«Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione - ha detto Giuliano Amato - Il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l'attentato come incidente involontario».

L’ex presidente del Consiglio, in un’intervista a Repubblica, parla dell’incidente, avvolto da quarant’anni da menzogne e insabbiamenti, che il 27 giugno del 1980 fece 81 morti

Il Dc9 di Itavia, decollato da Bologna e diretto a Palermo, precipitò nel Mar Tirreno, tra Ponza e Ustica. Morirono 64 passeggeri adulti, 13 bambini,  tra cui 2 che avevano meno di 2 anni, e 4 uomini dell’equipaggio.

Nel ‘92 vengono incriminati per alto tradimento i vertici dell’Aeronautica, che avevano depistato le indagini non comunicando i risultati dell’analisi dei tracciati radar di Fiumicino/Ciampino e dato informazioni false escludendo il coinvolgimento di altri aerei militari. Nel 2000 il reato è prescritto e la strage resta senza colpevoli.

Amato: «Il Dc9 è stato abbattuto da un missile francese»

«Perché continuare a nascondere la verità?Dopo quarant'anni le vittime innocenti di Ustica non hanno avuto giustizia - dice Amato -  È arrivato il momento di gettare luce su un terribile segreto di Stato. Potrebbe farlo Macron. E potrebbe farlo la Nato. Chi sa ora parli: avrebbe grandi meriti verso le famiglie delle vittime e verso la Storia».

«Il Dc9 è stato abbattuto da un missile francese - racconta l’ex presidente del Consiglio - Era scattato un piano per colpire l'aereo sul quale volava Gheddafi, ma il leader libico sfuggì alla trappola perché avvertito da Craxi. Gheddafi non salì sul suo aereo e il missile sganciato contro il Mig finì per colpire il Dc9. Avrei saputo più tardi, ma senza averne prova, che era stato Craxi ad avvertire Gheddafi. Non aveva interesse che venisse fuori: sarebbe stato incolpato di infedeltà alla Nato e di spionaggio».

Il ruolo dell'Aeronautica: «In difesa della menzogna»

«Da principio i militari si erano chiusi in un silenzio blindato, ostacolando le indagini - ricorda Giuliano Amato - Quando da sottosegretario ebbi un ruolo in questa vicenda, nel 1986, cominciai a ricevere le visite dei generali che mi volevano convincere della tesi della bomba. Capivo che c'era una verità che andava schermata. E la nostra Aeronautica era schierata in difesa della menzogna. Un apparato costituito da esponenti militari ha negato ripetutamente la verità. Tutte queste persone hanno coperto il delitto per una ragion di Stato». 

La politica «non aveva convenienza a sapere fino in fondo»

«Non era del tutto irragionevole che i generali, per tenere al sicuro il segreto, si guardassero bene dal condividerlo con i politici» prosegue, e la politica «non aveva convenienza a sapere fino in fondo. La verità risultava scomoda. Ed era meglio lasciarla sepolta»

«Quarant’anni dopo è difficile da capire - conclude Amato - Mi chiedo perché Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia, non voglia togliere l'onta che pesa sulla Francia. O dimostrando che questa tesi è infondata oppure porgendo le scuse più profonde all'Italia e alle famiglie delle vittime».