Referendum: “Meglio l’uovo oggi che la gallina domani”

Cerchiamo di essere realisti e nessuno si senta leso: la vittoria del NO aprirebbe uno scenario di estrema instabilità dalle conseguenze imprevedibili
di Pasquale Motta
2 dicembre 2016
23:08

I maggiori editorialisti del paese in queste ore si stanno posizionando per esprimere un’indicazione editoriale da fornire ai propri lettori in vista dell’apertura delle urne per il referendum. Cercheremo di farlo anche noi dal nostro piccolo osservatorio regionale calabrese. Lo faremo depurandolo dagli sterili luoghi comuni che hanno accompagnato le varie posizioni di entrambi gli schieramenti.

 


“Questa è la riforma voluta dalle banche e dai poteri forti”, sostengono spesso i tifosi della posizione del NO. “Se non passa la riforma ci sarà il default, il crollo dei mercati e il collasso del sistema”, ribattono i tifosi del SI. Sciocchezze da una parte e dall’altra. Noi ci limiteremo ad esprimere la nostra posizione seguendo semplicemente le regole del buonsenso e del realismo politico.


“Sento che tutto tranne la vostra cortesia è contro di me: è soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa considerare come imputato”(…), questo è uno dei passaggi più drammatici del discorso che Alcide De Gasperi pronunciò alla Conferenza di Parigi del 1946. Una conferenza nella quale il grande statista democristiano entrò da sconfitto ma ne uscì politicamente vittorioso. Non so perché mi è venuto in mente quel memorabile intervento, riflettendo sulla posizione di Matteo Renzi di fronte al responso del referendum che il popolo sovrano ci consegnerà nelle prossime ore.

 

Sulla carta, infatti, Matteo Renzi si presenta da sconfitto, numeri, sondaggi e schieramento per il NO sembrano apparentemente maggioritari. Intendiamoci, almeno per la prima fase di questa lunga e aspra campagna referendaria, il presidente del consiglio, ha fatto di tutto per mettersi in questa situazione, personalizzando la riforma e caricandola di un significato politico che si poteva risparmiare, nella seconda parte però, quando il dibattito si è concentrato di più nel merito, il quadro venuto fuori va a tutto vantaggio dell’argomentazioni del Premier.


Analizziamo alcuni fatti. Quasi tutti si trovano d’accordo sull’esigenza che dopo 70 anni la Costituzione abbia bisogno di essere adeguata. Lo affermano anche alcuni che si sono posizionati sul NO. Se questa esigenza è reale dunque, al di là di alcune imperfezioni nell’impianto della proposta di riforma, se prevale il SI, è indubbio che un qualche cambiamento verrà introdotto, se prevale il NO, invece, tutto rimane immutato. Molto probabilmente ha ragione chi sostiene che alcuni profili della riforma siano pasticciati e, tuttavia, il bicameralismo nella sostanza verrà superato, il rapporto Stato/Regioni verrà ridefinito, il CNEL abolito e, di fatto, sul piano economico un’intera Camera soppressa, considerato che i nuovi Senatori saranno a carico delle Regioni di provenienza.

 

Si poteva fare di più? Certamente. Si poteva fare meglio? Altrettanto certo. Tuttavia qualche passo in avanti è stato fatto. I fatti, depurati dalla strumentalità politica sono questi. Negarli serve a poco. L’ostilità alla riforma dunque è essenzialmente politica, le forze schierate sul NO, infatti, prevalentemente, puntano a fare la pelle a Matteo Renzi. Posizione legittima, forse per certi aspetti comprensibilissima, considerato alcune asprezze con le quali il Premier si è relazionato con i suoi oppositori sia esterni che interni. Tuttavia, siccome in politica bisogna agire e votare analizzando il contesto e le conseguenze derivanti dal prevalere di una posizione rispetto all’altra, diventa doveroso interrogarsi sugli scenari del dopo voto.

 

Nel mondo, la politica sta rapidamente approdando verso derive populiste, xenofobe e razziste, nessuno fino a qualche mese fa avrebbe immaginato che alla Casa Bianca sarebbe arrivato un consigliere strategico che teorizza la supremazia della razza bianca, che in Ungheria sarebbe stato eletto un presidente che ha simpatie naziste e che in Francia la Le Pen, è a un passo dalla conquista dell’Eliseo, per non parlare della Brexit e di tutto il resto. È indubbio che in Italia il Grillismo e la lega di Salvini siano la variabile nostrana di questa deriva populista internazionale. In tutto il mondo, il rigurgito populista pare sia mosso dalla voglia di spazzare via l’establishment che ha governato fino ad oggi. Tali movimenti, piaccia o non piaccia, incarnano, oggi, l’esigenza di un rinnovamento fondato sulla rabbia e sulla paura.


La sinistra mondiale, purtroppo, ha fallito nel momento in cui non è riuscita a percepire il malessere di proprio di quei ceti che per tanti lustri aveva rappresentato. È ù altrettanto evidente che, in Italia, l’espressione di questo malessere verso la politica e l’establishment, allo stato, è interpretato dalle quelle forze che in questa campagna referendaria si sono posizionate sul NO e di cui Grillo e Salvini sono i maggiori esponenti. E qui però si manifesta un paradosso tutto italiano, questo movimento, di fatto “antisistema”, votando NO, invita a conservare il sistema. La si può girare come si vuole ma questa è la fotografia della situazione.

 

Inoltre c’è da aggiungere che le forze populiste italiane hanno diversi orientamenti e sono poco conciliabili tra loro, ciò significa che non sarebbero assolutamente in condizione di garantire la tenuta politica in uno scenario di emergenza istituzionale. Se il quadro politico dovesse collassare, ipotesi assai plausibile in caso di vittoria del NO, difficile pensare che Lega, Grillo, Rifondazione Comunista, la Sinistra di Fassina e D’Attorre e l’area di Bersani e D’Alema possano garantire la transizione alle elezioni e, soprattutto, varare una nuova legge elettorale per Camera e Senato. Cerchiamo di essere realisti e nessuno si senta leso, la vittoria del NO, aprirebbe uno scenario di estrema instabilità dalle conseguenze imprevedibili. Domenica, dunque, voteremo su due posizioni assolutamente chiare: SI alla Riforma oppure NO alla Riforma. Ci saranno tempi e modi, invece, per giudicare l’operato del governo Renzi.


Alla luce di ciò, dunque, ci viene assolutamente naturale parafrasare un vecchio detto popolare: “meglio l’uovo oggi che la gallina domani”, ovvero, meglio una media riforma oggi che un’eccellente riforma domani, soprattutto di un domani del quale non c’è nessuna certezza.


Pasquale Motta

Giornalista
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