Chi scrive in passato ha avuto momenti di fortissima polemica con Giacomo Mancini finiti persino in Tribunale.
Mancini mi citò in sede civile quando era deputato ed io ero, come sono adesso, un semplice dirigente dei DS, sentendosi diffamato da un mio intervento sulla stampa. La cosa finì con il mio pieno proscioglimento ma devo dire che la vissi piuttosto male, come un vero e proprio tentativo di intimidazione, visto che sempre ho condotto le mie polemiche politiche nel massimo rispetto delle persone.


Ci siamo ritrovati con Giacomo nel settembre del 2015, alla vigilia delle elezioni per il comune di Cosenza, in una iniziativa da lui organizzata nel cuore del Centro storico di Cosenza, a Largo Vergini, un luogo altamente simbolico per storia della sinistra cosentina. Mancini, lasciato il centrodestra si impegnò a costruire una lista a sostegno del candidato del PD a sindaco di Cosenza Carlo Guccione.
Non mi pare che all'epoca siano stati molti ad avere qualcosa da dire per la presenza di Mancini nella coalizione di centrosinistra, ma può essere che fossi distratto.


Oggi Giacomo è candidato, espressione di una delle liste che sostengono la coalizione di centrosinistra in Italia nel collegio di Cosenza, un collegio certamente non sicuro. Avrebbe potuto starsene a casa, magari aiutare Orsomarso sottobanco per subentrargli come consigliere regionale. Ha scelto invece di mettersi in gioco per affermare nettamente il carattere strategico della sua scelta di campo. E riportare la storia dei Mancini nella sua collocazione naturale, a sinistra.


Dopo gli errori del passato un atto di coraggio, che sarebbe da apprezzare. Ed io lo apprezzo, da uomo da sempre di sinistra. Tutti possono sbagliare: l'importante è assumersene le responsabilità. Giacomo lo ha fatto.
Pertanto gli lascerei fare la sua campagna elettorale in pace, con la sua faccia e la sua storia. E magari parlare di altri atti di vera incoerenza, come quella di un sottosegretario in carica del governo Gentiloni che candida suo figlio nelle liste di Forza Italia. Non dopo anni o in un'altra elezione, ma ora, in queste elezioni.
Perché, in politica, una cosa altrettanto insopportabile del trasformismo è lo strabismo.

 

Gabriele Petrone, dirigente Pd