Donald Trump ha colpito duro le auto straniere importate negli Stati Uniti imponendo una tassa del 25% "permanente" a partire dal 2 aprile: il giorno della "liberazione dell'America" come l'ha definito il presidente, quando scatteranno anche i dazi reciproci nei confronti di 15 Paesi.

Per il tycoon la mossa servirà a stimolare la produzione nazionale, ma rischia di mettere a dura prova le finanze delle case automobilistiche che dipendono dalle catene di forniture globali e tradursi in costi più elevati per i consumatori americani. Così di sicuro pensano i mercati che hanno reagito molto male alla notizia: Wall Street ha chiuso in rosso ancora prima dell'annuncio ufficiale ed è calata ulteriormente dopo, mentre la maggior parte delle azioni delle case automobilistiche hanno lasciato sul terreno circa il 2-3%, da General Motors a Stellantis. La misura del presidente americano potrebbe anche innescare ulteriori scontri commerciali con l'Unione europea, in particolare Paesi come Germania e Italia, ma anche Giappone e la Corea del Sud. Quasi la metà di tutti i veicoli venduti negli Stati Uniti, infatti, sono importati come è d'importazione quasi il 60% delle parti dei veicoli assemblati negli Usa.

E infatti non si è fatta attendere la reazione di Bruxelles, con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen che si è detta «profondamente rammaricata per la decisione degli Stati Uniti di imporre dazi sulle esportazioni automobilistiche dell'Ue». «Le tariffe sono tasse: dannose per le aziende, peggiori per i consumatori, negli Stati Uniti e nell'Ue. L'Ue continuerà a cercare soluzioni negoziate, salvaguardando al contempo i propri interessi economici», ha aggiunto. Von der Leyen ha poi avvertito gli Stati Uniti che «in quanto grande potenza commerciale e forte comunità di 27 Stati membri, proteggeremo congiuntamente i nostri lavoratori, le imprese e i consumatori». Reazioni anche da Ottawa, con il premier Mark Carney che ha definito i dazi sulle auto "un "attacco diretto" al Canada.

Trump si è detto sicuro che queste misure favoriranno il ritorno della produzione di auto negli Stati Uniti - «molte aziende stanno già cercando dei siti» - e ha negato che siano un favore al first buddy Elon Musk le cui Tesla sono già fabbricate in impianti americani. «Non mi ha mai chiesto nulla», ha risposto il presidente incalzato dalle domande dei giornalisti nello Studio Ovale. Non è chiaro se i pezzi di ricambio per auto saranno esclusi dai dazi, quel che è certo è che saranno "permanenti", «si aggiungeranno a quelli esistenti» ed entreranno in vigore il 2 aprile. Il 'Liberation day', quando saranno annunciate le tariffe reciproche ai "dirty 15", ossia ai 15 Paesi con cui gli Usa hanno il peggior squilibrio commerciale, tra cui Paesi dell'Ue. Il tycoon ha sostenuto che da queste misure gli Stati Uniti guadagneranno dai 600 milioni a un trilione in due anni ma ha assicurato i Paesi colpiti che saranno "indulgenti". La domanda però è: nei confronti di chi? Forse della Cina, se riuscirà a trovare un accordo per TikTok. «Potrei valutare una riduzione delle misure se si arrivasse ad un'intesa», ha detto Trump. Non tanto per l'Europa.