Lanciatissimo l’artista calabrese Giuseppe Barilaro. I suoi quadri sono sempre più apprezzati. La sua pittura conquista la critica e il pubblico di diverse città italiane e anche estere. Ma il prossimo appuntamento sarà veramente unico, straordinario.

«Il 4 marzo alle ore 18 a Milano si terrà un evento straordinario, una mostra che nasce dalla fusione tra arte, tessuto e innovazione. Gli spazi espositivi di Candiani Denim in via Mentana 3 diventeranno il palcoscenico per le mie opere, realizzate sui pregiati tessuti Candiani, un omaggio alla materia che si trasforma in arte, all'incontro tra il mondo del denim e la pittura contemporanea».

Di cosa si tratta esattamente?
«Ogni tela che sarà esposta è un viaggio tra la potenza della distruzione e la bellezza della rinascita, un'esplorazione dei confini tra l'umano e il materiale, tra l'arte e la moda. Le tele non sono solo opere pittoriche, ma autentiche testimonianze di un processo creativo che abbraccia il corpo e la materia in un'unica, forte espressione».

Da quello che si capisce non sarà solo una mostra visiva.
«Sarà un'esperienza sensoriale, arricchita dalla musica, che accompagnerà ogni passo, e dal buon vino, per rendere ogni momento ancora più speciale. Un'occasione per vivere l'arte in compagnia, per condividere emozioni, riflessioni e il piacere di stare insieme».

Quindi un appuntamento unico nel suo genere.
«Non vedo l'ora di farvi immergere in questo mondo di creatività e passione. Aspetto tutti per vivere insieme questa serata unica, dove l'arte non è solo da guardare, ma da sentire, da respirare».

Che cos’è per te la pittura? Cosa intendi esprimere con la tua arte?
«Non dipingo per farvi vedere quanto sono bravo, so di esserlo. Ma so quanto funziona la mia arte perché si imbatte con le vostre paure e le vostre incertezze, se volessi regalarmi un po’ di narcisismo mi farei chiamare artista e parlerei di questo mestiere in maniera aulica e romantica, mi farei applaudire le mani e andrei a dormire convinto di aver fatto stare bene qualcuno».

Ma allora cosa vuole dalla sua arte?
«Non credo che l’arte sia meglio di un buon libro, di cose che si sanno già; non credo negli artisti che vivono la loro dimensione astratta, nel loro mondo, nelle loro malsane ideologie da cui partono le opere o quadri. Dipingo e basta. Tanto alla fine, quello che vale, che serve è esistere nel tempo».

E in definitiva: ci dica lei una parola definitiva sulla sua arte.
«La mia arte non cerca di decorare il dolore, ma di mostrarlo in tutta la sua brutalità, nella sua cruda e inevitabile necessità. Ogni strappo, ogni graffio, ogni segno sulla tela diventa un atto di resistenza, un invito a confrontarsi con ciò che è stato occultato, a non distogliere lo sguardo».

Di recente ha dedicato un suo splendido lavoro (vedi foto) a Pasolini.
«Il quadro che dedico alla vita di Pasolini è un grido che rimbomba, una visione cruda e senza veli della sua lotta contro un sistema che, come una marionetta, manovra, sfrutta e poi getta via l'essere umano. La marionetta, simbolo dell'uomo sacrificato sulla scena del potere, viene guidata, svuotata, ridotta a un corpo senza volontà, ma con una sofferenza silenziosa che si fa carne, che si fa pittura. In questa visione, il sistema italiano, il suo stato, non è solo un'entità politica, ma una macchina di sfruttamento che consuma ogni individuo, fino a ridurlo a nulla, per poi sacrificare la sua essenza. La distruzione che ho scelto di raffigurare non è fine a se stessa, ma è il motore che genera una nuova vita, una nuova consapevolezza, una resistenza».