Dal Castello Murat alla Chiesa di Piedigrotta, sono tanti i motivi per i quali una visita a Pizzo è assolutamente d'obbligo. Noi ve ne suggeriamo alcuni, gli altri scopriteli visitando questo bellissimo borgo calabrese arroccato di fronte al mare
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Un tramonto, un gelato e le bellezze dei suoi luoghi. In un itinerario in Calabria, come può mancare una tappa a Pizzo? Cittadina di 9000 abitanti che si erge a strapiombo sul mar Tirreno, in quel tratto di costa definita “Costa degli Dei”, è famosa per la produzione del tartufo e per la qualità gelatiera in generale: è per questo motivo che da sempre in Calabria è definita la "città del gelato". Fondata da Nepeto ai tempi dell'antica Grecia (da qui la voce "napitini” per gli abitanti), sono tanti i luoghi che meritano una visita all'interno della cittadina: dal castello Murat alla chiesa di Piedigrotta, un salto a Pizzo calabro non può mancare per chi si reca in vacanza in Calabria.
Castello Murat, la prigione divenuta un monumento nazionale
Tra le tappe obbligate, la prima è certamente il Castello Murat. La storia del castello è legata alla morte di Gioacchino Murat, re di Napoli e cognato di Napoleone Bonaparte, in un estremo tentativo di riconquistare il regno di Napoli, sbarcò alla marina di Pizzo domenica 8 ottobre 1815, tentando di far sollevare la popolazione contro Ferdinando IV di Borbone. Ma il tentativo non riuscì.
Il Castello, impropriamente definito tale, in realtà non fu mai una residenza signorile ma sempre una fortezza militare ed una prigione. Le vicende di questa fortezza sono strettamente legate alle vicende storiche di Pizzo e alle famiglie che qui dimoravano e dominavano: fu quindi proprietà degli Aragonesi prima e dei Sanseverino dopo, da questi, nel 1504 passò in mano a Don Diego Mendoza, da lui, per diritto di successione, alla Casa dei Silva fino a quando nel 1806, per Decreto di Re Giuseppe Napoleone, fu abolita la feudalità con tutte le sue attribuzioni e prerogative. Da questo momento passò al Governo e, infine, al Comune di Pizzo. Con Decreto del 3 giugno 1892, fu dichiarato “Monumento Nazionale”.
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Rimane, di quegli ultimi istanti, la nobilissima lettera da lui scritta alla moglie e il ricordo della fierezza con cui volle comandare il plotone di esecuzione. E poiché i fucili dei soldati, intimiditi e commossi, lo avevano la prima volta risparmiato, dovette ordinare il fuoco per ben due volte, prima di cadere, fulminato da sette proiettili. Il suo corpo, trasportato nella chiesa Matrice di S.Giorgio Martire, fu sepolto in una fossa comune, al centro della chiesa, dove una pietra tombale ricorda in perpetuo il nome e la memoria d’un Re, che, come scrisse in un’epigrafe il Conte di Mosbourg, "seppe vincere, seppe regnare, seppe morire.
Pizzo, la Chiesetta di Piedigrotta e il Duomo di San Giorgio
La Chiesa Matrice di S.Giorgio Martire sorge nel cuore del centro storico di Pizzo. Edificata nella seconda metà del ‘500 sulle fondamenta di una preesistente chiesetta, è la prima e la più antica Collegiata della Diocesi di Mileto. Solennemente consacrata nel 1587 e dedicata alla Vergine Maria e a S.Giorgio, come riporta la scritta posta sull’architrave, che reca la data 1632, la Chiesa ha facciata barocca, con bellissimo portale in marmo, opera dello scultore Fontana, arricchito da un fastigio contenente il tondo con il rilievo di S.Giorgio a cavallo che trafigge il drago e, in secondo piano, la principessa e una torre sulla roccia. A sinistra lo stemma dei De Mendoza, signori di Mileto e, a destra, lo stemma della città. Al suo interno una statua raffigurante Cristo attribuita al Bernini. Nei sotterranei, in una delle fosse comuni della navata centrale, e precisamente la 3a partendo dall’ingresso, fu sepolto il re Gioacchino Murat, dopo la fucilazione avvenuta nel castello di Pizzo il 13 ottobre 1815.
Per quanto riguarda la Chiesetta di Piedigrotta, essa si snoda tra leggenda e fatti realmente accaduti. La prima narra che intorno alla metà del 1600 una nave proveniente da Napoli con a bordo il quadro della Madonna di Piedigrotta, venne colta da una tempesta violenta. Il capitano e il suo equipaggio iniziarono a pregare intensamente rivolgendosi al quadro che era collocato nella sua cabina. La nave, durante il terribile nubifragio, si schiantò contro una scogliera e il carico andò perso. Fortunatamente l’equipaggio al completo, compreso il suo comandante, riuscì a raggiungere a nuoto la riva. Sullo stesso punto della costa approdarono il quadro dell’ Effige e la campana di bordo datata 1632.
La baia che fu salvifica per gli uomini scampati al temporale non era frequentata da pescatori, come comunemente si racconta, ma da scalpellini che vi si recavano per tagliare i blocchi di roccia sedimentaria, erroneamente detta “tufo”, utilizzata per le costruzioni edili. Costoro, insieme ai marinai, presero il quadro della Madonna e lo collocarono in un’ insenatura nella roccia per preservarlo da eventuali mareggiate. Il tentativo risultò fallimentare: altre due successive mareggiate si portarono via il quadro ma, puntualmente, questo veniva ritrovato nel punto esatto in cui era approdato la prima volta. A questo punto quegli stessi scalpellini interpretarono i fatti come una precisa volontà della Madonna ed esattamente di fronte al luogo dei rinvenimenti, ingrandirono la grotta naturale ivi esistente per farne una Chiesa a lei dedicata dove riporre il quadro. La chiesa offre al visitatore uno spettacolo unico nel suo genere, un perfetto mix tra arte e religione fa si che la grotta sia uno dei luoghi più belli e amati dai turisti di tutto il mondo.