Mentre attendiamo di sapere – a ridosso delle prossime elezioni regionali calabresi – se saremo in condizione di esercitare le nostre libertà politiche per quella che sarà la concreta situazione pandemica presente nel nostro territorio, le segreterie dei partiti e dei movimenti civici sono alle prese con la definizione delle liste dei candidati a consigliere regionale e a presidente della Giunta regionale.

Non prendiamo la parola per valutare il ‘toto-nomi’ che si rincorre anche in questi giorni di festività, ma per richiamare all’attenzione del lettore-elettore uno dei principi del costituzionalismo contemporaneo: la responsabilità politica.

Le responsabilità non sono solo quelle civili, amministrative, contabili e penali (in una parola quelle strettamente giuridiche), vale a dire quelle connesse ad una precisa situazione nella quale un soggetto è chiamato a rispondere della violazione di un obbligo prestabilito da un accordo chiaro e puntuale, ma sono anche quelle politiche, che nascono implicitamente da un accordo che per propria natura ha caratteristiche meno definite e puntuali ma non per questo meno vincolanti.

Negli ultimi anni abbiamo conosciuto in Italia e in Calabria un esercizio distorto della pratica (e dunque del concetto) di responsabilità politica. Essa è diventata lo scudo dietro il quale il rappresentante-eletto sfida apertamente l’opposizione, gli organi di garanzia o la magistratura per affermare una precisa scelta, basata, per l’appunto, sulla decisione di rispondere unicamente all’elettore, in una cornice che si definisce sempre più populistica. Questo intento – per chi lo pratica – palesa un approccio retorico del concetto di responsabilità politica e serve a smarcarsi dal dialogo con gli altri partiti politici presenti nel consesso in cui si opera, ovvero a difendersi (contrattaccando) dalla giustizia sovente aggettivata come politica ovvero ‘ad orologeria’.

Tale approccio non è condivisibile né apprezzabile. L’istituto della responsabilità politica diffusa ricade sull’eletto e su chi lo propone come candidato e non già sull’elettore.

L’elettore deve esercitare il suo controllo sull’operato del proprio rappresentante in modo oculato e responsabile, vale a dire valutando il contesto, la storia e la precisa situazione in cui questi ha operato. Quindi è l’elettore che giudica la responsabilità politica che è propria del candidato. L’elettore non ha davanti a sé un contratto, una legge, una convenzione da usare come parametro conformativo per valutare il candidato, ma piuttosto il suo operato politico, così come le scelte (e gli effetti delle stesse) operate dal gruppo o partito politico di riferimento ha assunto.

Nelle forme di governo parlamentare o neo parlamentare (con l’elezione diretta del Presidente della Giunta e del Consiglio regionale), la responsabilità politica non si fa valere solo con una mozione di sfiducia da parte di un organo nei confronti di un altro (dipendendo il secondo dalla volontà politica del primo), ma si fa valere anche nel giorno delle elezioni; con essa l’elettore ha la capacità e la possibilità di sanzionare o premiare il candidato per ciò che ha fatto (se mira alla ri-elezione) o che farà (se mira alla elezione).

L’auspicio è che il corpo elettorale calabrese sappia valutare l’operato della classe politica calabrese prodotto negli ultimi lustri e che ha portato la nostra regione al punto in cui si trova posizionandola in una ‘situazione rossa a prescindere. Si è certi che l’elettore conosce i nomi dei diversi responsabili della condizione di grave arretratezza in cui è costretta la nostra regione. Di fronte alla responsabilità politica della classe dirigente, la sanzioni. Se vorrà far valere il suo diritto di scelta, ne ha la possibilità; se ci riuscirà, vorrà dire, anche, che il sostanziale distacco degli organi regionali dalla volontà popolare si sarà ridotto, così come l’astensionismo, altra forma di sanzione, ma il più delle volte controproducente. Non è un caso che l’astensionismo degli elettori calabresi è stato, nel 2014 e 2019, alto. Eccessivamente alto.

In definitiva, la responsabilità politica si risolve in primis nella capacità dei gruppi e dei partiti politici (tutti inclusi) di saper riformare il loro apparato e presentarsi agli elettori con programmi credibili e supportati dalla scelta di candidati altrettanto credibili, non potendo una mera novità di candidatura presentata sul piano politico costituire in sé un fattore di attendibilità che, come visto, non può darsi aprioristicamente.

Sottolineando ancora una volta che la responsabilità politica è dell’eletto e non già dell’elettore, su quest’ultimo ricade piuttosto la scelta del candidato e la possibilità di sanzionarlo per come ha politicamente operato; e l’elettore, per la scelta che liberamente compirà, non potrà essere stigmatizzato. Detto ciò, l’elettore deve avere consapevolezza della importanza del suo voto, soprattutto nella prossima tornata elettorale, la cui importanza non può sfuggire se non ad una visione miope. La sfida che pone per il sistema paese (per la Calabria e l’Italia) il Next Generation Europe, in fase di definizione in ogni Stato, è certamente tale da determinare per i prossimi anni (e decenni) lo sviluppo sostenibile, la crescita economica, sociale e democratica di noi calabresi.

*Ugo Adamo, costituzionalista e docente Unical