A Trump interessa solo Trump e dopo la spacconata contro Zelensky il tycoon fa danni all’economia mondiale. Ma la vecchia Europa non riesce a imparare dai propri errori
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L'incontro tra Trump e Zelensky alla Casa Bianca
Dopo la disgustosa spacconata alla John Wayne con il presidente ucraino Volodomir Zelensky, il presidente americano Donald Trump è tornato in patria a svolgere il suo programma organico di danni al suo paese ed all’intera economia mondiale, dimostrando immediatamente come, in realtà, della pace in Ucraina e perfino della NATO non gliene può fregare di meno.
I danni al suo paese li sta facendo con il vendersi la solita promessa demagogica del ritorno delle industrie negli Stati Uniti alla “working class” rimasta per strada, promessa che non potrà mantenere, soprattutto se e nella misura in cui continuerà a promuovere il protezionismo a tutti i livelli, perché nel frattempo l’economia americana colerà a picco in recessione.
I danni all’economia mondiale li sta facendo innescando un processo a catena di reciproche misure protezionistiche che impoveriscono tutti.
Da che mondo capitalista è mondo capitalista lo sviluppo passa attraverso il liberoscambismo, mentre il protezionismo è tradizionalmente la strada delle economie più deboli.
Trump invece sta usando il protezionismo come una clava per colpire, a destra ed a sinistra, tutti quei paesi che, nella sua rissosa visione del mondo e dei rapporti internazionali, hanno la “colpa” di volere, chissà perché, “fregare” l’America, anzi di “approfittare” della sua “storica generosità”.
E’ una linea che rivela la solita paranoia americana e di razionale non ha niente, ma proprio niente.
L’unica azione lucida del presidente “tycoon” fino ad ora è stato il brutale tentativo di accordo economico con l’Ucraina ed, in prospettiva, con la Russia, passato come un rullo compressore sull’Unione Europea, che è uscita di fatto marginalizzata dall’operazione.
Ma anche su questo Donald Trump per il momento si è fatto i conti senza l’oste, perché nel prossimo futuro bisognerà vedere che cosa ne pensa Vladimir Putin, il quale non ha alcuna fretta, perché dovrà essere comunque “The Donald” a fare la prima mossa ed a gettare, è proprio il caso di dirlo, le famose carte.
E, di fronte a tanta stomachevole arroganza, la vecchia Europa che fa? Impara dagli errori del passato?
Ma nemmeno per sogno.
La direzione politica dell’Unione Europea persevera negli stessi errori. Conferma il suo sostegno incondizionato all’Ucraina, continua a declinare una logica di principio che più astratto non si può e, quello che è peggio, rimane mentalmente all’antico e superato scenario della guerra fredda.
Ma al peggio non c’è limite perché, proprio adesso che perfino un’intelligenza non brillantissima come quella di Donald Trump ha forse capito che oggi la NATO è un anacronismo senza senso, l’ossessione di considerare Unione Europea e NATO sinonimi sta cominciando a produrre una pericolosa corsa agli armamenti, un irresponsabile parlare di interventi militari “a difesa di Kiev” ed una certa leggerezza nel dire che “la sorte dell’Ucraina è la sorte dell’Europa” o che bisognerà stare dalla parte di Zelenski “fino alla fine”.
Ma fino alla fine di che?
Quale senso può avere una forza militare europea di “interposizione” se prima non si negozia una tregua?
E che senso può avere negoziare una tregua se non si ha l’intenzione di passare dall’armistizio ad un trattato di pace?
E, se malauguratamente si dovesse davvero arrivare alla sciagurata scelta del “fronte dei volenterosi”, quanto tempo ci vorrebbe per vedere i fucili europei voltarsi contro i fucili russi?
E quali sarebbero le conseguenze?
La vecchia Europa dovrà dunque “morire per Kiev” dopo che è già morta per Danzica?
E perché? Non c’è paragone credibile tra i due contesti.
Putin, lo ripetiamo, non è Hitler e nemmeno Stalin, ma soprattutto, anche questo lo ripetiamo, Zelenski non è Churchill, per quanto si stia sforzando moltissimo nell’imitazione.
Forse qualcuno dovrebbe dire a Zelenski, ormai blindato nel suo ruolo di immutabile “monumento nazionale”, che è malato e che la sua è una malattia antica quanto brutta che si chiama nazionalismo, ma questo è impossibile fino a che l’Ucraina sarà in guerra, perché non si può negare ad un paese aggredito il diritto di difendersi da un’invasione e qualsiasi critica politica a Zelenski deve per forza tacere fino a che l’Ucraina di Zelenski si troverà nella situazione attuale.
Un’iniziativa europea di pace sarebbe la risposta logica a tutto questo, ma l’Unione Europea è diventata una diva del cinema muto su questo terreno.
Andando avanti di questo passo, nella peggiore delle ipotesi, ci potremmo ritrovare in un conflitto almeno continentale e, nella migliore, potremmo vedere la guerra in Ucraina durare altri dieci o quindici anni, con tutte le magnifiche conseguenze che ci possiamo facilmente immaginare.
La politica avventurista dell’Europa ha suscitato qualche perplessità, se non proprio preoccupazione o dissenso, anche nelle file della destra europea, trasformando nani politici come Orban o il nostro “ducetto” Salvini in giganti per prudenza e senso di responsabilità.
Decisamente non siamo messi molto bene.