Giovane di San Lucido, nonostante una tetraparesi spastica non si lascia fermare dalle difficoltà: «La paura esiste solo per esser contrapposta al coraggio. A volte mi sento incompreso da una società che ha interessi diversi dai miei, ma non vacillo»
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Salvatore Cristiano Misasi, un giovane disabile cosentino, vive a San Lucido. Nonostante la tetraparesi spastica, sin da bambino è stato un sognatore che non guardava ai mille ostacoli che la vita gli poneva dinnanzi, bensì si concentrava su dove voleva arrivare. E forse è stato proprio questo che gli ha permesso di arrivare a raggiungere l'equilibrio esistenziale di cui gode oggi. Instancabile, inarrestabile, pieno di energia. Le difficoltà non lo hanno mai fermato.
Ma chi è Salvatore Cristiano Misasi?
«Amo le ruote, forse questo è il riassunto più sintetico della mia vita. A volte penso che se sono disabile è proprio perché almeno non devo trovare grandi scuse per vivere costantemente su ruote. Ma ironia a parte, la tetraparesi spastica è una condizione molto invalidante che colpisce ogni singolo muscolo e tendine del mio corpo».
Ma tu hai fatto una cosa straordinaria: hai accettato questa condizione e sei andato avanti sfidando la vita.
«Sì, perché quando impari a convivere con questa condizione, alla fine diventa una compagna di viaggio come tutte le altre. Trovare un modo è sempre stata la necessità per dar vita ai miei progetti, che sono da sempre stati molto ambiziosi»
La famiglia è stata fondamentale per te.
«Vero. Fortunatamente grazie alla mia famiglia ho avuto la possibilità di costruire solide basi, ognuno di loro ha creduto e ha coltivato un potenziale apparentemente invisibile permettendomi di diventare una persona molto pratica e al contempo che sa giocare con le teorie più astruse della vita. Con questo non voglio affermare che la mia vita sia tutta rose e fiori, ma che con tanta volontà e caparbietà ho imparato a viverci dentro»,
Parlaci del tuo progetto "Il Brigante in Handbike", una tua piccola sfida personale che sta assumendo un valore molto importante.
«"Il Brigante in Handbike" nasce puramente come una sfida personale. Un mio caro amico Alessandro Villa, nei primi anni 2000 ha compiuto un viaggio straordinario percorrendo 770 km in Handbike da Baton-Rouge fino a Memphis, in qualche modo il racconto della sua impresa mi condizionò e in questi anni iniziai anch'io a voler compiere un'impresa simile alla sua, in cui poter mettere alla prova le capacità che ho acquisito nel tempo. Fino ai vent'anni non ero per niente autonomo e solo cambiando sedia a rotelle e aguzzando giorno dopo giorno l'ingegno sono riuscito ad imparare ad autogestirmi. Quando ho iniziato a raccontare quest'idea potevo cogliere negli occhi della gente il loro grande entusiasmo, così mi sono detto: "Perché non raccontare questa storia mediante un documentario? Magari questo mio viaggio potrà essere d'ispirazione come è capitato a me con Alessandro". E fu così che da semplice idea, questo seme, questa fame di autonomia e ribellione interiore iniziò a trasformarsi in un progetto molto più articolato».
Parlaci anche del primo laboratorio agroalimentare che unisce scuola e industria, dove gli studenti imparano sul campo, creano prodotti eccellenti e promuovono iniziative solidali.
«Da qualche anno sto coltivando la passione per la scrittura al di fuori delle mura di casa, e da qualche mese invece è diventato il mio lavoro. Sono un membro della Fondazione Bullone di Milano realtà in cui i B.Liver, ragazzi che vivono il percorso della malattia, sviluppano progetti di comunicazione, formazione e co-branding per promuovere l’inclusione, la responsabilità sociale e creare un ponte virtuoso fra profit e no profit. Il mio impegno di scrittura è ultimamente rivolto alle aziende che collaborano con il Bullone, per le quali curiamo varie newsletter, tra le più note Sky, Johnson & Johnson, Richmond e Barilla».
Ma sappiamo che ti sei dedicato anche alla scrittura.
«Dalla fine del 2024 mi è stato assegnato il compito di curare una rubrica sul mensile il Bullone, che racconta le attività che Barilla svolge in ambito sociale tra cui appunto Food Farm 4.0 che è il simbolo di uno scambio alla pari tra le aziende del Parmense e il mondo scolastico, in cui i ragazzi hanno l'opportunità di apprendere non teoricamente bensì con la pratica. Il Bullone è divenuta la mia seconda famiglia e se oggi ho l'opportunità di organizzare questo viaggio così importante è perché so di avere il loro supporto e la loro fiducia».
Cristiano, ti è mai capitato di avere paura? Di sentirti inutile?
«Col tempo ho imparato a dar ascolto ad ogni emozione, sia a quelle belle ma soprattutto a quelle più cupe, ed ho capito che se le prime sono il carburante della vita, il modo in cui decidi di affrontare le seconde descrive chi sei e soprattutto chi potrai essere. La paura esiste solo per esser contrapposta al coraggio, spesso mi capita di averla al mio fianco e il modo che ho trovato per accettare la sua presenza è quella di razionalizzare ogni suo singolo aspetto».
Ma cos’è la paura ?
«Alla fine la paura è solo un campanello d'allarme che ti avvisa, ti mette in guardia riguardo a un determinato pericolo. Spesso razionalizzo la paura per poi percorrere la strada che reputo più giusta e una volta che ho fatto la mia scelta, affronto il tutto con quell'adrenalina mischiata all'impulsività e passionalità che mi contraddistingue».
Inutile. Sentirsi unitile è veramente frustrante.
«No, non mi sono mai sentito inutile. Purtroppo o per fortuna ho sempre avuto un'autostima di ferro, proprio per questo non sono mai riuscito a sentirmi inutile, a volte semplicemente mi sento incompreso nei confronti di una società che ha interessi diversi dai miei, ma questo pensiero non fa mai vacillare la consapevolezza della mia persona».
Qual è il tuo sogno? Quella cosa che vorresti realizzare fortemente.
«Il mio sogno è trovare un equilibrio stabile, un equilibrio in cui la mia vita seppur diversa riesce ad andar avanti in modo lineare. Sto lottando giorno dopo giorno per costruire una realtà in cui sono io al centro della mia quotidianità, e non la mia disabilità. Amo l'idea di poter disegnare, con dedizione, un piccolo spazio nel mondo cucito minuziosamente apposta per me incentrato sul lavoro (che ringrazio di aver trovato), su una casa da mandar avanti, su una famiglia da costruire e far fiorire e da un luogo intorno che mi permetta di essere libero seguendo la mia volontà. Sogno di realizzare tutto questo, e poi al contempo non mi accontento e spingo l'asticella un po’ più in là volendo in qualche modo diventare il punto di partenza, un esempio da seguire per tutti coloro che proprio come me vogliono intraprendere una strada dissestata ma ricca di emozioni».
Chi ti sta stando più vicino nei tuoi progetti? E ti sta aiutando a superare le difficoltà.
«Devo tutto alle persone che mi dimostrano il loro affetto e la loro stima. A supportarmi in primissimo luogo c'è la mia famiglia che rappresenta per me il rifugio in grado di proteggermi dalle tempeste più violente, a volte si disperano per le mie idee super folli ma conoscendo la mia testa dura alla fine decidono di supportarmi al 100%. Al mio fianco non mancano mai gli amici di una vita, sempre pronti a caricarmi di un'energia unica, nei momenti in cui vado un po’ giù, infatti mi ricordano tutte le avventure affrontate insieme ridonandomi quella grinta di cui ho bisogno. Il Bullone è diventato in questi anni un punto di riferimento non da poco, dal primo momento in cui mi hanno conosciuto sono riusciti a tirar fuori il meglio di me sia sotto l'aspetto professionale e sia a livello umano e comunicativo».
Sappiamo che anche dall’esterno ti hanno sempre sostenuto.
«Sono molto fortunato sotto quest'aspetto, in primissima linea nei piccoli e grandi progetti c'è sempre stato il dottor Luigi Novello, con il quale ho un rapporto unico, mi conosce da quando andavo a fare terapia nel suo centro di riabilitazione all'età di 7 anni. È stato proprio con lui che ho intrapreso la mia prima esperienza politica nelle comunali del nostro paese, San Lucido, e quando è venuto a sapere di questo progetto si è subito messo sulla linea del fronte affinché io fossi pronto a livello atletico ma non solo. Molti altri affetti seppur lontani trovano il modo di farmi sentire il loro pieno appoggio, e questo mi riempie il cuore d'orgoglio».