Operazione Jonny. I rapporti tra Sacco e le Prefetture sono un’ombra sulla credibilità dello Stato

Serve conoscere la verità su chi, come e per quali motivi, per oltre 10 anni, nelle Prefetture, abbia continuato a rimpinzare di contratti milionari Leonardo Sacco e la sua Misericordia, nonostante informative, relazioni e comunicazioni degli investigatori sui suoi legami con le consorterie mafiose del territorio
di Pasquale Motta
15 maggio 2017
16:36

“Ai migranti veniva dato cibo che solitamente viene servito ai maiali”, parole dure e pesanti come pietre quelle rilasciate ai microfoni dei giornalisti dal Procuratore Capo della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, al termine della conferenza stampa sull’operazione Jonny  che ha portato all’arresto, tra gli altri, del referente della Misericordia di Isola Capo Rizzuto e lo storico parroco della cittadina Ionica, don Edoardo Scordio e il gestore del centro di accoglienza dei Migranti. 

‘Ndrangheta e migranti: arrestati pure don Scordio e Leonardo Sacco


 

Leonardo Sacco, governatore dell’associazione di volontariato “Fraternita di Misericordia” di Isola di Capo Rizzuto, nonché presidente della Confraternita Interregionale della Calabria e Basilicata, è stato arrestato questa mattina a Isola Capo Rizzuto. I reati che gli vengono contestati sono pesanti. In sostanza, secondo l’accusa, pare che Sacco, attraverso la Misericordia, si fosse “aggiudicato gli appalti indetti dalla Prefettura di Crotone per la gestione dei servizi – in particolare quello di catering -  relativi al funzionamento del centro di accoglienza richiedenti asilo “Sant’Anna” di Isola di Capo Rizzuto e di Lampedusa, affidati in sub appalto a favore di imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti”.

Tre mesi fa, sulla base di un’inchiesta del collega Giovanni Tizian dell’Espresso incentrata sulla figura di Leonardo Sacco,  avevo trattato la questione, nel consueto whatsapp in onda sulla nostra testata, soffermandomi sulle potenti protezioni del Sacco che lo rendevano impermeabile alle diverse segnalazioni e relazioni degli organi investigativi, tra le quali, quelle del ROS dei Carabinieri. Protezioni, quelle di Sacco che comprendevano quelle dell’ex Ministro degli Interni, Angelino Alfano. Il mio editoriale irritò molto il “sistema” della Misericordia e il suo patron, tant’è che, una serie di personaggi e “personaggetti”, alcuni a busta paga dell’impero imprenditoriale del Sacco, misero in atto una serie di pressioni sull’editore della nostra testata, con il malcelato obiettivo di delegittimare il mio operato. Iniziò una gara di messaggi con il fine di dipingere il Sacco come un “galantuomo e un benefattore”, vittima di un cattivo giornalista al servizio di politici nemici del sant’uomo di Isola Capo Rizzuto (sic). Potrei aggiungere, non senza un pizzico di amara ironia, visto gli atti dell’inchiesta di oggi e le parole di Gratteri: così benefattore da distribuire cibo per maiali ai poveri migranti. Chiaramente le pressioni e i consigli dispensati al nostro editore non sortirono nessun effetto, anzi, furono fermamente respinti e rispediti al mittente. Ma, a parte l’inciso, alcune domande a questo punto val la pena di riproporle.  

Sacco vinceva appalti con istituzioni dello Stato che avrebbero dovuto avere le informazioni necessarie per tutelarsi dal rischio infiltrazioni. Le prefetture, infatti, dovrebbero servire anche a questo, considerato che, sono loro che predispongono le relazioni per sciogliere i Consigli comunali, le interdittive antimafia, le certificazioni antimafia. Nel caso di Leonardo Sacco e della Misericordia di Isola Capo Rizzuto così non è stato. Anzi tutt’altro. Or dunque, al di la della evoluzione giudiziaria della vicenda e dei processi che ne conseguiranno, a questo punto, è lecito chiedersi:  come è stato possibile che nelle Prefetture si sia creato un corto circuito tale da determinare l’interruzione o la sospensione  di quella catena istituzionale che produce le informazioni necessarie per attivare  i controlli preventivi che dovrebbe tutelare le istituzioni dello Stato dalle infiltrazioni? Se basta la vicinanza ad un Ministro, quella tra Sacco e Alfano è ormai acclarata, per far saltare gli anticorpi dello Stato per proteggersi dalle infiltrazioni mafiose, non è difficile ipotizzare che in futuro ci potremmo ritrovare la ‘ndrangheta che gestisce le mense della Polizia di Stato.

La credibilità di un Paese, passa soprattutto da queste cose.  A questo punto la polemica politica imperversa. Sotto tiro si ritrova l’ex Ministro degli interni Angelino Alfano, attualmente Ministro degli Esteri, sono in molti che ormai che ne richiedono le dimissioni, non mi iscrivo a nessuna corrente di pensiero in tal senso, anche se qualche  elemento di opportunità istituzionale da valutare sulla sua permanenza in quella funzione il Governo ci sarebbe eccome, altri Ministri in passato, si sono dimessi per molto meno. Non basta però, individuare le responsabilità politiche in questa vicenda  e chiudere tutto all’italiana, come solitamente avviene nelle cose di casa nostra, sullo schema “Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto,/chi ha dato,/ha dato, ha dato,/scurdámmoce 'o ppassato,/ simmo 'e Napule paisá!” seguendo l’amara e speranzosa  metafora del ritornello di una celebre canzone del dopoguerra  di Peppino Fiorelli. Serve conoscere la verità su chi, come e per quali motivi, per oltre 10 anni, nelle Prefetture, abbia continuato a rimpinzare di contratti milionari Leonardo Sacco e la sua Misericordia, nonostante informative, relazioni e comunicazioni degli investigatori su i suoi legami con le consorterie mafiose del territorio.

Se ciò, non si verificherà, non basterà il buon lavoro della Procura antimafia con l’operazione Jonny per recuperare la pessima figura delle istituzioni dello Stato, su un episodio di infiltrazione assai inquietante e che, ancora una volta, svela come la criminalità organizzata sia in grado di farsi beffa di leggi e regolamenti. Infine, la vicenda dimostra definitivamente che i privati non possono gestire l’accoglienza dei Migranti così come l’abbiamo conosciuta fino ad ora. Girano troppo soldi e quando girano troppi soldi anche i buoni propositi finiscono per deragliare. E’ indubbio che questo sistema va radicalmente cambiato, in 15 giorni sono stati scoperchiati due centri di malaffare, Camigliatello e Isola Capo Rizzuto ed è facile immaginare che altre realtà del genere si celano in tutto il paese. Una situazione che a questo punto va affrontata con un’azione rigorosa di controllo da parte delle istituzioni del paese. Lasciare solo alla Magistratura il compito di scoprire le magagne del sistema, contribuirà alla graduale perdita della faccia dello Stato, delle sue istituzione e, ovviamente della Politica.

 

Pasquale Motta

Giornalista
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