Dalla pesca del tonno ai fiorenti commerci in ogni angolo del Mediterraneo. E poi il terremoto e le origini di una devozione religiosa strettamente connessa al mare. Le vicissitudini di una cittadina sempre proiettata verso l’esterno
Tutti gli articoli di Storie
PHOTO
Una storia che parla di mare, di continui viaggi, di orizzonti infiniti e di una mentalità proiettata verso l’esterno. Parghelia è conosciuta per la bellezza delle spiagge, per il mare cristallino, per le calette naturali che incorniciano gli arenili. Sita a due passi da Tropea, non vive nell’ombra della Perla del Tirreno ma anzi vanta una propria identità che preserva con cura. Secondo alcune fonti storiche, Parghelia fu una colonia fondata dai focesi (popolo del Medio Oriente, area dell’odierna Turchia). Non ci sono tuttavia certezze né furono mai rinvenuti reperti tali da riuscire a ricostruirne le origini. Quel che sappiamo con certezza è che la cittadina costiera era attiva durante il periodo normanno e le sue vicissitudini si legano a Tropea di cui fu uno dei 23 casali. La popolazione tuttavia manifestò sempre insofferenza nei suoi riguardi tant’è che nel 1647 si scatenò un violento moto popolare sedato solo a seguito dell’intervento dell’esercito reale.
Parghelia, storie di marinai e commerci
«Parghelia è sempre stata legata al mare, anche nei mestieri. Nel XVI secolo fino all’800 le attività erano strettamente connesse al mare. Tante famiglie erano composte da generazioni di “tonnaroti”, con le loro imbarcazioni riuscivano a raggiungere la Sicilia e finanche la Toscana. Riuscivano a spingersi fino alla Spagna per la gestione delle tonnare. Poi, col tempo, si ebbe una evoluzione. Si sviluppò la pratica del commercio. I marinai divennero anche affabili mercanti e per vendere i loro prodotti si portavano a Marsiglia, Francia e altre località del Mediterraneo site fuori dai confini del Regno di Napoli. Frequentavano le fiere di Senigallia, Salerno, Roma, Livorno. Tra la merce esportata anche coperte di cotone che venivano tessute direttamente a Parghelia o Tropea», racconta lo storico Francesco Campennì. Molte famiglie di commercianti, originarie di Parghelia, col tempo si stabilirono in altre zone del Paese, «tra cui Messina, altra grande città di mare».
La madonna di Portosalvo e il legame con i pescatori
La vocazione per il mare influenzò anche l’aspetto religioso e folcloristico. La stessa devozione alla Madonna con il titolo di “Portosalvo” è stata forgiata sul mestiere del mare, sulla necessità di avere protezione divina durante i lunghi e faticosi viaggi per terre lontane. Il santuario di Parghelia è il cuore pulsante del culto mariano marinaro. La struttura, seppur con danni significativi, riuscì a rimanere in piedi nonostante i gravi sismi che seminarono morte e distruzione nell’intero comprensorio. La data della costruzione non è certa ma l’intervento tra i più rilevanti risale al 1745. A quel periodo risale il rifacimento della facciata in stile neoclassico.
La chiesa è affiancata dalla torre campanaria completata nel 1775: «Il Santuario – evidenzia ancora lo storico Campennì – è stato abbellito da marmi, pregevoli tele di scuola napoletana. Altre sono state realizzate da artisti locali. Molte furono le committenze dei commercianti, diversi gli ex voto tributati alla Madonna. Il terremoto del 1905 per il centro costiero fu devastante. L’intera Parghelia venne ricostruita tra gli anni Venti e Trenta. Il sisma non lasciò che macerie, pertanto gli interventi furono radicali. Anche il santuario subì il crollo parziale dell’abside e danni al campanile ma miracolosamente rimase in piedi». Ad oggi, all’interno dell’altare centrale in marmo policromo viene custodito il quadro della Vergine di Portosalvo. Rappresenta la Madonna con Gesù Bambino in braccio. Le due figure vengono circondate da una schiera di angeli. Ai loro piedi si snoda il paese di Parghelia, con le imbarcazioni e la marineria: «Dal modello compositivo, dalla tipologia di imbarcazioni raffigurate e dal pericolo rappresentato dalle incursioni turche, l’opera presumibilmente risale al Cinquecento e poi ritoccata nei secoli successivi». Secondo una antica leggenda il quadro sarebbe giunto in Calabria dall’Oriente, sfuggito all'iconoclastia. Più probabile che il dipinto originale sia stato sostituito nel tempo forse perché andato irrimediabilmente perduto. Quel che certo è che racconta il profondo legame che Parghelia ha saputo costruire nel corso dei secoli con il mare.