Le amministrative di Catanzaro sono da anni terreno di scontro politico interno del Pd, le cui faide (e feudi, per usare le parole per capogruppo regionale Nicola Irto) emergono dalla presunta quiescenza per la resa reciproca resa dei conti, all’insegna di un trasversalismo che ha ben pochi eguali.

Il Pd “abramiano” del 2017

Negli anni il Pd di Catanzaro non si è caratterizzato certamente per una opposizione “dura e pura” a Sergio Abramo. Quest’ultimo nel 2017 era stato politicamente pensionato dalla sua fragile e litigiosa maggioranza, con il Nuovo Centrodestra di Baldo Esposito in flirt con la maggioranza oliveriana, con Wanda Ferro e Mimmo Tallini che vedevano l’uscente sindaco come fumo negli occhi. Insomma, il trait d’union del centrodestra all’epoca era il “ciaone” ad Abramo.
Fu proprio il Pd, e questa è storia politica cittadina, a risollevarlo candidandogli contro Vincenzo Ciconte, all’epoca big dei dem (ben prima della “svolta occhiutiana” e degli ammiccamenti leghisti che ne seguirono) nei cui confronti tre quarti del partito (in perfetta sinergia tra viscomiani e oliveriani) tentò lo sgambetto virando (più o meno) sottobanco verso il civico Nicola Fiorita al primo turno, per poi lasciare totalmente Ciconte al secondo turno (prese 4000 voti in meno).
Il Pd, lo stesso rinvigorimento politico a Sergio Abramo lo offrì alle elezioni provinciali del 2018 quando suoi esponenti nell’assise cittadina lo preferirono al competitor Ernesto Alecci, all’epoca da poco rientrato nel Partito, in vista della candidatura alle politiche.
Concluso il ventennio Abramo, ora la strada per il centrosinistra parrebbe sulla carta in discesa ma così, vedremo, non è.

Fiorita ci riprova

Archiviata in parte l’esperienza civica (ufficialmente) in solitaria, Nicola Fiorita ci ritenta con il placet di un cartello elettorale pubblicamente denominato “Nuovo Centrosinistra” costituito dalla sua lista Cambiavento, dal Psi, Art. 1., Volt, Europa Verde, i civici di “Catanzaro Vivace” e “Catanzaro Generosa”, dal Movimento 5 Stelle e dal Partito Democratico.

Alle elezioni regionali dell’ottobre scorso, la somma di Psi, Europa Verde, Pd e M5S nel capoluogo ha raggiunto il 21,7% (con il 13,61% del Pd e il 6,47% del M5S a reggere il rassemblement), ben poco per vincere una competizione comunale, nonostante l’apporto del civismo ancora tutto da quantificare.
«La convergenza unitaria sulla candidatura di Nicola Fiorita, a sindaco di Catanzaro, è una notizia che accogliamo con entusiasmo e rappresenta uno sbocco naturale di un percorso lungo e articolato portato avanti dal centrosinistra, durato oltre un anno e mezzo e che è sta coinvolgendo l’interesse dei livelli nazionali delle sigle rappresentate al Tavolo», hanno dichiarato congiuntamente i rappresentanti delle sigle del Nuovo Centrosinistra.

Uno scenario idilliaco ma che deve fare i conti con una realpolitik che porterà necessariamente il (ri)candidato in pectore di centrosinistra Nicola Fiorita ad uscire dal suo caldo tepore del silente mitismo che lo contraddistingue per aprirsì a scenari dove è il decisionismo a farla da padrone.
I “problemi” sul tavolo del docente dell’Unical hanno due nomi: Luigi De Magistris e Valerio Donato.

Il voto sulla vigilanza azzoppa il centrosinistra

Nell’ultima seduta del Consiglio regionale, con il placet espresso dello stesso Roberto Occhiuto, è stata attribuita la casella della commissione regionale di vigilanza e controllo al M5s, dando seguito a quella conventio ad excludendum voluta dal Pd nei confronti degli eletti della lista “de Magistris Presidente”: Antonio Lo Schiavo e Ferdinando Laghi. La stessa capogruppo del gruppo misto Amalia Bruni si è fatta direttamente garante di questo tralasciando, probabilemente, le ricadute che ciò avrebbe avuto in ambito locale.

Difatti, lo stesso Luigi de Magistris durante l’ultima puntata di Perfidia di Antonella Grippo, ha annunciato che alle comunali di Catanzaro il suo movimento sarà presente con due liste.
E se pensiamo che alle regionali hanno raggiunto il ragguardevole traguardo del 18,98%, il mancato appoggio a Nicola Fiorita può costare a quest’ultimo (almeno) il primo turno.

Una toppa difficile da ricucire tenuto conto che il consigliere regionale, maggiore “sponsor” di Fiorita, il già citato Ernesto Alecci, oggi segretario questore, viene additato nel sottobosco pro De Magistris come uno dei principali oppositori al gruppo regionale di DeMa in vista del voto sulla vigilanza che si è consumato pochi giorni fa. Insomma, trema il terreno politico sotto e attorno a Fiorita.

La variabile Donato

Prevista a breve, la conferenza stampa di Valerio Donato, figura canonicamente tirata fuori dal cilindro dei papabili candidati sindaco del Pd da almeno 10 anni.
Nel 2011 il futuro oliveriano di ferro Pasqualino Mancuso, all’epoca coordinatore provinciale dei dem, definì Donato: «Un profilo forte e autorevole in grado di mobilitare tutte, ripetiamo tutte, le energie del Pd di Catanzaro». Da lì a breve si ritirò, per poi “rispuntare” nella rosa dei papabili nel 2017 quando, in virtù del suo legame mai celato con Baldo Esposito, era il nome gradito per una alleanza tra il Pd ed il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano.
Il suo ritorno, in modalità frontale, nel dibattito odierno (in chiave anti-Fiorita?) ripropone la sua faida con il deputato Pd Antonio Viscomi, che già si plastificò alle elezioni comunale di Lamezia Terme, quando alla candidata vicina a Donato, la collega Aquila Villella, Viscomi le contrappose la giovane Lidia Vescio. Lo sgambetto non riuscì, salvo poi riproporsi alle elezioni regionali con una Villella sostenuta da Donato e Alecci sostenuto da Viscomi. Sappiamo come è andata. È il momento della resa dei conti? Lo vedremo da qui a breve.