Il presidente Occhiuto chiarisce: «Nessuna opacità» nelle procedure. Ma lo scandalo social ha chiamato indirettamente in causa l'assessore al Turismo e i suoi burocrati
Tutti gli articoli di Politica
PHOTO
Nessuna «opacità», nessun «imbroglio». Reati? Assenti. Irregolarità? Non pervenute. Comportamenti deprecabili? Pare di no. Responsabilità politiche? Minime. Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ha di fatto ridimensionato il caso che lui stesso ha contribuito a montare e che, da venerdì sera, agita la politica calabrese e tiene banco su tutti gli organi di informazione regionale.
Il post
Il post su Facebook con cui ha annunciato l'intenzione di bloccare l'acquisto di gadget promozionali, per una spesa di 164mila euro, e di rimuovere la dirigente che aveva firmato il relativo decreto ha sollevato il classico polverone. Gli ingredienti per lo scandalo c'erano tutti: l'entità della cifra, l'implicito sospetto che qualcuno avesse compiuto atti illegali o clientelari, l'annuncio di un repulisti immediato, perché «tutti, anche i dirigenti, devono sapere che da sei mesi la musica è cambiata».
Questa mattina, però, è stato proprio Occhiuto a spiegare che in quel provvedimento non si celava nulla di losco e che i dirigenti coinvolti non hanno commesso atti contrari alle leggi o alle procedure. Il governatore ha pure provato a smentire che l'obiettivo primario di quel post fosse Fausto Orsomarso. «Semplicemente – ha detto –, ho rappresentato anche all'assessore e al dipartimento che 164mila euro per gadget rappresentavano un importo secondo me non condivisibile».
Lo scandalo, dunque, secondo lo stesso Occhiuto, non esiste, né si può parlare di sperpero di denaro pubblico, dal momento che proprio Orsomarso avrebbe chiarito che quella spesa – come ha raccontato il presidente – «era un modo per fare risparmiare la Calabria, perché sono gadget che sarebbero stati nei magazzini della Regione per due anni». A parere del governatore, invece, «per una Regione che ha tante priorità da affrontare forse sarebbe stato meglio» acquistare quei gadget «all'occorrenza».
Insomma, si è trattato di una semplice dialettica politico-amministrativa, una vicenda in cui «non c'è alcuna opacità e alcun imbroglio, né da parte di chi ha espresso l'indirizzo politico (Orsomarso, ndr) né da parte dei dirigenti che, evidentemente, hanno realizzato quello che secondo loro poteva essere un percorso virtuoso perché faceva risparmiare la Regione, cosa che invece non era secondo me».
Il non caso
Il caso gadget si è perciò sgonfiato fino a diventare un non-caso, una semplice scelta economica «non condivisibile», come ce ne possono essere tante. Se le cose stanno così, bisogna allora chiedersi perché mai Occhiuto abbia deciso di scatenare la sua offensiva social, che ha avuto l'effetto di far galleggiare più di un dubbio sull'operato di alcuni dirigenti e di alimentare retroscena su possibili crepe all'interno della Giunta.
Occhiuto, dopo gli opportuni approfondimenti, avrebbe forse potuto pretendere la revoca dell'atto senza imbastire una campagna su Facebook e senza allungare ombre sulla Cittadella.
Non lo ha fatto. È stato solo un caso, una sgrammaticatura istituzionale? Oppure il presidente voleva mandare un preciso messaggio politico a un assessore sempre meno gradito e che, peraltro, milita in un partito, Fdi, che a Catanzaro è schierato contro la coalizione di Valerio Donato, sostenuta pure dal governatore?
In ogni caso, è fuor di dubbio che Orsomarso sia finito sulla graticola per le sue scelte amministrative e che il suo dipartimento sia stato in qualche modo commissariato dal presidente.
I dirigenti
Dell'intera vicenda, oltre Orsomarso, fanno le spese anche i dirigenti della Regione coinvolti nel non-caso e messi alla berlina per procedure che – a detta di Occhiuto – erano regolari. Un episodio, questo, destinato a complicare ulteriormente i rapporti tra un presidente che si è insediato solo sei mesi fa e parte della classe burocratica della Regione.
Malessere diffuso?
La nota del sindacato Direl, nella quale viene stigmatizzata la «delegittimazione sui social dell'intera categoria dirigenziale», potrebbe perciò essere la spia di un malessere diffuso in Cittadella. Un malessere che si era manifestato fin dai primi vagiti del nuovo Governo e, in particolare, a partire dalla scelta di Occhiuto di affidare al Formez le procedure per i nuovi concorsi. Decisione interpretata da diversi dirigenti e funzionari come una delegittimazione dell'intera burocrazia regionale.