Venti anni di tenacia, di “capa tosta” come solo i calabresi possono essere. Il professor Carmine Gentile, paolano che dal 2013 opera all’University of Technology di Sydney, è un modello di ingegno e caparbietà, caratteristiche connaturate nel Dna di chi è nato sulla punta dello Stivale, al centro di quello che un tempo era il cuore della civiltà. E proprio il muscolo cardiaco è da venti anni il fulcro dei suoi studi, prima negli Stati Uniti, alla Medical University del South Carolina (con una parentesi anche nel 2016 alla Harvard Medical School di Boston), e poi in Australia, dove guida un gruppo di ricerca sulla rigenerazione cardiaca.

Un pessimista vedrebbe un altro cervello in fuga dalla Calabria, ma lui precisa subito: «Non ho lasciato Paola, dopo il diploma sono soltanto partito per inseguire un sogno», un appunto che rimarca il legame ancora profondo con la terra che l’ha visto nascere e formarsi, per poi diventare un pioniere in campo biomedico.

A lui si deve, infatti, un’intuizione divenuta studio che, se superasse la fase clinica, rivoluzionerebbe l’approccio alle malattie cardiovascolari, prima causa di morte prematura nel mondo: i “mini cuori”.

È lo stesso docente a spiegarci telefonicamente la ricerca, mentre il cane Toto dorme ai suoi piedi e all’esterno infuoca l’estate australiana: «Con una semplice trasfusione prendiamo le cellule staminali che useremo in laboratorio per creare questi “mini cuori”, una replica in miniatura dell’organo del paziente. Questo ci consente non solo di testare la tossicità di un farmaco, e così prevenirne gli effetti dannosi, ma anche di personalizzare le terapie».

Uno studio capillare che si basa sull’utilizzo di un oggetto di uso quotidiano: la stampante 3d, in questo caso biologica: «Quella tradizionale – ci spiega il docente - scioglie plastica o metallo e li deposita strato per strato; quella biologica è più delicata perché deve consentire alle cellule di vivere durante e dopo la stampa. Quindi abbiamo creato un inchiostro biologico formato dai mini cuori più biomateriali che permettono alle cellule di vivere».

Una sperimentazione applicabile anche ad altri studi, come il trapianto dei mini cuori, una tecnica che può subentrare in presenza di un infarto grave, cioè quando l’intervento per liberare il vaso sanguigno otturato non è tempestivo: «In quel caso è probabile che il danno al cuore sia irreversibile e che il paziente sviluppi insufficienza cardiaca – continua a illustrare Gentile –. Qui interveniamo noi: tramite risonanza magnetica, il paziente riceve una scansione che viene poi usata in laboratorio per ricreare il cuore in 3d al computer, su cui andremo a ricostruire la parte danneggiata dell’organo».

Tecniche rivoluzionarie che potrebbero aprire nuovi orizzonti nella cura delle patologie cardiovascolari, come l’infarto. Anche su questo il gruppo guidato dal professor Gentile sta concentrando i propri sforzi: «Abbiamo ricreato l’infarto in provetta per poterne studiare lo sviluppo e testare potenziali terapie che ne eviterebbero gli effetti collaterali». Uno studio molto complesso, in quanto «l’infarto non è solo assenza di ossigeno nel cuore: nel momento in cui si interviene per liberare l’occlusione, vengono rilasciati radicali liberi che fanno più danni dell’assenza di ossigeno. Grazie a una studentessa dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, qui per un dottorato, abbiamo dimostrato come in presenza di alghe i mini cuori non muoiono, addirittura è come se non avessero mai avuto un infarto. Questo perché le piante acquatiche riescono a prevenire i radicali liberi che danneggerebbero il cuore».

Dunque l’ennesima sperimentazione di un gruppo di lavoro instancabile, guidato da un professionista capace di elaborare circa ottanta pubblicazioni in carriera, un modello da seguire per chi si affaccia per la prima volta al mondo: «A un giovane direi di non fermarsi a ciò che gli viene detto, ma di chiedersi sempre quale sia il suo sogno per cercare di realizzarlo a tutti i costi. La caparbietà paga, le opportunità arrivano, ma bisogna fare dei sacrifici. E soprattutto mettersi nei panni di chi ti riceve, essere rispettoso, non pensare che ti sia tutto dovuto».

Concetti che evidenziano anche il grande valore umano di Gentile, ennesimo motivo di orgoglio per la Calabria: «Della mia terra mi mancano gli affetti, il poter scendere in spiaggia quando voglio, la passeggiata al Santuario (di San Francesco di Paola ndr). La bellezza della Calabria è che hai tutto in mezz’ora: neve, montagna, mare, un tramonto bellissimo, un temporale spaventoso, tutto concentrato, una particolarità che non è facile trovare altrove. E poi il calore umano, le risate, le discussioni, le parole in dialetto intraducibili in italiano o in inglese. Spesso chiamo Toto “cornuto”, come mi chiamava in maniera affettuosa mia madre da bambino, un’espressione che esiste solo in calabrese e non è traducibile in nessuna lingua. Tutto questo mi manca, ma la ‘nduja la trovo anche qui!», aggiunge con un sorriso.

Una terra che continua a vivere dentro chi ci è nato, radici profonde, mai recise: «In Italia tornerei se ci fosse una buona opportunità di lavorare sulla ricerca su cui ho lavorato per vent’anni», ci confida.

Una possibilità remota, alla luce della scarsa importanza data alla ricerca in Italia, ma sognare non costa nulla. Proprio inseguendo un sogno, anni fa, un ragazzo è partito da Paola per arrivare a essere un ricercatore di fama internazionale.