Donald Trump è il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America. Il quarantasettesimo. Ma è stato anche il quarantacinquesimo. Ma è stato anche tanto altro, nella sua folle e spericolata e intensa vita. E The Apprentice – Alle Origini di Trump (film del 2024 diretto da Ali Abbasi e ora su NOW, ndr) lo racconta bene.

Ma facciamo un passo indietro. Il film, come suggerisce il sottotitolo italiano, racconta le origini di colui che sarebbe diventato il Presidente degli Stati Uniti, nonché – prima – una delle figure di spicco e più influenti dell’economia globale. E lo fa con un Sebastian Stan immerso totalmente nel ruolo del tycoon, tanto che è stato candidato agli Oscar 2025 come Miglior Attore.

The Apprentice (il titolo viene preso in prestito dal programma della NBC che ha visto Trump conduttore per ben 14 edizioni, ndr) è ambientato negli anni 70 e vede un Trump affamato di successo, disposto a tutto pur di realizzarsi, di entrare nel giro che conta, che frequenta locali alla moda con i pezzi grossi degli States e di quei pezzi grossi è ossessionato, perché vorrebbe egli stesso esserne uno.

E allora ecco che vediamo Donald Trump in giro per una New York che cambia, che si trasforma, più ricca che mai ma allo stesso tempo tumultuosa, cosmopolita, sfrenata, lussuriosa, in balia di “squali” pronti a tutto pur di dominarla. Ed è così che il promettente Donald Trump viene preso sotto l’ala di un avvocato di successo, Roy Cohn (interpretato da Jeremy Strong), che gli svela i segreti del mondo degli affari e lo avvia a ciò che poi, in futuro, Donald Trump sarà.

Donald Trump, il vero Donald Trump, ha odiato questo film, tanto da scrivere sul suo social network Truth: «[The Apprentice] È un film falso e privo di stile, diffamatorio e politicamente disgustoso. Spero che sia un flop». Flop o no, The Apprentice ha fatto rumore ed è arrivato ai membri dell’Academy, tanto da candidare Sebastian Stan – come già detto – come Miglior Attore.

Capitolo Stan: l’attore fa il suo compitino, incarna un uomo dalla personalità forte, ma anche dalle tante sfumature, dalle zone d’ombra, dagli eccessi, dagli errori, ma con questo ruolo e questo film non rimarrà nella storia. Il film, infatti, è un film decisamente coraggioso, vero, ma è incompleto, come se mancasse d’anima, come se mancasse qualcosa appunto.

Quel che è certo e che c’è, invece, è il modo tutto di Trump di stare al mondo, con le sue regole, i suoi ideali, la sua spregiudicatezza, i suoi tradimenti, il suo essere così spudorato e determinato a conquistare prima un pezzo di New York, poi sempre di più, fino a conquistare tutto, ovvero l’intera America.

Come? Con tre semplici regole, come dice alla fine del film. La prima: «Il mondo è un casino. Bisogna sempre reagire, avere la pelle dura. Se una persona ti vuole aggradire con un coltello, tu gli spari con un bazooka». La seconda: «Cos’è vero? Quello che dico io è vero. Negare ogni cosa, non ammettere niente». La terza e ultima: «Mai ammettere la sconfitta, dichiara sempre che hai vinto». Ecco, sta proprio in queste tre “semplici” regole la natura e la personalità di Trump. E la sua ascesa. «Ho vinto tanto, anche quando dicevano che avevo perso». Il tutto con «un istinto da killer».

Insomma… Ecco il ritratto del vero Trump. Del Trump che era negli anni ’70 e che è rimasto poi negli anni a venire, fino ad arrivare – con spregiudicatezza e piglio – ad essere (di nuovo) il Presidente degli Stati Uniti. Tra mille polemiche e l’appoggio della sua gente che, pare, gli perdoni tutto.