Non è ossequio puramente formale affermare che il presidente Sergio Mattarella è un giusto. Sarà duro il momento in cui bisognerà scegliere chi lo dovrà sostituire, perché quest’uomo integro ed onesto è, con ogni probabilità, l’ultimo galantuomo del sistema politico nazionale e qualsiasi scelta futura sarà, per forza di cose, in peggio.

Ma il doveroso rispetto e la ragionata quanto sincera stima che Mattarella suscita per la sua autorevolezza non dovrebbe mai mettere la sordina alla coscienza critica sul terreno della conoscenza storica e della valutazione politica dell’attualità.

Di recente il presidente ha voluto affrontare un tema in realtà politico, cioè quale dovrebbe essere o continuare ad essere l’atteggiamento dell’Italia rispetto alla persistenza del conflitto in Ucraina ma anche rispetto alle modalità di un eventuale, per il momento ipotetico, processo di pacificazione.

Questo è, in sé e per sé, non solo evidentemente legittimo ma anche del tutto logico.

La peculiarità di quest’ultimo intervento istituzionale del presidente è però il suo essersi servito non delle categorie della politica, come sarebbe stato ovvio aspettarsi, ma di quelle della storiografia o, quanto meno, del paragone storiografico.

Nello specifico il presidente Sergio Mattarella ha dichiarato che l’aggressione militare russa all’Ucraina è “della stessa natura” di quella della Germania nazista all’Unione Sovietica durante la seconda guerra mondiale, suggerendo di fatto, anche se non apertamente, un’analogia sostanziale tra il governo di Vladimir Putin nella Russia di oggi ed il nefasto regime nazista della Germania di ieri.

Ma, con tutto il rispetto, questa affermazione è una madornale sciocchezza.

Nessuna analogia qualitativa è possibile tra la leadership di Putin, che è quella di un governo autoritario dai tratti dittatoriali, odioso quanto si vuole ma formalmente eletto, e quello che storicamente è stato il dominio della croce uncinata.

In questa sede ci piace sommessamente ricordare Primo Levi, che certo, con tutto il rispetto, di nazisti se ne intendeva più di Mattarella, quando disse una semplice ed elementare verità: “La macchina nazista resta incomparabile”.

Dispiace dunque, con tutto il rispetto, che una figura limpida come Sergio Mattarella questa volta sia sprofondata in una storiografia orecchiata ed all’ingrosso, oltre che certamente da incompetenti, che non rende giustizia alla caratura della sua personalità.

Ci si potrebbe fermare a questo dispiacere e dire “tant’è, anche i giusti possono sbagliare”.

Ma un simile sbaglio, nella situazione attuale, non poteva non avere conseguenze.

Le dichiarazioni di Mattarella sono state infatti controbattute, qualche giorno dopo, dalla portavoce del governo russo, che le ha definite “blasfeme”, malauguratamente con qualche ragione.

Questa risposta ha suscitato un’alzata di scudi a livello nazionale, che ha visto non solo, ovviamente, il governo Meloni, ma anche tutta l’opposizione, definita “di sinistra” a dispetto di ogni logica, ergersi a difesa del presidente, entrambi indignati da quella che Giorgia Meloni in persona ha definito “un’offesa all’Italia”.

Non è certo la mia opinione quella che conta ma, sempre con tutto il rispetto, io non credo che le parole provenienti da Mosca siano una “offesa” di qualsiasi genere, se di storia parliamo. Sono invece le parole del nostro presidente ad essere un’offesa alla verità storica e personalmente non mi sembra corretto rispondere alla Russia con cattivo umore, tutto politico e tutto attuale, su una questione che, di nuovo, è stato il nostro presidente a volere spostare su un terreno storiografico.

Quello che fa Vladimir Putin ha un nome, si chiama imperialismo. Ma imperialismo non significa automaticamente nazismo o altra cosa “della stessa natura”.

Alla nostra cosiddetta “sinistra”, impegnata nell’indignazione a senso unico senza il minimo senso di sé stessa, varrebbe poi la pena di ricordare che l’avere avuto, a suo tempo, un leader come Stalin, certamente più ripugnante di Putin, non ha storicamente impedito alla Russia, allora nella forma dell’Unione Sovietica, di combattere una guerra di Liberazione dell’intera umanità e di sconfiggere decisivamente quel nazismo che oggi le viene con tanta leggerezza attribuito. Stalingrado non è stata proprio una parentesi storica. Forse la storia degli altri andrebbe trattata con lo stesso rispetto della nostra.

Nell’immediato però le parole non molto ponderate di Sergio Mattarella hanno purtroppo dato il via libera alle solite inutili emissioni di fiato da parte dei leaders politici di governo e di opposizione, i quali, essendo di preparazione culturale, diciamo così, più “fragile” di quella del presidente della Repubblica, sono capaci di semplificazioni molto più grossolane, del tipo “non solo Putin come Hitler, ma Hitler come Stalin e Stalin come Hitler, dunque, per transitività, Putin come Hitler e Stalin”, in modo che tutti i salmi finiscano in gloria. Particolarmente insultante è stata la boriosa supponenza del ministro Guido Crosetto, che prima ha definito “sedicente” la portavoce russa e poi ci ha spiegato che lui, l’intrepido, l’ha “tenuta al suo posto”. Sembrava il tormentone comico di Totò, “Lei stia al suo posto, ha capito? Mascalzone!”.

Particolare forse non di poco conto. In questi giorni il “vice” del presidente Trump, sì quello dell’assalto a Capitol Hill, impartisce all’Unione Europea lezioni di buone maniere democratiche perché i Tedeschi trattano con poco rispetto i nipotini del Terzo Reich nazista.

Ebbene, in Italia siamo così “europei” che nessuno ha fiatato. Di fronte alla “voce del padrone” nessuno si deve sentire offeso. Siamo alleati fraterni da sempre. Non ci dimentichiamo che, quando Trump è stato eletto, Giorgia Meloni è stata la prima a scappare negli Stati Uniti a scodinzolare ed a guardarsi Elon Musk come una giovane innamorata. Beh, che male c’è? Non è solo l’Italia di Giorgia Meloni ma l’intera Unione Europea a pensare a sé stessa come ad un doppione della NATO, che in teoria, dopo la fine della “guerra fredda” si dovrebbe considerare un anacronismo. E meno male che abbiamo superato i paradigmi del Novecento!

Ma, al di là di ogni altra considerazione politica di merito, questo blocco granitico ed omologato che è oggi il sistema politico italiano, saldamente unito solo nella messa alla berlina del prossimo potenziale nemico, non è uno spettacolo preoccupante?

Tutto questo conformismo non è una rappresentazione plastica di quella morte dell’intelligenza che è, per definizione, uno scenario di guerra?