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«Nessun programma politico-amministrativo può ritenersi valido se non contempla una particolare attenzione alle politiche sociali, alla lotta a povertà e disoccupazione, al contrasto della marginalità sociale. Se oggi l’ente Comune non è più in grado di erogare direttamente lavoro, può altresì essere artefice di un approccio politicamente differente sulla questione. Incentivando, ad esempio, il mondo della cooperazione, in particolare quella sociale di “tipo b”. Affidando determinanti servizi, dal verde pubblico alle gestione dei beni culturali, a nuove cooperative costituite dai cosiddetti soggetti svantaggiati». Lo ha detto Antonio Lo Schiavo intervenendo, ieri, in un’iniziativa promossa dal Centro Servizi per il Volontariato di Vibo Valentia, alla presenza del presidente, Roberto Garzulli, del direttore, Maurizio Greco, e dei rappresentanti di circa trenta associazioni di volontariato operanti nel territorio vibonese.
Al centro del confronto il tema delle politiche sociali e le proposte del candidato sindaco del centrosinistra. «Dobbiamo fare una discussione franca - ha affermato Lo Schiavo - dicendo chiaramente che nel pieno della crisi economica, per un principio di sussidiarietà, il Comune è più che mai l’ente più prossimo al cittadino. La contraddizione evidente è che, proprio nel momento in cui più pressanti si fanno le richieste dei cittadini, gli strumenti economici a disposizione del Comune sono sempre più carenti. In questo quadro, a mio avviso, diventa decisiva una riscrittura delle politiche sociali, che deve portare ad un nuovo modello nei rapporti tra l’ente pubblico e i soggetti attuatori del welfare. Un modello basato sull’innovazione sociale e su una pianificazione delle politiche sociali che parta dai bisogni, dalle risorse e dalle soluzioni. Non ci sono alternative: occorre integrare, mettere in rete e coordinare le politiche pubbliche (sociali, sanitarie, urbanistiche, culturali e dell’istruzione) assieme agli altri attori del territorio. Bisogna passare da un sistema di “government” a un sistema di “governance”, ovvero da un sistema verticale in cui l’ente si pone in un’ottica autoritaria di pianificazione dall’alto, ad una pianificazione orizzontale in cui il Comune si mette sullo stesso piano degli altri attori del sociale».
Quindi la proposta operativa di Lo Schiavo: «La soluzione è nella creazione un ente giuridico come la “Fondazione di comunità” che nasce per mettere insieme diversi soggetti, dal Comune alle imprese, dal Csv alle associazioni, dall’Asp alle banche, in un rapporto orizzontale, per creare un “patrimonio di scopo”, un fondo civico di sostegno economico in cui si ragiona con le risorse derivanti da donazioni, elargizioni, fondi comunitari e regionali. Attraverso la Fondazione si possono programmare le politiche sociali con progetti mirati e rispondenti alle esigenze del territorio, che non saranno gestiti direttamente dal Comune ma dalle associazioni che individuano direttamente i percorsi in base alle priorità. Si può dare così una risposta sul piano dell’inclusione sociale, delle politiche attive del lavoro, dei bisogni alimentari, problema purtroppo sempre più pressante in città. Su quest’ultimo aspetto è da prendere in considerazione la creazione di un “supermercato solidale”, all’interno di locali messi a disposizione dal Comune, dove, grazie alle donazioni dei prodotti in esubero, sia possibile dare un aiuto concreto ai reali bisogni di una parte della popolazione. Occorre capire che, prima ancora delle opere pubbliche, sono le politiche di solidarietà, di tutela dei più deboli e di coesione sociale, a costituire le precondizioni per lo sviluppo della comunità».