“Mala tempora currunt” è proprio il caso di dire, sono e saranno infatti tempi bui e brutti per la sanità calabrese ed in particolare per alcuni storici presidi ospedalieri della regione, come quello di Lamezia Terme, già duramente bistrattato e gradualmente depauperato negli anni ed oggi al centro di una folle legge regionale che prevede la sua integrazione nella costituenda Azienda unica catanzarese. Ciò che è andato in scena l’altro giorno nel Consiglio regionale della Calabria , rappresenta la perfetta estensione e la rappresentazione pragmatica della volontà di quelli che vengono definiti “poteri forti” i quali , attraverso il loro tentacolo politico costituito dai rappresentanti politici seduti sugli scranni del Parlamento regionale, democraticamente rappresentativi dei maggiori partiti di centrosinistra e centrodestra, col loro voto favorevole, hanno regalato nuovi scenari di prosperità a quello che può esser definito il Moloch economico nell’ambito della sanità in Calabria degli ultimi anni, il policlinico universitario Mater Domini.


Non sono bastati infatti il sacrifico della Fondazione Campanella liquidata troppo frettolosamente per favorire, sostengono quelli non allineati al pensiero unico dominante, proprio il famigerato policlinico Mater Domini , il quale , insieme a questo regalo , ha ricevuto negli ultimi sette anni un cospicuo finanziamento di oltre dieci milioni di euro , per meriti, lavoro e necessità , che sfuggono ai più. Superando la discussione sulla legge che già appare lapalissiana senza alcun addentellato coi reali problemi della sanità, non solo nella provincia di Catanzaro, bensì in tutta la Calabria, quello che si presenta davvero come una pura forma di irrazionalità politica, è il coinvolgimento di un ospedale baricentrico e con un grosso bacino di utenza come quello di Lamezia Terme, in questo progetto integrativo tra il Pugliese-Ciaccio ed il policlinico Mater Domini, il quale guarda più agli interessi elitari di una ben precisa ed identificata oligarchia ,piuttosto che agli effettivi bisogni degli ammalati sul territorio. Per questa folle decisione diviene d’uopo affermare cui prodest? All ’ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme sicuramente no. Un nosocomio che in Calabria più di tutti ha subito l’onta delle decisioni politiche regionali proprio nel momento topico che avrebbe dovuto coincidere con un suo definitivo rilancio soprattutto in virtù del suo importante bacino d’utenza e dalla sua naturale posizione geografica in regione, facilmente raggiungibile da tutte le città e le province calabresi da nord a sud.


Come non ricordare a tal proposito lo sciagurato maxiemendamento notturno voluto dal duo Loiero-Adamo nel 2007, realizzato con il placet dell’allora assessore alla sanità Lo Moro, una lametina (sic!!!) e che per loro mere analisi logiche di equilibrio finanziario e di bilanci delle aziende sanitarie, ci dissero che le vecchie Asl avevano prodotto debito, con tutte le figure apicali e dirigenziali connesse ed allora era necessario spazzarle via ,accorpando il tutto in uniche aziende provinciali, le Asp. Peccato che quelle previsioni somigliarono tanto a quelle di Napoleone a Waterloo, dopo poco la Calabria infatti segnò il tracollo definitivo del settore con un commissariamento ancora vigente, un debito cospicuo ed un conseguente odioso Piano di rientro.


In questo tragico contesto che ha segnato il fallimento non solo politico della sanità , ma soprattutto quello del sistema azienda, rivelatosi clientelare ed ammorbato dalle ingerenze della criminalità organizzata , quelli che hanno subito le conseguenze più deleterie sono stati importanti ospedali baricentrici ,primi fra tutti quello di Lamezia appunto e di Locri, fortemente depotenziati negli anni in virtù anche di un’altra illogica riorganizzazione della rete ospedaliera che divise i presidi sanitari in hub e spoke , assegnando a questi il ruolo di spoke, di struttura di serie B, con relative chiusure di reparti e diminuzione posti letto. Se a tutto questo sommiamo i vari scandali scoppiati all’interno delle stesse Asp o delle altre aziende sanitarie, le inefficienze del settore , le tragiche morti di pazienti e chi più ne ha più ne metta, il dado è tratto ed il Rubicone della mala gestio, è stato ampiamente superato anche stavolta. La classe politica regionale non deve meravigliarsi se una buona parte di cittadini, a maggior ragione quelli che, scevri da qualsiasi interesse e da qualunque alchimia di cabotaggio politico , da diversi anni lottano sul territorio per amore della propria terra, non si fidano delle loro decisioni , è questa una conseguenza naturale del loro agire e dei risultati che hanno prodotto e che sono dinanzi agli occhi di tutti. Così come si può trovare apprezzabile l’avversione nei confronti di questa legge, di alcune importanti forze politiche che non hanno rappresentanze all’interno del Consiglio regionale, ma che governano in questo frangente in Italia , ma a questi ed in particolare alla Lega, si dovrebbe ricordare che col Regionalismo differenziato ,voluto strenuamente dal partito di Salvini, di questi obbrobri di legge ne vedremo parecchi e nessun governo centrale potrà mai interferire. In particolare la Calabria pagherà caro tutto ciò se solo proviamo a riflettere che proprio in base alla ripartizione del fondo sanitario nazionale alle regioni ,la stessa Calabria ha subito negli ultimi vent’anni i più grandi torti e nessun governo regionale ha saputo battere i pugni sul tavolo per riequilibrare questa situazione che negli anni si è incancrenita ed ha prodotto le conseguenze in campo sanitario che tutti conosciamo, con una emigrazione sanitaria che non si arresta. Per ultimo, un suggerimento va dato ai lametini, di non credere alla favola che questa legge di integrazione tra il Pugliese ed il policlinico universitario Mater Domini, abbia trovato terreno fertile sol perché Lamezia non ha rappresentanti in seno al Consiglio regionale, questo forse ha evitato una ulteriore beffa visti i precedenti illustri, quando pur avendo consiglieri ed assessori , espressione del territorio lametino, questi hanno contribuito ad affossare la sanità ancora di più nelle fasi più cruciali.

 

Igor Colombo