi giornalisti in democrazia spetta il dovere di fare domande, e non di fare gli arbitri, per quello ci sono le Prefetture. I giornalisti hanno il dovere di fare domande sia a coloro che aspirano al potere, sia a coloro che questo potere devono concedere, ovvero i cittadini, gli elettori. Le nostre sono domande e spunti di valutazione critica. In una democrazia sana, i giornalisti e la stampa dovrebbero svolgere questo ruolo. Tutto ciò, in piena libertà, autonomia, equidistanza.

 

Per esempio, proprio per restare in tema di domande, non comprendiamo perché Stefano Luciano, dopo aver dato l’adesione, è sfuggito a un confronto televisivo con la sua avversaria che avrebbe dovuto andare in onda stasera. Cosa lo ha frenato? Una delle nostre testate, il Vibonese, ha pubblicato tutti i nomi scomodi dei candidati nelle liste. Nomi presenti in tutte le coalizioni. Il M5s ha preso una iniziativa. Gli altri avrebbero il dovere, soprattutto in una provincia come quella vibonese, di spiegare che cosa intendono fare in relazione a queste presenze. Fatecelo sapere. La società civile ha il diritto di saperlo. Buon voto a tutti i vibonesi.

 

Pasquale Motta

Giornalista
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