Il dispositivo emesso dalla suprema corte romana contiene un "errore di fatto" che secondo il codice di procedura civile avvalora le cause di revocazione della sentenza
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E non finisce qui… La vertenza politico-legale tra Graziano e Gallo (il primo, Consigliere regionale eletto e poi sollevato dal ruolo istituzionale per un difetto procedurale sollevato dal secondo e primo dei non eletti), nata sui tempi di consegna della domanda di aspettativa dal lavoro all’epoca della presentazione delle candidature, potrebbe far registrare l’ennesimo eclatante colpo di scena.
L’ex Segretario questore a Palazzo Campanella e presidente nazionale de Il Coraggio di Cambiare l’Italia, Giuseppe Graziano, ha chiesto, infatti, la revoca della sentenza di secondo grado - emessa a seguito dell’azione legale imbastita da Gallo e che aveva portato proprio quest’ultimo a ritornare in Consiglio regionale - dopo che la Cassazione, pur rigettando il ricorso del primo eletto (ne avevamo dato notizia già il 22 giugno scorso leggi qui), nel dispositivo della sentenza ha commesso un cosiddetto “errore di fatto”, avendo i giudici – dice Graziano - «scambiato materialmente un documento prodotto dalla difesa, per un altro».
Graziano potrebbe ritornare in Consiglio regionale?
Graziano ne è sicuro: per lui potrebbero riaprirsi le porte dell’Astronave perché la complessa normativa del codice di procedura civile dispone la revocazione delle sentenze contenenti “errori di fatto”. «Da quanto si evince chiaramente dalla lettura del dispositivo della Cassazione – spiega Graziano - i giudici hanno scambiato l’accettazione della mia domanda di aspettativa da parte del Corpo forestale dello Stato con la domanda stessa. La normativa vigente è chiara sul punto e dice che avrei dovuto – come ho fatto - mettermi in aspettativa cinque giorni prima della presentazione della candidatura. Ma il termine ultimo dell’accettazione dell’aspettativa può avvenire anche entro e non oltre il giorno stesso della presentazione delle liste. Così come è accaduto. La Cassazione, compiendo un cosiddetto “errore di fatto”, ha avvalorato la mia posizione, pur confermando la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro.
Una vertenza democratica ancor prima che giudiziaria
«Questi i fatti – chiosa Graziano – che mi hanno spinto a chiedere la revoca della pronuncia della Cassazione e quindi ristabilire la democrazia che da ragione alla mia elezione avvenuta con diecimila consensi e non a chi invece vorrebbe rappresentare i cittadini senza averne alcun diritto, avendo preso circa la metà dei miei voti.
«Questa non è una vicenda personale – aggiunge il leader del CCI – bensì un caso che evidenzia come, alle volte, la burocrazia, le scartoffie ed i cavilli possono sovvertire il volere democratico. Purtroppo è stata messa su una questione cavillosa nei miei riguardi basata su una polemica di lana caprina, così contorta, acefala e paradossale tanto che gli stessi giudici cassazionisti hanno di fatto dato ragione alla mia memoria difensiva. O meglio, hanno dato ragione ai circa 10mila elettori che il 24 novembre 2014 avevano deciso di eleggermi in Consiglio regionale».