VIDEO | Fu travolto dall’inchiesta antimafia Rinascita-Scott. Durissimo documento politico della maggioranza di centrodestra contro il Pd: «Spiegate ai cittadini l’opportunità di tale scelta»
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Un travaglio durato 140 minuti ha partorito un atto politico durissimo da parte della maggioranza di Palazzo Luigi Razza. Al Comune di Vibo Valentia oggi è andato in scena un inedito nella storia politica locale recente. Il sindaco Maria Limardo e i consiglieri che ne sostengono l’esecutivo hanno firmato un documento di fuoco contro il Partito democratico.
Oggetto del contendere: il reintegro del consigliere Alfredo Lo Bianco, appartenente al gruppo dem, a seguito della revoca degli arresti domiciliari decisa dal gip nell’ambito dell’inchiesta Rinascita-Scott, che lo ha visto coinvolto per voto di scambio politico-mafioso.
Il documento lo ha letto in aula il presidente del consiglio Rino Putrino, e mentre le righe andavano avanti l’aula progressivamente si svuotava. Ad abbandonare il civico consesso non soltanto la maggioranza, ma anche l’opposizione. Dei due consiglieri Pd, solo uno era presente, Stefano Soriano, mentre il capogruppo Stefano Luciano si sarebbe assentato per “questioni di opportunità” essendo tra l’altro l’avvocato difensore dello stesso Lo Bianco. Ad assistere ai lavori vi era inoltre il coordinatore cittadino del Pd, Francesco Colelli.
Nel documento viene rilevato intanto come «un’istanza di reintegro è solitamente operazione ordinaria», tuttavia «lo straordinario e delicato momento storico che sta vivendo la comunità e l’amministrazione che la rappresenta impone la necessità di una riflessione profonda». Riflessione che porta a non «rimanere indifferenti rispetto a quanto accaduto nel mese di dicembre», ovvero la mega inchiesta antimafia Rinascita-Scott, che, tra l’altro, ha «pesantemente coinvolto un membro del consiglio comunale che oggi chiede di essere reintegrato nella carica pur essendo tuttora attinto da una misura cautelare che gli impone l’obbligo di dimora nel Comune di residenza».
Ragion per cui - secondo i firmatari del documento - «sbaglia chi crede che oggi si tratto soltanto della applicazione asettica di una norma, poiché invece siamo chiamati a una scelta ben più gravosa che impone una profonda riflessione soprattutto da parte di chi quella reintegrazione sta richiedendo». Ed ecco l’attacco frontale al Partito democratico, che, «dopo avere sospeso il consigliere a cagione della misura cautelare e della stringenza al riguardo del suo codice etico, oggi sceglie inspiegabilmente di sacrificare quegli stessi principii in nome di una reintegra almeno inopportuna». E siccome «fare parte delle istituzioni non è un’attività qualsiasi ma la massima espressione della democrazia», ne consegue - secondo i sottoscrittori - che «il Partito democratico e i suoi leader, anche quelli che siedono tra questi banchi», debbano «prendere atto di ciò», avendo «il coraggio di dire ai cittadini se la scelta sia o meno opportuna anche alla luce del tanto declamato codice etico improntato, per come scritto sulla carta, a legalità e trasparenza. Soprattutto abbiano il coraggio di votare favorevolmente in seno al consiglio comunale con la stessa disinvoltura con cui lo propongono e lo sostengono. Recuperare il buon senso dovrebbe essere l’obiettivo - prosegue il testo - di chi ha a cuore le sorti della comunità alla quale appartiene; auspichiamo dunque che il Pd faccia una riflessione sull’opportunità della scelta, a prescindere dalle prerogative previste dalla legge».
All’appello di Putrino per la verifica del numero legale erano tutti assenti. Ma tra i corridoi serpeggiava non poco malumore. In primis da parte dei “bersagli” di questo documenti. Sia Colelli che Soriano non hanno nessuna intenzione di passare per i “cattivi”, per coloro che appoggiano il reintegro di un consigliere su cui pendono accuse pesantissime. E si attende, in ogni caso, una presa di posizione da parte del partito. Il consiglio comunale si è chiuso per mancanza del numero legale, ma c’è una storia ancora tutta da scrivere.