Si prospetta ancora tutto in salita il percorso per la nascita di un governo giallo-rosso. Giuseppe Conte ha cinque giorni di tempo per formare il suo nuovo esecutivo e sciogliere la riserva nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma i presupposti non sono dei migliori. Dopo che sembrava essere stata trovata la quadra al termine delle consultazioni al Qurinale, ecco che le due fazioni si allontano nuovamente. Conte stamattina alla Camera ha incontrato il centrodestra, il segretario dem e i 5Stelle. E proprio l'ultimo intervento, quello di Luigi Di Maio, è stato molto duro.

 

Il capo politico Luigi Di Maio a proposito dei decreti sicurezza, i provvedimenti nel mirino del Pd, ha detto che non ha senso contestarne la ratio. E ha sostenuto, con tono alquanto minaccioso: «O passano i nostri punti del programma o meglio tornare al voto». Netta la replica del vicesegretario dem, Andrea Orlando: «Di Maio ha cambiato idea? Lo dica chiaramente». Prudente Giuseppe Conte: «Non ho sentito il discorso di Di Maio», dice al termine delle sue consultazioni.

 

Ben più conciliante - rispetto a Di Maio - era stato l'intervento del segretario dem Nicola Zingaretti, ricevuto subito prima da Conte insieme alla delegazione del Pd, nel quale indica «il taglio delle tasse sui salari medio bassi come elemento di giustizia e per il rilancio dei consumi». Poi «il tema del lavoro con un vero e proprio piano con investimenti pubblici e incentivi per investimenti privati, le infrastrutture green e per industria 4.0». «I dati dell'Istat - ha affermato ancora il segretario democrat - confermano purtroppo la necessità di una svolta e di nuova stagione politica. Oltre alla riduzione delle tasse per i ceti medio-bassi, il rilancio del team scuola come grande mezzo di formazione del Paese: abbiamo proposto una rivoluzione del concetto di diritto allo studio, con la gratuità dall'asilo all'università per i redditi medio-bassi».

 

Poi la nota più dolente, dal punto di vista del Pd: la politica sui migranti, quella dei porti chiusi, fortemente voluta da Salvini ma sostenuta anche dai Cinquestelle. «A Conte chiediamo che sui decreti sicurezza si proceda almeno al recepimento delle indicazioni pervenute dal presidente della Repubblica», ha chiarito il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio. Fisco, giustizia e cantieri sono le prime grane che i due partner di governo si troveranno a dover affrontare. Senza dimenticare la quota 100, la Tav, il reddito di cittadinanza, la manovra.

 

Le consultazioni con il centrodestra

In mattinata Conte ha ricevuto la delegazione della Lega che si appella «alla coscienza di deputati e senatori a non votare questo mercificio» e dunque «a far mancare i voti». Subito dopo il premier ha incontrato la delegazione di Fratelli d'Italia che ha ribadito che farà «un'opposizione senza sconti», rispetto ad un' «operazione politica che sotto il profilo politico ripugna». E’ la volta di Forza Italia con un Silvio Berlusconi che dichiara a Conte il «dissenso per un'operazione fragile e inadatta. Era meglio il voto». «Il fatto che la Lega abbia proposto di risuscitare l'esperienza gialloverde - ha poi affermato il leader di FI - rappresenta per noi un problema politico molto serio, su cui tutti gli elettori di centrodestra devono riflettere seriamente perché così si è consegnato il Paese alla sinistra».