In quell’elenco ci sarà, ma nessuno ci scommetterebbe un centesimo, anche qualche povero sventurato. D’altro canto, almeno la metà di quei trentasei contratti a progetto finanziati con fondi pubblici se l’è intascata il Partito democratico. Tanti nomi noti, in quell'elenco. Da Maria Canduci, che è una dirigente regionale democrat con il suo importante pacchetto di consensi in quel di Cessaniti, ad assessori e consiglieri comunali in carica, come Domenico Rachieli, a Filogaso, o Giovanni Russo, nel capoluogo. Poi molti iscritti o dirigenti in circoli chiave: di Arena, Soverato, Cessaniti, Zambrone, Ricadi…


E ancora amici, parenti o affini. Parenti tipo Bruno Rondinelli, fratello di un amministratore comunale di Filadelfia, o Mariano Tassone, figlio del già presidente della Comunità montana Bruno Tassone. Affini come Michele Manno, cognato del sindaco di Gerocarne Vitaliano Papillo. L’elenco è lungo.


«Quant’è? Un 1.400.000 euro? Si poteva dare lavoro a chi davvero ne ha bisogno… E dire che le case popolari cadono a pezzi…». Mastica amaro, Giovanni Bruno, il capo dell’Ufficio territoriale del governo di Vibo Valentia, che tiene sul tavolo ovale, davanti alla sua scrivania, un mucchio di faldoni. Tra questi ci sono quelli dell’affaire Aterp: uno riguarda l’acquisto, milionario, della sede di un carrozzone da poco commissariato e in via di accorpamento, l’altro, appunto, il progetto per la ricognizione del patrimonio delle Aterp calabresi. Che fare? «Quel che va fatto». Piglio rooseveltiano, il prefetto di ferro valuta tutto con disincanto: «Ha sempre funzionato così, è da decenni che la politica si avvicenda e accadono cose come questa. Ora è il momento di dire basta».


Il manager uscente dell’Aterp di Vibo, che a margine della visita della Guardia di Finanza negli uffici dell’agenzia aveva ostentato serenità, assicura - dal suo punto di vista - che le procedure per la selezione sono state «trasparenti», ovviamente anticipate dalla necessaria pubblicità. Assicura che sono stati premiati meriti e competenze. Già, ma non tutti sono ingegneri, architetti e commercialisti, anzi…


E, ovviamente, dice il manager uscente, la politica non c’entra. D’altronde egli, Tonino Daffinà, resta un esponente di primo piano, nel panorama politico provinciale, di Forza Italia. E di fronte al sospetto dell’inciucio, sbotta: «Ma quale inciucio!». E poi «nessuno è stato assunto»: la selezione e, quindi, la destinazione dei contratti a progetto, è stata «soltanto deliberata» pochi giorni prima che la giunta regionale procedesse al commissariamento di tutte le postazioni di sottogoverno calabresi e alla riduzione di sprechi e carrozzoni.
La magistratura indaga e, per questo, ha inviato gli uomini delle Fiamme gialle ad acquisire atti: se ci sono profili di responsabilità penale, è noto, il procuratore Mario Spagnuolo non è certo uno che fa sconti.

 

Sui dubbi attinenti al piano etico, invece, ci ha già pensato il governatore della Calabria, che aveva ben recepito il messaggio lanciatogli a pochi giorni dall’insediamento da un simbolo dell’antimafia come Nicola Gratteri: tuteli e premi chi è capace e non ha santi in paradiso. Così, dagli uffici regionali preposti - appunto su indirizzo del presidente Mario Oliverio, che non intende tollerare altre situazioni analoghe a quelle di Calabria Etica - è già partita la disposizione: si blocchi immediatamente quella procedura, la quale, dopo la deliberazione del commissario uscente, attendeva il pronunciamento dei revisori.


Una procedura avviata con una selezione consumata e deliberata, a pochi giorni dall’azzeramento di tutti i vertici delle Aterp, sì. E mentre tra candidature, primarie, liste da approntare, si è già in piena campagna per le tornate elettorali di primavera.

 

Pupo Cuteri non è il cognato di Pitaro