Il governo Meloni ha strillato al “pericolo anarchico” sul caso di Alfredo Cospito in sciopero della fame contro il 41 bis. Un vecchio trucchetto quello di inventarsi un allarme sociale per distogliere l’attenzione dai propri limiti politici
Tutti gli articoli di Opinioni
PHOTO
Pochi giorni fa, in uno scenario che sembrava proprio di autentico museo del Novecento, il governo Meloni ha strillato al “pericolo anarchico” sul caso dell’anarchico Alfredo Cospito in sciopero della fame contro il 41 bis. È un mistero quali siano mai i segnali di questa imminente “insorgenza” sovversiva, ma in fondo non ha alcuna importanza.
È infatti un vecchio trucchetto governativo quello di inventarsi un “allarme” sociale ed indicare qualcuno da odiare e ripudiare, o comunque da stigmatizzare, per distogliere l’attenzione dalla propria pochezza, se non proprio nullità, politica. Gli Stati Uniti, sempre pronti a qualche caccia alle streghe, sono specialisti in questo, ma anche noi in Italia non scherziamo.
La sostanza della questione è invece proprio il 41 bis, del quale il governo, ma anche buona parte dell’opposizione di “sinistra”, fornisce una lettura perbenista nella forma e forcaiola nella sostanza. Si afferma che l’anarchico in sciopero della fame contro il 41 bis, poiché è un terrorista ed un “nemico della democrazia”, non possa “ricattare” lo Stato su questo argomento.
Appare del tutto ovvio che ogni forma di violenza e di terrorismo vada ripudiata, ma appare anche francamente ripugnante l’enfasi ipocrita con cui si fa la solita falsa equazione anarchia uguale terrorismo. Chi conosce la storia sa che l’anarchismo è una variante del pensiero socialista e, come tale, figlio dell’illuminismo, cioè è parte del concetto moderno di democrazia e, per alcuni versi, è l’orizzonte più avanzato della democrazia. Ma oggi in Italia si tende a non conoscere né la storia né altro.
Certo, gli anarchici “informali” come Cospito, con la loro deriva terroristica, hanno screditato e bruciato l’umanesimo socialista della tradizione anarchica, questo è evidente, per cui vanno considerati degli anarchici davvero fasulli.
Ma resta il fatto che la normativa del 41 bis è in realtà un affronto alla migliore tradizione giuridica italiana. C’è un uomo del Settecento di cui la cultura italiana deve davvero andare fiera ed è Cesare Beccaria, il primo ad affermare, nel 1764, che qualsiasi pena venga inflitta ad un colpevole, si tratti anche del peggiore dei criminali, debba essere riabilitativa e non punitiva. Ed il 41 bis è l’esatto contrario di tutto questo.
La normativa del 41 bis ha una storia. È stata voluta da tutti in un momento in cui, alla fine del Novecento, la mafia, colpita a morte nel suo legame a doppio filo con il potere politico, o almeno con un certo potere politico, tentava la strada pericolosa del terrorismo indiscriminato. Ma questo non toglie che fosse – e sia ancora – una risposta sbagliata alla sfida omicida della mafia, sulla quale sarebbe forse necessario fare autocritica.
Non si capisce poi perché i reati di terrorismo politico come quelli degli anarchici “informali” debbano essere accomunati a quelli di mafia, se non in forza del fatto che in Italia siamo troppo abituati all’uso, appunto, politico della legge. Ma la norma deve essere sempre astratta, disinteressata e di principio.
Ed allora, se in questa vicenda ci sono degli anarchici fasulli, ci sono però anche dei fascisti veri e sono quelli che invocano, come buon esempio, Margareth Tatcher, che negli anni Ottanta, lasciò morire di fame i detenuti politici irlandesi. Diciamo che al momento non siamo proprio collocati, ci si permetta l’auto-citazione, sull’ “orizzonte più avanzato della democrazia”.