La 107 percorre la Calabria da costa a costa ed è lungo il suo percorso che, su una collina posta a più di 600 metri d'altitudine, si trova Caccuri. Dal Tirreno, la Statale attraversa la Sila per poi dissolversi al cospetto dello Ionio ed è qui, tra i monti che man mano diventano meno aspri e il mare che ancora è solo una riga d'azzurro in lontananza, che questo comune di 1.500 abitanti si erge sulla Valle del Neto.

Lo si riconosce per la torre che svetta nel cielo del Marchesato crotonese, all'estremità di quella che un tempo fu fortificazione a difesa del castello e oggi è una magnifica terrazza su questo ritaglio di mondo. Il rivellino, così si chiama. Il tutto forma il complesso che vide la luce nel VI secolo. All'inizio il castello di Caccuri era un'architettura prettamente militare, costruita come presidio contro le incursioni straniere. Negli anni subì diverse trasformazioni, in linea con le volontà delle famiglie che si avvicendarono alla proprietà. Diventò, così, un'abitazione signorile che oggi offre anche ospitalità ai turisti.

La torre venne eretta molto tempo dopo il castello, su progetto dell'architetto Adolfo Mastrigli: i lavori furono completati nel 1885. È senz'altro la struttura più caratteristica di tutto il fabbricato e dell'intero paese. S’innalza dalla rupe sottostante, come se da essa nascesse, diretta emanazione dell’arenaria che domina il paesaggio circostante e che quaggiù, ai piedi del castello, è tutt’uno col parco cittadino. Vi si aprono grotte, come enormi bocche dalle labbra di pietra, qui e sui fianchi rocciosi delle colline che cingono il centro abitato, dove formano una specie di rione a sé. I quattro elementi vi hanno lavorato instancabilmente, lungo i secoli, plasmando le forme, addolcendole, rendendole qua e là simili a qualcos’altro, come profili creati da uno scalpello.

Scendendo dal castello si incontra la chiesa madre di Caccuri, dedicata a Santa Maria delle Grazie. Di epoca medievale, la sua facciata è il frutto di più restauri. Per contrasto, al suo fianco, spicca la pietra viva del campanile, che custodisce una campana in bronzo del 1578.

Non è l’unico edificio religioso a farsi notare. Al di fuori del reticolo di viuzze del centro storico sorge la badia di Santa Maria del Soccorso, struttura cinquecentesca annessa al convento dei domenicani: l'elemento più evidente è il grande rosone a 12 raggi che si apre al di sopra del portale.

Ma non sono solo le bellezze storiche e paesaggistiche a fare da richiamo. C'è un evento che ogni anno porta in quest'angolo di Calabria appassionati di libri e cultura e personalità di spicco. È il Premio letterario Caccuri, fondato e organizzato dall'Accademia dei Caccuriani, associazione di promozione sociale che tra queste vie ha dato vita a un sogno: fare innamorare un Paese intero di un luogo senza tempo.

Il passato, qui, convive in armonia con il presente, la magnificenza della storia e la solennità della cultura al fianco della genuina quotidianità, di quei gesti semplici ma mai banali raccontati dai panni stesi ad asciugare al sole o dalle borse della spesa trasportate a mano tra i vicoli strettissimi che si avvolgono attorno agli edifici e si allargano qua e là nelle “rughe”, le caratteristiche piazzette su cui si aprono gli usci delle case. Dove, nel silenzio di un giorno qualunque di questo tempo nuovo, è facile immaginare il baccano di quel tempo in cui la vita era condivisione e porte aperte. Quel tempo sparito in punta di piedi ma che qui ha lasciato la sua anima.