Alle porte della Sila Piccola, su un'altura al centro delle due valli dei fiumi Amato e Corace, come un arbitro sul ring le tiene separate, confinandole ciascuna alla sua sponda. Il Tirreno di qua, di là lo Ionio. Entrambi a portata di sguardo, fin dove lo sguardo, poi, si perde. Laggiù, dove il sole si sveglia baciando la superficie dell’acqua e poi baciandola di nuovo, dall’altra parte, va a dormire.

Siamo nel punto più stretto d'Italia, l'istmo di Catanzaro. A Tiriolo. Una terra di mezzo in cui spira aria di storia e leggenda. Sono i due volti di questo luogo, come quelli dell’Ulisse di pietra che domina la piazza principale del paese. È lui, l’eroe greco emblema di astuzia e perseveranza, protagonista del viaggio più avventuroso e affascinante della letteratura, a incarnare la prima delle tre parole con cui racconteremo questo luogo

Perché, secondo lo studioso austriaco Armin Wolf, l'Odissea fa tappa qui. Questa è la terra dei Feaci che accolse il naufrago. La terra di Nausicaa, fanciulla mortale dalla bellezza di una dea a cui per primo s’inchinò un Ulisse «orrido di salsedine». E di re Alcinoo e del suo popolo, che gli donarono la nave per fare ritorno a Itaca.

In piazza Italia c'è un monumento dedicato a questa storia. Lo ha realizzato negli anni '80 lo scultore calabrese Maurizio Carnevali. Ulisse è raffigurato con due volti, uno rivolto a est e uno a ovest, che seguono il sole dall'alba al tramonto e guardano ai due mari.

Siamo nel centro di Tiriolo, un crocevia di narrazioni, di storie immaginate e di vite vissute. A due passi è Palazzo Alemanni, edificio del XVIII secolo, al cui ingresso una targa ricorda come abbia dato rifugio a Garibaldi durante una delle sue soste in Calabria.

Questo punto del paese segna un confine tra la parte più moderna e quella più antica. Da qui infatti sale la strada che, srotolandosi ai piedi di altri antichi palazzi, porta in cima all'abitato, dove si trova ciò che resta del Castello Sant'Angelo: un'area verde dove, tra l'erba, spuntano i ruderi dell'antica fortificazione dell'XI secolo. Da quassù è possibile scorgere le isole Eolie e il cratere dello Stromboli. 

È solo uno degli esempi di questa simbiosi perfetta tra il paesaggio selvaggio e l’eterno tentativo dell’uomo di addomesticarlo. Fuori dall'abitato si incontra il Parco Fortezza Monte, con i resti in pietra di quello che fu un kastron bizantino con la sua cinta muraria e le torri di vedetta.

Tiriolo ha una storia antichissima, testimoniata dalle tante tracce di tempi remoti venute alla luce durante gli scavi fatti nel territorio. Il Parco archeologico “Gianmartino” ospita alcuni dei più importanti ritrovamenti, come il grande edificio del IV-III secolo a.C. detto "Palazzo dei delfini". Nel Museo sono custoditi la tavoletta in bronzo del 186 a.C. su cui è inciso il testo del “Senatus consultus de Bacchanalibus” che vietava i baccanali e la monumentale tomba brettia. Una sezione è dedicata al costume tradizionale calabrese.

Testimonianze di una storia complessa, articolata, ricca di vicende che meritano di essere raccontate. Tra queste quella della battaglia che qui si consumò tra le legioni del proconsole romano Crasso e i ribelli di Spartaco, il gladiatore che capeggiò la celebre rivolta degli schiavi.

Tiriolo è un viaggio continuo tra passato e presente. Il nostro si conclude tra le vestigia di Rocca Falluca, fantasma di una città al confine della città. Fondata attorno alla metà dell'XI secolo, fu abbandonata alla fine del XVI. Anche qui, ciò che resta dell'abitato con il suo castello sono ruderi che spuntano tra i fili d'erba mossi dal vento. Unico alito di vita di un posto sospeso tra l'oblio e la memoria.