Il Comune di Cosenza ha chiesto ed ottenuto dalla Corte dei Conti, una ulteriore proroga per depositare le controdeduzioni alle negative valutazioni espresse dall’organismo di controllo, in merito al mancato rispetto del Piano di Riequilibrio Finanziario Pluriennale. La camera di consiglio inizialmente convocata per il 19 giugno, è stata rinviata al 17 luglio. Entro il decimo giorno antecedente, quindi entro il 7 luglio, gli uffici di Palazzo dei Bruzi, segnatamente il sindaco Mario Occhiuto, il dirigente del settore bilancio Giuseppe Nardi e il dirigente degli affari legali Giovanni De Rose, per scongiurare il dissesto, dovranno fornire tutti gli elementi necessari a convincere la magistratura contabile della bontà dei bilanci dell’Ente. Dovranno in particolare spiegare in che modo pensano di riuscire a raggiungere l’obiettivo del Piano con il quale l’amministrazione si è impegnata ad abbattere entro il 2022, una massa debitoria ammontante a circa 114 milioni di euro, attraverso la riduzione della spesa, il riordino delle aliquote Imu, il recupero dell’evasione fiscale, l’alienazione di beni di proprietà. Perché, cifre alla mano, nell’ultimo triennio il discostamento rispetto alle previsioni è stato notevole. Tale da rendere difficile ritornare sulla strada maestra.

Deliberazione corposa e ben argomentata

L'impresa è ardua secondo Saverio Greco. Commercialista e revisore dei conti, Greco ha rivestito la carica di presidente del Consiglio comunale di Cosenza tra il 2002 ed il 2006. Ha letto la famigerata deliberazione 66/2019 vergata dalla magistratura contabile, ritenendola di una puntualità estrema. E ne ha tratto le proprie valutazioni. Ecco l’intervista

Minori introiti dai tributi

Le criticità sono evidenti, anche all’occhio meno esperto. Le entrate esaminate nel periodo 2015-2018 sono decisamente al di sotto delle attese: l’amministrazione incassa solo una percentuale minima dei tributi, e non riesce a recuperare dai contribuenti le somme pregresse. Nel 2015 erano previsti incassi per 51 milioni di euro dal cosiddetto Titolo I in cui rientrano Imu, Tari e addizionale Irpef, ne sono stati riscossi solo 39 milioni, mentre dei quasi nove milioni previsti per il Titolo III, che annovera tra l’altro multe stradali, servizio idrico integrato, Cosap, nelle casse comunali ne sono giunti poco meno della metà. Di contro, per fare fronte alle spese correnti, il Comune ha dovuto attingere a liquidità aggiuntiva da anticipazioni di tesoreria o fondi vincolati. Nel complesso alla fine dell'anno, tra entrate e uscite si è registrato un saldo negativo di circa nove milioni di euro. Situazione analoga si è verificata anche nelle annualità successive. Sintomatico, a titolo di esempio, il dato relativo al recupero dell’evasione dell’Imu iscritto a bilancio nel 2016. A fronte di crediti maturati verso i contribuenti pari a sette milioni di euro, l’amministrazione è riuscita a recuperare appena 114 mila euro. Meno del 2%.

Difficoltà di gestione della spesa corrente

Secondo la Corte dei Conti, i flussi di entrata non solo sono insufficienti a risanare il debito pregresso, ma addirittura a garantire la spesa corrente. Tanto da costringere il Comune a ricorrere sistematicamente alle anticipazioni. Il deficit della cassa è strutturale, si ripercuote sui conti per effetto degli interessi passivi maturati e le anticipazioni non vengono restituite nei tempi previsti. Inoltre, a partire dal 2016, si è cominciato ad attingere per sostenere le spese correnti, anche ai fondi vincolati, omettendo di procedere alla reintegrazione dei fondi stessi al termine dell’esercizio annuale.

Pochi spiccioli dalle alienazioni immobiliari

Nel Piano di Riequilibrio era stato anche previsto l’incasso di oltre 54 milioni in dieci anni, dalla dismissione del patrimonio immobiliare comunale. Gli importi riscossi però, sono decisamente esigui rispetto alle previsioni. A fronte di una quota annuale pari a 5.230.000 euro, nel 2015 dalle vendite si sono ricavati appena 190 mila euro, nel 2016 l'incasso è stato di 306 mila euro, nel 2017 soltanto di 259 mila euro. Nel primo semestre 2018 dalle alienazioni sono stati incassati appena 105mila euro. Mancano quindi all’appello nel complesso, solo per il periodo analizzato, ben 19 milioni di euro.

Il crac dell’Amaco e i debiti fuori bilancio

Tra perdite d’esercizio, debiti verso fornitori, erario ed enti previdenziali, anche l’Amaco naviga in cattive acque. Ed il disavanzo della partecipata si riverbera sulle casse del comune, andando a generare un debito fuori bilancio non previsto nel Piano di Riequilibrio. Al pari del passivo accumulato per l'approvvigionamento idrico e per lo smaltimento dei rifiuti, nel complesso circa trenta milioni di euro. Sulla base delle indagini compiute la Corte dei Conti ha così valutato grave e reiterato il mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati chiedendone conto all’amministrazione.

I possibili scenari

Nella camera di consiglio del 17 luglio si valuteranno le controdeduzioni fornite dal Comune di Cosenza. Se non dovessero essere convincenti, la Corte dei Conti potrebbe, attraverso il Prefetto, assegnare al consiglio comunale il termine di venti giorni per adottare la deliberazione del dissesto, pena lo scioglimento dell’Ente. Inoltre il comma 5 dell’articolo 248 del Testo Unico Enti Locali, prevede la incandidabilità dei sindaci responsabili di dissesto, ad alcune cariche elettive, compresa quella di presidente della Regione. Ma la sanzione scatta solo in caso di condanna per aver tenuto condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, tali da provocare il crac. Per questo, almeno per il momento, le ambizioni di Mario Occhiuto dovrebbero essere salve.