VIDEO | La protesta della Cei guidata dal vescovo di Cassano allo Jonio, monsignor Francesco Savino. La Lega replica con il commissario calabrese Sasso e la senatrice Minasi. E Meloni si aggrappa a Occhiuto per smontare le polemiche
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È dalla periferia dell’impero che passa l’attuale agenda politica. C’è molta Calabria, infatti, nel dibattito che si è incendiato in queste ore e che vede contrapposti la Lega e la Cei, l’organo di governo della Chiesa cattolica. «Sparano a zero contro l'autonomia, approvata in Parlamento e riconosciuta in Costituzione. Con tutto il rispetto, non sono assolutamente d'accordo», punta il dito Matteo Salvini.
L’ordine di scuderia del Capitano è quello di attaccare ad alzo zero i vescovi su migranti e autonomia differenziata, ma senza mettersi troppo contro i cattolici. Per cui i giornali di area sui migranti salvano il Pontefice, il Papa in fondo fa il Papa scrivono, ma mettono in discussione la linea della Cei. Addirittura Zaia arriva a dubitare che la posizione dei vescovi sia quella ufficiale della Chiesa.
L’editoriale | L’autonomia che spacca l’Italia
Che c’entra la Calabria? Presto detto. Il portavoce della rivolta contro l’autonomia è monsignor Francesco Savino, vescovo da nove anni di Cassano all’Jonio e interprete delle ragioni delle popolazioni del Sud. E’ stato lui, in una serie di interviste a bocciare come Far West l’applicazione della legge Calderoli. Contro di lui si sono scatenati il commissario regionale della Lega Calabria, Roberto Sasso e la senatrice reggina del Carroccio Tilde Minasi che sui migranti è arrivata a chiedersi quanti ne ospiterà il Vaticano. La Lega poi ha rilanciato attraverso vari esponenti la notizia secondo cui «alcune missioni delle Ong, vicine ad ambienti dei centri sociali, sarebbero state finanziate anche con risorse provenienti dalle offerte dei fedeli» (Sasso) che ha portato la Minasi a chiedersi se i vescovi «intendono utilizzare così i soldi dell'8x1000?»
Lo scontro è forte e non fa stare tranquilla Giorgia Meloni che ha capito di aver fatto un passo falso con l’autonomia: materia di scontro tra maggioranza e opposizione, fonte di divisioni tra gli alleati di governo, attaccata dalle Regioni del Sud, contestata dalla Cei. Il rischio è quello di attirarsi le antipatie non solo degli elettori meridionali, ma oggi anche del mondo cattolico. Ed ecco ritornare la Calabria.
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La premier, dopo aver dato la consegna del silenzio ai suoi sulla questione, ha convocato a Roma il presidente della giunta regionale della Calabria Roberto Occhiuto che è uno dei più cauti sull’autonomia e certamente uno dei maggiori leader del centrodestra al Sud, indipendentemente da come andrà il suo tentativo di prendersi Forza Italia. Occhiuto ha ribadito la sua richiesta di un “congelamento” del trasferimento alle Regioni delle materie non Lep in attesa di individuare e finanziare i livelli essenziali delle prestazioni. Un incontro da cui la Meloni ha provato a far trapelare un messaggio tanto tranquillizzante quanto un po’ irreale. Ovvero che sull’autonomia garantirà lei. L'autonomia è un tema nazionale - avrebbe detto la Meloni - mi assumo io la responsabilità di verificare passo dopo passo, non ci saranno fughe in avanti.
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Esattamente la richiesta di Forza Italia, che dopo il via libera al provvedimento in Parlamento, si è assestata sulla linea di una maggiore prudenza: probabilmente anche per il pressing interno del fronte del Sud, calabrese soprattutto, che - per voce di Occhiuto, Francesco Cannizzaro e altri - ha perorato la linea della cautela per non perdere voti nel Meridione.
Non sappiamo bene cosa significhi visto che la legge è in vigore e sembra difficile fermarla, viste le pressioni delle regioni del Nord con Lombardia e Veneto che hanno già inviato al Governo le loro richieste sulle materie non Lep. Intanto Occhiuto incassa una sempre maggiore visibilità nazionale, Meloni un attimo di tregua in un centrodestra che non litiga solo sull’autonomia ma anche sullo ius scholae. Sarà duratura?