Non colgo il senso di vicende come quelle del generale libico, dove emergono le posture di approssimazioni inaudite. Le polemiche dopo la liberazione del generale libico, accompagnato con tutte le attenzioni, hanno creato una diffusa nebulosità che impedisce di vedere e sapere.

C’è un ping pong delle responsabilità sul rilascio tra Procura della Repubblica di Roma e Governo.
La Procura sostiene che per l’atto costituivo della CPI (l’insediamento avvenne a Roma) la responsabilità della decisione del trattenimento era del Governo che pur sollecitato, attraverso il ministro della Giustizia, non avrebbe ottemperato.

In assenza, il rilascio della Procura era un atto obbligato. A questo segue la bagarre tra Governo e Procura per la trasmissione da parte della Procura di Roma di un ricorso, per l’uso improprio dell’aereo di Stato per riportare il libico a casa, nei confronti del presidente del Consiglio, del ministro della Giustizia, del ministro dell’Interno e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Mantovano.

Le accuse del Governo nei confronti del procuratore Lo Voi sono violente: una pagina non luminosa.
Lo scontro fra potere esecutivo e l’ordinamento giudiziario è sconcertante.

La presidente del Consiglio parla di un atto da parte della Procura che colpisce la Nazione; il capo del Governo è sottoposto alla legge e lo Statuto Albertino che considerava sacra e inviolabile la figura del sovrano è stato sostituito dalla Costituzione repubblicana, che si vorrebbe modificare seguendo un percorso illiberale.
In tutto questo la liberazione di un personaggio ritenuto torturatore e assassino non è più al centro del dibattito. Forse la trasmissione degli atti al Tribunale dei Ministri da parte della Procura ha alzato un polverone, che è risultato utile alla Meloni per procrastinare le risposte, che pur il Governo dovrà dare.

Sentire il presidente del Consiglio dire da qualche anno, che non si fa ricattare, è una sofferenza. È bene che dica chi la ricatta facendo nomi e dando riferimenti puntuali. Altrimenti sono dichiarazioni che danneggiano il Paese.

La reticenza è un comportamento comunque biasimevole.
La immagine negativa del Paese l’ha data la liberazione di un criminale.
Forse è il tempo di rivedere gli accordi, fatti da un governo di sinistra, che riempie di risorse i libici per mantenere dei veri lager dove si consumano delitti efferati contro l’umanità.
Questi sono i veri temi.

Viviamo in un clima decadente dove la politica è un ricordo.
Nel passato nessun presidente del Consiglio avrebbe creato tensioni, ma avrebbe ricercato il modo di affrontare la situazione con pacatezza senza riserve e nascondimenti. Sta venendo forse il momento di frenare, sottraendo le pietre a coloro che stanno lapidando ciò che rimane della nostra storia e cultura democratica.
Lo spero fortemente!