In Forza Italia il clima resta molto teso. Non a caso è dovuto intervenire il candidato a governatore per mettere pace ma la calma è solo apparente: ecco cosa bolle in pentola
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Maggioranza, ma si potrebbe anche scrivere Forza Italia, in Comune a Catanzaro… punto e a capo. E già, perché dopo la decisione del coordinatore provinciale forzista Mimmo Tallini di ritirare la mozione di sfiducia - in virtù del “pronto intervento” del candidato a governatore, Roberto Occhiuto - nei confronti del presidente del Consiglio Marco Polimeni, che a un certo punto sembrava avere i numeri per andare a segno, la tensione resta altissima.
E del resto, come potrebbe essere altrimenti in una coalizione in cui una parte voleva affondare l’altra senza il minimo tentennamento? Il diktat occhiutiano (si legge così la “richiesta” del parlamentare a desistere dalla mozione, avendo capito come il bubbone locale potesse generare una diffusa infezione) ha infatti solo messo la polvere sotto il tappeto, rinviando una resa dei conti ineludibile salvo clamorose sorprese relative a un accordo in grado di soddisfare le fazioni in guerra.
Una lotta intestina che non è certo iniziata ieri. E si badi, nel durissimo scontro Tallini-Polimeni c’è anche il “convitato di pietra” Sergio Abramo. Eccome se c’è, il sindaco con cui il coordinatore di Fi ha ormai un conto in sospeso, dicendo ai quattro venti di essere stato a più riprese “tradito” da lui.
Fatto che lo porta quindi a non riporre alcuna fiducia nell’ex alleato di ferro in una vecchia unione che potremmo definire tra sodali in realtà. Ecco il motivo per cui la rivalsa di Tallini nei confronti di Polimeni (che si deve alla delicata questione della successione di Abramo, a cui il giovane Marco aspira da tempo immemore e all’atteggiamento assai poco clemente di suo padre, il popolare conduttore televisivo Lino, il quale al Mimmo pluri-consigliere regionale non ha fatto sconti in tema di critiche e attacchi al vetriolo) mira anche e soprattutto ad Abramo. Che al pari del maggiorente Baldo Esposito, divenuto nel corso degli anni un altro acerrimo rivale talliniano, di Polimeni jr è uno dei principali mentori. Nelle Istituzioni e forse pure nella vita, considerato lo stretto rapporto che li lega.
Un aspetto che quel “Diavolo” di Tallini conosce bene, con il proverbiale fiuto di cui è dotato, mirando a mandare un segnale politico in grado di mettere in allarme l’intero partito. Una Fi scossa da un’iniziativa, la pianificazione della sfiducia appunto, che come premesso avrebbe potuto minare lo schieramento, anche a livello regionale, rovinando una festa (quella del ritorno al vertice della Cittadella dopo le elezioni di “metà” ottobre) data per scontata pressoché da tutti.
Ma non è certo finita qui, perché Tallini con la nota scaltrezza che lo ispira ha approfittato dell’occasione per mandare due avvisi ai navigati. Il primo: è tornato amico, per poi magari rimettersi addirittura politicamente insieme, dell’ex delfino Sergio Costanzo con cui potrebbe formare un cartello elettorale da abbondante doppia cifra in termini di migliaia di voti ottenuti. Dato nient’affatto marginale e che sul piatto della bilancia pesa. E non poco. Il secondo: se Abramo ha ancora una volta deciso di mandare a ramengo il progetto talliniano sull’individuazione di un candidato a consigliere regionale cittadino, decidendo invece di appoggiare il vibonese Michele Comito in quota Giuseppe Mangialavori (leader dei forzisti di Calabria), Tallini si è messo a lavorare alla cooptazione in Fi di Filippo Mancuso (già eletto nel 2020 nelle file leghiste, peraltro con il determinante appoggio abramiano). Un modo per dire: «A Catanzaro le carte le do sempre io».