Quando l'estate scorsa formulavamo l'ipotesi di una Mani Pulite in salsa calabrese, e soprattutto catanzarese, con uno scenario simile a quello dei primi anni Novanta, dapprima in Lombardia e poi a seguire in tutto il resto d'Italia, non eravamo lontani dal vero. Anzi, tutt'altro. È però giunto il momento di riepilogare i fatti e capire tutto questo in che cosa potrebbe sfociare, anche perché nel caso di specie le nostre doti divinatorie c'entrano poco o nulla.

La realtà è assai diversa e attiene semmai alla conoscenza di una città sonnacchiosa, indolente e all'apparenza statica. Ma, in verità, molto attiva al riparo dalla luce del sole, negli angoli bui del malaffare, dove gli 'scampati' alle inchieste in serie del procuratore Nicola Gratteri sperano di farla definitivamente franca, se non persino di trarre profitto dall'azzoppamento (per puro caso, sia chiaro) di qualche scomodo avversario o soltanto di un personaggio ingombrante (tutti attinti da un qualsivoglia provvedimento giudiziario) i quali potevano frapporsi ai loro disegni di sicuro di natura lobbystica e con ogni probabilità anche di stampo criminoso in nome di quel famigerato Dio Denaro che ha corrotto le menti e i cuori di donne e uomini ab origine anche di grande spessore umano e culturale.

Gente che, come nell'ormai lontano '93, in piena bufera Tangentopoli, già guardava oltre. Ed è così che, mentre a partire da Rinascita-Scott il dottor Gratteri "liberava spazi ai giovani e alle persone perbene", proseguendo con le varie operaziomi Katarion, Golgota, Imponimento e Basso Profilo, solo per citarne alcune, la cosiddetta Catanzaro Bene (Gesù Cristo ce ne scansi e…!) si organizzava politicamente pensando al dopo ovvero a quelle competizioni elettorali a cui presentarsi con una ritrovata 'verginità' persa in realtà decenni prima con una forza o un movimento - moderati, di ispirazione cattolica e di collocazione centrista - mai visti fino ad adesso.

Parliamo di un 'contenitore', una sorta di lista civica all'insegna del… C'è qualcosa di nuovo nell'aria, anzi d'antico, in cui riciclare vecchi arnesi (non necessariamente sotto il profilo anagrafico o degli incarichi ricoperti in passato) e 'prestanomi freschi freschi', replicando in piccolo il panorama di inizio '94 in un Paese ancora travolto da uno tsunami generato dall'azione del pool milanese di magistrati che travolsero con le loro super-indagini i pezzi pregiati e i pedoni di uno scacchiere politico capace di reggere per quasi mezzo secolo.

 

Unico partito al riparo dal maremoto meneghino, il Pci o Pds (dal febbraio '91), la cui abilità nel non mostrare crepe e una cospicua dose di buona sorte vorrebbe ora essere mutuata da quei scaltri loschi figuri del capoluogo in grado di "nescira da caddara senza ma si tingianu" (espressione tipica più o meno traducibile così: usciti dalla pentola contenente il condimento senza sporcarsi). Un progetto però sempre a forte rischio, appeso a un filo, almeno fin quando a lavorare in città ci sarà un servitore dello Stato, armato soltanto di una toga e con un 'vizio', in questo nient'affatto simile ad alcuni suoi 'infedeli' colleghi del passato: non essere 'culo e camicia' con i notabili del capoluogo. Una mancata assidua frequentazione che lo spinge a non dare la caccia unicamente a boss e gregari della 'ndrangheta in coppola e lupara con l'accortezza di tenere al riparo il mondo di...sopra.

Ma, viceversa, perseguendo pure quei tanti insospettabili legatisi ai vari 'don' per denaro e nell'ambito di uno scambio di potere che ha generato dei mostri con la facoltà di condizionare pressoché tutto e tutti. Un granitico blocco politico-affaristico che ricorda parecchio da vicino La Piovra descritta nel dettaglio sul piccolo schermo da un cineasta del calibro di Damiano Damiani.