VIDEO | «Una pagina nera per il regionalismo calabrese» è il commento di Flora Sculco prima firmataria della proposta. Il centrodestra si astiene e lascia che la maggioranza si faccia male da sola dimostrando ancora una volta di non avere i numeri per governare
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Nessun accordo in Conferenza dei Capigruppo. La maggioranza prova a convincere i gruppi di opposizione a votare in Aula la doppia preferenza di genere, proposta di legge di Flora Sculco, dando via libera ad un accordo di massima sulla riforma della legge elettorale, che comprenda il mantenimento della soglia di sbarramento al 4% e l’introduzione del voto disgiunto. Ma senza risultati. L’opposizione ha chiesto che la discussione complessiva sulla riforma, compresa la preferenza di genere, fosse rimandata in Commissione. Mario Oliverio e i suoi sono stati irremovibili sulla necessità di votare subito. «Ed allora si vada in Aula a vedere se esistono i numeri» la risposta dei capigruppo di minoranza. Interrotta bruscamente la Conferenza dei capigruppo, la maggioranza si è chiusa in conclave per decidere il da farsi facendo slittare l’inizio dei lavori del Consiglio di un paio di ore. Alla fine si decide di affrontare l’Aula.
Ad illustrare il provvedimento è il relatore Franco Sergio, da poco passato con il movimento di Raffaele Fitto, ma ancora tra i banchi della maggioranza. «La presente proposta mira a garantire in Consiglio l’equilibrio tra i generi, fondamentale anche in relazione alle ultime elezioni regionali che hanno visto eletta soltanto una donna». Richiamati poi tutti i principi sui cui si basa la normativa e sui quali il Consiglio è impantanato da mesi, l’Aula si chiude nel silenzio. A romperlo ci pensa Giuseppe Giudiceandrea che chiede la chiama e il voto nominale. Fausto Orsomarso viene incaricato di prendere la parola per tutta l’opposizione. E lancia la sfida «ci asteniamo, anche se molti dei nostri consiglieri avrebbero preferito un altro percorso». Ma la trappola la illustra Mimmo Tallini: «Ricordo all’Aula che serve la maggioranza assoluta per cambiare la legge elettorale».
Ad evitare il peggio ci prova il capogruppo del Pd Sebi Romeo. «Questa legge non è legata alla maggioranza, non riguarda il governo della Calabria, ma la scrittura delle regole. Non ci nascondiamo dietro tecnicismi: se siamo a favore votiamo, oppure no. Sapete che l’astensione non consente di raggiungere il quorum necessario e quindi serve capire la volontà dell’Aula. Altrimenti vuol dire che siete contrari e ci si assume la responsabilità. Per questo è stato chiesto il voto per appello nominale». Praticamente un’ammissione: il centrosinistra non ha i numeri. Si passa dunque al voto per appello nominale: la maggioranza vota sì al completo, ad eccezione del voto contrario di Orlandino Greco, mentre il centrodestra si è astenuto. L’esito finale è il seguente: 29 votanti, 15 favorevoli, un contrario e 13 astenuti.
La delusione di Flora Sculco: «Una pagina nera per il regionalismo calabrese», mentre tra il pubblico si invitano i consiglieri a vergognarsi.
Il governatore Mario Oliverio perde le staffe nel cuore della votazione e alza i decibel fino al possibile: «Diamo l’immagine di una Calabria arretrata che non risponde alla realtà. La preferenza di genere è prevista dalla legge nazionale e appartiene alle regole che vanno scritte insieme senza nascondersi dietro logiche di maggioranza e minoranza. Mi appello a tutto il Consiglio per assumere una valutazione ponderata perché non comprendo una scelta di chiusura, non si può commettere l’errore di affossare un provvedimento assai importante anche dal punto di vista culturale». Anche se adesso la speranza è che il testo di legge possa essere ripreso nell’ambito di una condivisa riforma della legge elettorale.
Dopo la conclusione della votazione, il rimpallo delle responsabilità è proseguito con grandissima intensità. Mimmo Tallini: «avete presentato la legge come una legge di centrosinistra. Stamattina siamo stati accolti dalle note di Bella Ciao». Per Giuseppe Giudiceandrea e Sebi Romeo: «si svela il trucco della minoranza: non volete la preferenza di genere. Dovete avere il coraggio di dirlo».
Il capogruppo del Pd ha poi ricordato anche che il centrosinistra aveva offerto di mettere insieme alla preferenza di genere anche voto disgiunto e sbarramento. «L’astensione è il simbolo dell’ipocrisia».