Abolendo il reato di abuso d’ufficio si commetterebbe un’ingiustizia colossale. Si rischia, senza questa fondamentale “diga”, di generare clientele spaventose, favoritismi diffusi, sopraffazioni e angherie a danno dei più deboli o dei meno furbi, forzature nella gestione della cosa pubblica e quindi delle risorse finanziarie collettive, distorsione evidente del libero mercato, soffocamento della meritocrazia. E lo sarebbe tanto di più al Sud dove il peso della pubblica amministrazione sull’economia, sulle imprese e sul diritto al lavoro, in maniera diretta o indiretta, è decisivo. Ogni cittadino legga bene (lo faremo assieme) i contenuti dell’articolo 323 del Codice Penale che potrebbe essere da qui a breve abolito: «Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità». La norma è nata con la volontà specifica dello Stato di tutelare il buon andamento della Pubblica Amministrazione, il che è un bene di tutti, irrinunciabile, ma anche di difendere ogni singolo cittadino dalle possibili prevaricazioni dell'autorità.

Leggi anche

Ritorniamo alla realtà di un Sud in cui il rapporto tra elettori ed eletti, che poi si insediano come amministratori nei diversi enti pubblici ed effettuano nomine in tantissimi apparati, non si ispira sempre e universalmente alle forme più alte di civismo, ed è troppo spesso caratterizzato da fenomeni degenerativi più volte messi in evidenza da molte inchieste della magistratura: vero e proprio scambio di voto, assegnazione pilotata di incarichi o di lavori, espletamento anomalo di concorsi, chiamate dirette per posti di lavoro a seguito di valutazioni personalistiche, costituzione di centri di potere anomali finalizzati più al perseguimento degli interessi di lobby che non al compimento dei princìpi della Costituzione Repubblicana.

Leggi anche

Il Nord non è indenne da situazioni di questo tipo, ma l’economia privata è più forte e articolata, per cui il peso specifico delle amministrazioni pubbliche sulla vita dei cittadini, delle imprese, dei professionisti è meno strategico che nel Mezzogiorno. Dietro l’abuso d’ufficio si possono nascondere altri reati, quali la corruzione, che sarebbe ancora più difficile dimostrare. Il tessuto democratico del Paese, gli intellettuali, il mondo della cultura, la stampa, e chiunque abbia a cuore la salvaguardia dello Stato di diritto, dovrebbero attivarsi immediatamente per far comprendere all’opinione pubblica quale rischio enorme si stia correndo. Né questo ragionamento significa in alcun modo “criminalizzare” la politica o la pubblica amministrazione che continuano ad essere popolate da una maggioranza di persone perbene e rispettose delle Leggi. Al contrario, il nostro ragionamento mira a isolare ancora di più e ad emarginare ogni potenziale forma di deviazione ed ogni atteggiamento poco pulito e poco trasparente.

Peraltro proprio in questi ultimi mesi sono state elevate le soglie per i cosiddetti “affidamenti diretti” per cui l’amministrazione può affidare con importi più alti rispetto al passato uno specifico servizio, quale la progettazione o la realizzazione di una determinata opera, senza indire una gara d’appalto e senza consultare degli operatori economici tra i quali scegliere. Ha senso affiancare a questa maggiore discrezionalità l’abolizione del reato di abuso d’ufficio? Mobilitarsi!