Al nome della scienziata lametina si è giunti dopo un percorso travagliato che ha visto tramontare diverse ipotesi. Guida la coalizione di centrosinistra caratterizzata da Pd e M5s ma il fronte progressista è spaccato in tre parti
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La ricerca del candidato da parte del centrosinistra, si è rivelata molto complicata, con colpi di scena e rese dei conti che poi si sono tramutati in uno spacchettamento del fronte progressista e riformista calabrese.
La candidatura di Amalia Bruni è stata ufficializzata soltanto a metà luglio ed è arrivata dopo un iter contorto e convulso che ha visto prima la designazione di Nicola Irto, che ha rinunciato all’investitura ricevuta a febbraio scorso in maniera anche clamorosa, attraverso una intervista ad un settimanale nazionale in cui ha denunciato i mali del Pd calabrese, e poi quella dell’imprenditrice Maria Antonietta Ventura ritiratasi per le polemiche su vicende giudiziarie riguardanti l'azienda di famiglia. Al suo nome si era arrivati per la volontà dei pentastellati guidati dall’ex capo del governo, Giuseppe Conte, di individuare un profilo proveniente dalla società civile, che ha convinto il segretario dem, Enrico Letta, a convergere sul suo nome. Stessa logica che ha poi portato all’individuazione di Amalia Bruni che si mette a capo di una coalizione nuova, a trazione giallorossa.
Neurologa e scienziata di fama mondiale, la Bruni (prossima alla pensione) dirige il centro regionale di Neurogenetica di Lamezia Terme, ed ha collaborato con Rita Levi Montalcini nella scoperta della 'nicastrina', una proteina implicata nel meccanismo patogenetico della demenza precoce dell'Alzheimer.
A chi le domanda chi gliel’ha fatta fare ad entrare in politica, la Bruni risponde così: «Sono venuta a dire che il re è nudo… perché se questa politica avesse contribuito a risolvere i problemi di questa terra, non c’era bisogno che Amalia Bruni avesse una crisi esistenziale importante, si rimboccasse le maniche per scendere in questo agone politico. È un campo diverso dalla medicina, in cui il mio modo di affrontare i problemi è lo stesso. Perché la conoscenza dei problemi è la base e il metodo e l’identificazione dei risultati è quello che dobbiamo fare. In Calabria sembra essere tutto fermo e inamovibile. Non si può accettare».
Ma nell’agone politico calabrese, tutti professano unità, ma ognuno pretende l’esclusiva. E così tutti i tentativi di riunire il centrosinistra in un campo largo – sono andati a vuoto gli appelli al ritiro della candidatura di Luigi de Magistris, come per Mario Oliverio – sono naufragati tra veleni e ripicche.
Ma la Bruni, per il suo passato e per la statura da scienziata affermata, è riuscita a riportare sotto le insegne del centrosinistra Carlo Tansi, uno dei più acerrimi nemici del Pd e del cosiddetto Partito unico della torta. Con il suo movimento Tesoro Calabria, ha in qualche modo imposto un codice etico arrivato proprio nel momento in cui la Commissione parlamentare antimafia ha fatto filtrare le prime indicazioni provenienti dal controllo preventivo delle undici liste inviate a Roma. Liste, tra le quali, non figura il Partito democratico, ma solo le liste di Tesoro Calabria e Calabria Libera, insieme a quella dei 5 stelle.