Il presidente facente funzoni della Regione, Nino Spirlì ha fissato la data delle elezioni.

I calabresi andranno alle urne il 14 febbraio, dunque tra 70 giorni. Considerate le festività natalizie, l'appuntamento è imminente. Tra gli schieramenti tuttavia non c'è particolare fermento. Nel centro destra, ancora scosso per la drammatica scomparsa di Jole Santelli, si parla di Roberto Occhiuto, Maria Limardo e Gianluca Gallo come papabili alfieri cui affidarsi per riconfermarsi alla guida della Regione mentre il Pd naviga ancora nella nebbia.

In campo le competenze

«Il centrosinistra deve presentare un progetto ambizioso per la Calabria. Che rappresenti al meglio la voglia di riscatto dei calabresi. Che metta in campo le competenze per risolvere le emergenze e lo sguardo lungo per valorizzare le ricchezze della nostra terra. E che sia rappresentato da una classe dirigente autorevole che si faccia rispettare a Roma e in Europa». Ci prova Giacomo Mancini a dare la scossa al torpore in cui sembrano essere precipitati gli esponenti democrat e, più in generale, dello schieramento di centro sinistra.

Niente percorsi indigesti

«Il primo atto di rottura deve essere quello che la candidata o il candidato che incarni questo progetto di riscatto deve essere deciso in Calabria dai calabresi. Lasciamo alla destra la liturgia dei pranzi ad Arcore durante i quali una signora romana si attovaglia con due signori milanesi e al momento del dolce annunciano la decisione. Un percorso del genere mai come oggi risulta indigesto per i calabresi. Vuol sapere perchè? In Calabria c’è un malessere profondo. Le restrizioni della pandemia hanno acuito in maniera preoccupante la crisi economica e con essa il disagio sociale».

Le conseguenze della pandemia

«L’emergenza sanitaria che dopo l’estate si è diffusa anche da noi - sottolinea l'ex parlamentare - e il balletto vergognoso legato alla scelta del commissario alla sanità hanno alimentato delusione, frustrazione e rabbia ovunque. In questa drammatica fase gran parte della classe dirigente regionale è stata percepita come ascari, pronti ad assecondare i desiderata romani e non curanti delle sofferenze di un popolo. Occorre avere l’intelligenza di connettersi con i sentimenti di una popolazione che soffre».

Allargare la discussione

«Ho letto che il Pd ha riunito i propri eletti. Bene, per carità. Ma gli eletti delle liste bloccate sono eletti in quanto altri si sono candidati nei collegi, bisogna allargare la platea della discussione - aggiunge Mancini - Ci sono tanti che vogliono partecipare a un progetto di rinascita. Bisogna aprire porte e finestre e dialogare con associazioni e movimenti che elaborano idee e conducono battaglie. Con professionalità che si distinguono nei loro campi e che vogliono dare una mano. Attraverso un confronto partecipato, democratico, trasparente e polifonico può nascere una coalizione ampia e plurale che elabori un programma riformista e indichi insieme il nome di chi la guiderà».

Candidato sia scelto dal basso

E i dirigenti nazionali dei partiti? «È giusto che accompagnino e favoriscano questo percorso e che facciano la loro parte per rimuovere eventuali ostacoli. Del resto nelle regioni che governa il centrosinistra la scelta del candidato presidente è sempre nata dal basso, nel contesto territoriale che doveva votare». E sui nomi del candidato della coalizione? Ritiene che debba essere un politico? «Il toto nomi non mi appassiona, lo lascio ai retroscena. Ho studiato Max Weber e con lui ritengo che la politica è un ramo specialistico delle professioni intellettuale. Occorre scegliere i politici giusti. Per la regione e per i comuni che torneranno al voto in primavera. La sfida - conclude Giacomo Mancini - è quella di mettere in campo una squadra capace di riscattare l’immagine di una terra dipinta, non sempre a ragione, come luogo di tutti i mali. Il centrosinistra deve avere l’ambizione di affrontarla con coraggio».