Italicum, Calabria, ambasciatori e dintorni

L'Italicum è stato approvato. Una sessantina i deputati del Pd che, alla fine, hanno votato contro, ricompattando di fatto sul merito una minoranza che sulla fiducia si era articolata.
di Pasquale Motta
5 maggio 2015
11:13

La retorica renziana ha cercato di far passare la parola d’ordine che in Parlamento si fosse consumata una battaglia tra conservatori e innovatori del sistema Italia, un tentativo che si è rivelato una mistificazione. In realtà, è passata una legge del tutto simile alla precedente: il Porcellum  nominava il 100% dei parlamentari, l'Italicum l'80.  L'Italicum, inoltre,  per certi aspetti, può  considerarsi peggiore del Porcellum, perché introduce la categoria dei deputati di serie A, quelli cioè, nominati dal "Principe" e, i deputati di serie B che dovranno cercarsi i voti per essere eletti. Un pasticcio, un obbrobrio istituzionale, molto probabilmente incostituzionale come la precedente legge bocciata dalla consulta. Durante l'iter dell'approvazione si è consumata una discussione tutta condita dalla retorica del renzismo più becero,  un dibattito  nel quale hanno prevalso più che la discussione sul merito, gli slogan coniati dal Premier e, propagandati da un salotto televisivo all'altro, dalle seducenti disquisizioni costituzionali della principessina del regime, Maria Elena Boschi, considerazioni tali, quelle della Boschi, da far rivoltare nella tomba il più moderato dei padri costituenti. Etichettare dunque, questa battaglia, come lo scontro tra conservatori e innovatori, e’ assolutamente ridicolo, sempre che, le parole abbiano ancora un senso.


Il mio amico Aldo Varano, su Zoomsud, fa un'analisi nella quale mette in relazione la vicenda dell'italicum con le prospettive della nostra Regione. Non condivido nulla di tale analisi, anche se, debbo convenire che, come sempre, il ragionamento sviluppato dal buon Varano, offre spunti e contenuti interessanti.  




In sostanza Varano riassume tutta la vicenda nazionale in 3 questioni:
1) L'Italicum come momento di rottura più importante con le pratiche passate del centro-sinistra di tutto il '900;
2)  la minoranza Dem, descritta come espressione  all'establishment italiano, al quale Renzi, con l'approvazione dell'Italicum, avrebbe dichiarato guerra;
3) approvazione dell’Italicum come azione di rottura e discontinuità. Un’azione che dovrebbe far bene al Sud, anche se,  Varano ammette comunque, che sul Sud, Renzi non abbia fatto, allo stato, scelte positive.


Rispetto le opinioni di Aldo che, tra l'altro stimo personalmente e culturalmente, però mi chiedo: di che cosa stiamo parlando?
Renzi fin  da quando è comparso sulla scena nazionale, annuncia rivoluzioni, riforme e rottamazioni. Quelle che ha fatto realmente, si sono rivelate o si stanno rivelando assolute patacche. Possiamo considerare rottura la riforma delle Province che ha tolto sovranità al popolo aprendo la strada alla più volgare pratica di consociativismo?  Possiamo considerare  rottura l'approvazione della riforma del mercato del lavoro chiamato Job act? L'INPS, l'Istat, proprio in questi giorni, si sono incaricati di smentire i dati annunciati sulla crescita dell'occupazione e sbandierati ai quattro venti dallo stesso Premier. Possiamo considerare rottura la riforma della scuola che, di fatto, trasformerà  i dirigenti scolastici in tanti piccoli ducetti, i quali, considerando la natura fisiologica di questo paese,  e’ immaginabile che  trasformeranno i loro piccoli presidi di potere, in tanti piccoli Ducati clientelari? Si può considerare rottura il mini rimescolamento di boiardi di Stato, ai quali  dovevano essere abbassati stipendi e poteri, propositi che, invece, sono stati sotterrati dalle pernacchie di Moretti? Per non parlare delle dichiarazioni di guerra alle regole dell’Europa alla vigilia della presidenza del semestre italiano, una presidenza che, invece, è passata senza che nessuno si sia accorto minimamente del ruolo del nostro paese, rivelandosi assolutamente inconcludente.


Varano, su una cosa ha ragione, quando sostiene che, le motivazioni che hanno prodotto  la battaglia politica e parlamentare all'interno del PD, prevalentemente, non siano riconducibili a questioni di merito. È vero. I motivi sono molto ma molto più miseri purtroppo. La vera battaglia, in realtà,  è la rincorsa, da parte di molti Parlamentari, della conquista della nomina  di quel centinaio di capilista nei collegi elettorali che consentirà di arrivare in Parlamento senza passare per le elezioni. Renzi che, nella tattica interna si sta rivelando abilissimo, lo ha capito bene e, avendo a disposizione il potere di quel  centinaio di nomine che gli consentirà l’Italicum, chiaramente e abilmente,  le ha promesse ad almeno 300 aspiranti, con la sua solita formula: "state sereni, vi nomino io". E’ proprio grazie a questo deterrente che, molto probabilmente, molti esponenti della cosiddetta minoranza si sono consegnati al "Principe" toscano e,  con essi,  anche molti di quei baldi giovanotti che, un giorno, si definirono "giovani turchi" e che, volevano cambiare il mondo, un impeto rivoluzionario, il loro, domato con molto meno di un “pugno di grano”. Il nocciolo della questione sta tutto qua, soprattutto in Calabria e ciò, con  buona pace del simpatico Brunello Censore di Serra San Bruno, il quale, per giustificare la sua trasformazione da Bersaniano di ferro a Bersaniano di latta, si è autoproclamato “ambasciatore” della Calabria alla corte di Re Renzi. La sostanza è che, l’impegno del governo Renzi verso la Calabria è prossimo allo zero, e ciò, al lordo, dei commissariamenti, perfettamente in linea con gli altri Governi di destra e sinistra, degli annunci e delle promesse del Presidente del consiglio nei suoi viaggi lampo nella nostra Regione. Su questo si dovrebbe aprire una seria discussione, in relazione però, alla qualità dei renziani calabresi nel governo, nel partito e nel Parlamento, dubito che l'approvazione di una pessima legge elettorale possa rappresentare una boccata d'ossigeno per la nostra regione, oppure, come sostiene Varano, un momento di rottura benefico anche per la Calabria, anche perché, la geografia parlamentare disegnata da Aldo Varano, in questa terra, è un po' più semplice da come egli la declina; da quattro lustri, infatti, l'unico nominato certo della Calabria in Parlamento, è Marco Minniti e, da altrettanti lustri, è anche l'unico sempre al Governo, forse, un momento di rottura di questo schema, farebbe bene alla sinistra calabrese e alla rigenerazione dei rapporti tra Roma e la Calabria. E forse, sarebbe utile che  della qualità della truppa renziana calabrese a Roma, prima o poi si discutesse, i calabresi, prima ancora dei democratici, debbono poter essere messi in condizione di capire chi rema contro la Calabria.

Pasquale Motta

Giornalista
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