Dalle dichiarazioni di Giorgia Meloni su un avviso di garanzia che in realtà tale non è al caso Al-Masri: non importa più ciò che accade ma ciò che viene raccontato
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Viviamo in un’epoca di simulacri, in cui la verità è stata smembrata, rielaborata e riconsegnata al pubblico sotto forma di slogan, di frasi ripetute fino alla nausea, fino a trasformarsi in dogmi. Gli eventi recenti ne sono la conferma, la realtà non è più qualcosa che si constata, ma qualcosa che si costruisce.
Giorgia Meloni ha dichiarato di aver ricevuto un avviso di garanzia, eppure ciò che ha ricevuto non è un avviso di garanzia, bensì una comunicazione prevista dalla legge costituzionale n. 1 del 1989, che stabilisce che Ministri e Presidenti del Consiglio siano giudicati da un apposito Tribunale dei Ministri, anziché dai tribunali ordinari. In questi casi, il procuratore non sta notificando la fine di un’indagine, bensì il semplice avvio di un iter previsto dalla legge. Parlare di "avviso di garanzia" significa alterare i fatti, amplificare una distorsione. Eppure, il Paese accetta questa scandalosa versione su l'ennesimo attacco subito, con una passività sconcertante, come se la menzogna non fosse più un'eccezione ma la regola.
Un altro esempio di questa pericolosa manipolazione della realtà è il caso di Mohamed Al-Masri, capo della polizia giudiziaria libica, uomo al centro di un mandato d’arresto internazionale per crimini contro l’umanità. L'Italia, invece di trattenerlo, lo ha lasciato tornare in patria. La giustificazione ufficiale? La richiesta della Corte Penale Internazionale non sarebbe stata trasmessa come previsto dalla legge. Ma i documenti dicono altro, la Procura di Roma ha informato il Ministro Nordio il 20 gennaio, e Nordio non ha fatto nulla.
Al-Masri è stato imbarcato su un volo per la Libia e rimandato a capo di quei lager in cui ogni giorno vengono torturate, violentate e uccise persone senza nome, senza volto, senza diritti.
Alla radice di questo orrore c’è il Memorandum Italia-Libia, siglato nel 2017 e rinnovato automaticamente ogni due anni da governi di ogni colore politico. Un patto scellerato che prevede il finanziamento delle autorità libiche affinché trattengano i migranti in veri e propri lager, impedendo loro di partire.
Un accordo di cui nessuno parla con reale indignazione, forse perché la verità sarebbe troppo scomoda. La politica italiana, al di là della retorica, ha accettato la logica della tortura come strumento di contenimento.
Perché l’opposizione non ne parla? Perché il Memorandum lo ha firmato Minniti, allora Ministro del centrosinistra, e nessuno vuole toccare il tabù delle proprie responsabilità.
È qui che si manifesta la nostra tragedia, la realtà è stata sostituita dalla sua rappresentazione. Non importa più ciò che accade, ma ciò che viene raccontato, e chi controlla il racconto controlla il mondo. È il paradigma orwelliano: “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato.” La politica non governa più gli eventi, ma li riscrive. Gli scandali vengono modulati a seconda della convenienza, le parole vengono svuotate di senso e poi riempite di nuovi significati, adattati alle necessità del potere.
Il vero scandalo non è ciò che accade, ma il modo in cui viene normalizzato.
Non stupisce, quindi, il silenzio dell'opposizione, questa non è una battaglia di destra o di sinistra, è una battaglia tra chi ancora crede nella realtà e chi ha accettato di vivere nella sua simulazione. Quando Hannah Arendt parlava della “banalità del male”, non si riferiva solo agli atti efferati, ma alla passività con cui le persone smettono di interrogarsi, smettono di opporsi. Oggi il male non ha bisogno di giustificarsi, gli basta esistere in un mondo in cui tutto è vero e falso allo stesso tempo.
L'Italia è un Paese in cui la verità non viene più negata soltanto attraverso la censura, ma con la moltiplicazione delle versioni, in cui i fatti si dissolvono in un caos di narrazioni contraddittorie, fino a che nessuno ha più il tempo o la forza di discernere il vero dal falso. Un paese in cui la menzogna non si impone non soltanto con la forza, ma anche con l’indifferenza.
E allora mi chiedo, siamo ancora in grado di riconoscere la verità quando la vediamo? O siamo diventati come quei prigionieri della caverna di Platone, che scambiano le ombre per la realtà e la realtà per un inganno?
Forse la risposta è già scritta nelle strade delle nostre città, nel modo in cui la gente cammina, guarda, parla e accetta. Perché non c'è peggior tragedia di un popolo che ha smesso di farsi domande.