Teresa Esposito coordinatrice regionale delle donne democratiche chiede maggiore coerenza con i principi fondanti del Partito democratico: «Serve più coraggio e visione politica. La riserva indiana è un ghetto che non ci interessa» (ASCOLTA L'AUDIO)
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Anticipiamo i tempi del congresso o il Pd rischia di essere azzerato. Questo il senso dell'appello lanciato da diverse amministratrici locali, dai Comuni alle Regioni alle segreterie locali, del Partito Democratico. Fra i primi firmatari della petizione, che ha raggiunto 600 firme in due giorni, anche l’ex deputata calabrese Enza Bruno Bossio. Nel loro appello le ragazze invitano il Pd a fare il Pd, cioè tornare “ad essere una forza vivace, vitale, riformista, femminista non a parole ma nei fatti”.
Si perché la distanza fra fatti e parole è molto ampia. Nei suoi documenti fondativi, il Partito democratico usò parole ambiziose e inclusive: il “Manifesto dei Valori” sostiene che la libertà delle donne «sta cambiando il mondo», che le donne «si collocano al centro del ripensamento profondo che è in atto» e che per questo bisogna «aprire le porte alle donne dando loro non solo gli stessi diritti ma anche le stesse opportunità in tutti i campi, compresa la politica». Nei fatti però, i numeri dicono il contrario.
Quando, ad esempio, il partito ha dovuto indicare tre ministri per il Governo Draghi ha indicato tre maschietti «tutti fra l’altro capicorrente di quelle correnti che stanno condizionando la vita democratica del partito», dice Teresa Esposito la portavoce regionale delle donne democratiche.
Insomma se sembra scontato che il Pd per ricostruire una sua identità politica deve ripartire da donne e giovani, non è altrettanto chiaro il come. La prima difficoltà è individuare il soggetto delle analisi. A chi si rivolge il Pd quando parla di donne?
«Io penso - dice la Esposito - alle ragazze che hanno dai 25 ai 35 anni, che hanno studiato pensando di rompere il tetto di cristallo ed entrare nel mondo del lavoro, che hanno la necessità di poter essere libere di scegliere, una volta ottenuta l’indipendenza economica, se mettere su famiglia o meno, senza avere l’assillo di come conciliare famiglia e lavoro, senza avere il terrore che i nonni possano venire meno e con loro quasi l’unica forma di welfare su cui possono contare, senza avere il problema di come pagare l’asilo ecc. A loro ci rivolgiamo come donne democratiche, è a loro che dobbiamo dare coraggio».
Teresa Esposito racconta che le donne calabresi sono pronte a fare la loro parte. Il movimento si è radicato in tutta la regione e in ogni provincia ci sono le portavoce. «Ma guai - dice - a pensare a qualcosa di ghettizzante. sono convinta che la forza di un partito sia la complessità d’insieme. Serve la presenza delle donne, ma anche dei ragazzi e anche di chi ha speso una vita nel partito, portando valori e risultati. Ecco il nuovismo può essere deleterio. Queste persone non vanno cancellate, ma valorizzate come guida e formatori dei più giovani».
Invece le cose non sono andate sempre così. «Soprattutto in Calabria assistiamo ad una sorta di complesso d'inferiorità - continua la coordinatrice delle donne dem - anziché premiare la militanza nel momento delle scelte ci siamo rivolti alla società civile, la stessa che magari critica il partito costantemente ma è in prima fila quando si tratta di candidature. Noi vogliamo un Pd che abbia più coraggio, che metta in campo più donne non come riserva indiana, ma chi si è spesa una vita nel partito».
I numeri dicono che in Calabria non c’è un consigliere regionale nè un parlamentare donna, il segretario del Pd è un maschietto e le donne sindaco non sono una percentuale altissima. Ma cosa si aspetta una donna dal Pd? «L’urgenza, soprattutto in Calabria, è una: un vero piano per l’occupazione femminile che sia parallelamente accompagnato da un piano di Welfare che rappresenta anche un’occasione di lavoro per altre donne. Per questo noi stiamo cercando, con le nostre proposte, di riempire di contenuti la legge regionale che è stata approvata lo scorso otto marzo. Una norma importante dal punto di vista simbolico, ma senza possibilità di applicazione concreta».
Il problema non è però solo calabrese. Nonostante il Pd abbia avuto un vorticoso turn over di segretari nazionali, mai si è scelta una donna. Oggi ce ne sono due in corsa: l’ex ministra Paola De Micheli e, sia pure più timidamente Elly Schlein. «Ovviamente avremo un ruolo di primo piano nella discussione congressuale - conclude la Esposito - poi ognuna di noi ha le sue sensibilità e sceglierà la linea programmatica che sente più vicina. Per il momento posso dire che la De Micheli è la più netta non solo nel proporsi alla segreteria, ma anche nell’indicare le cose che si devono fare per restituire al partito una sua identità politica. Quindi i temi della conciliazione lavoro/famiglia, la lotta soprattutto culturale contro la violenza e tanto altro. Per la Calabria, poi, c’è una emergenza. Qui da noi il numero di donne che muore per patologie tumorali è fra i più alti del Paese, soprattutto per quelli al seno. Allora non bastano le campagne occasionali di sensibilizzazione, serve una presenza capillare di presidi dove effettuare prevenzione e a questa aggiungere anche le campagne di comunicazione per rendere le donne consapevoli dell’importanza della prevenzione».
Insomma a strada da fare è ancora lunga nonostante il partito abbia cercato di ottenere pari opportunità attraverso la via del bilancino: quote riservate nelle liste, quote riservate negli organismi interni, ma al momento di indicare gente da mandare nelle stanze dove succedono le cose, le donne non ci sono quasi mai. «Speriamo che la prossima segreteria avvii un dibattito vero su questi temi, soprattutto per le donne del Sud. Anche in questo campo marchiamo una differenza con il Nord. Lì troviamo più donne nelle postazioni di potere. A causa delle diverse condizioni di partenza certamente, pensi solo alla differenza di asili nido pubblici a Reggio Calabria e a Reggio Emilia, ma anche per la sensibilità dei compagni di partito che danno loro fiducia. Speriamo dunque che le cose cambino, noi come donne democratiche abbiamo le nostre proposte e penso che sarebbe proprio ora di un segretario donna del Pd. Così si riallineerebbero, almeno in parte, i fatti con le parole».